L’intera Unione Europa, con qualche eccezione più unica che rara, si trova ad affrontare una crisi economica senza precedenti provocata da una gestione della pandemia da Covid-19 fatta di lockdown e restrizioni che hanno messo in ginocchio interi settori.

Il protrarsi per lungo tempo di severe misure restrittive imposte nel dichiarato intento di contenere la diffusione del Coronavirus ha fatto precipitare il PIL delle più grandi economie dell’UE, e tuttora queste misure impediscono all’economia di ripartire.

Ma anche nel caso in cui lo stato di emergenza sanitaria dovesse finalmente cessare, i Paesi dell’Ue sarebbero in grado di rialzarsi? Il rischio è che le attuali politiche monetarie siano ancora troppo penalizzanti.

Le misure di austerity dovrebbero essere messe da parte

La crisi economica provocata da questa gestione della pandemia ha indotto l’Ue ad adottare delle politiche economiche espansive che tuttavia sono ancora troppo restrittive, motivo per cui si è verificato una sorta di stallo, con tassi di interesse negativi e inflazione sotto il target.

Il problema però non può essere risolto in questo modo, bisogna andare verso maggiori acquisti di asset ed una politica fiscale persino più espansiva. In caso contrario il rischio che i Paesi dell’Ue corrono è quello di non essere in grado di andare verso una vera ripresa con conseguenze disastrose per l’intero sistema Euro.

È chiaro quindi che in questa situazione non si può nemmeno immaginare di parlare di austerity, di incremento della presssione fiscale o di riduzione della spesa pubblica, ma non solo, perché quello di cui non si deve aver paura di parlare è la possibilità di andare verso la cancellazione del debito pubblico schizzato alle stelle proprio con l’imposizione di lockdown e restrizioni anti-covid.

Chi si troverà a ‘pagare il conto’ della crisi?

Mark Dowding, Chief Investment Officier di BlueBay Asset Management, si pone anzitutto un interrogativo partendo dal dato dell’aumento vertiginoso del debito pubblico degli Stati che hanno adottato le più severe misure restrittive. D’altra parte se c’è un debito evidentemente qualcuno dovrebbe essere tenuto a pagarlo, ma chi esattamente?

Secondo Dowding questa volta nessuno dovrebbe ‘pagare il conto’. Si tratta infatti di una situazione completamente diversa da quella della grande recessione del 2008-2009, e non si può pensare di imporre misure di austerity in una situazione come questa.

Dowding sottolinea quindi che per quel che riguarda il debito pubblico, buona pare di esso è detenuto dalle banche centrali, il che significa anzitutto che il problema del pagamento degli interessi nel tempo non c’è.

Non solo, l’esperto spiega che anche quando l’attività economica si normalizzerà, la BCE non avrà alcuna necessità e nessun obbligo di ridurre il proprio bilancio e di rivendere sul mercato le obbligazioni acquistate, che invece possono rimanere al suo interno a tempo indeterminato.

Cancellare il debito pubblico semplicemente detenendolo a oltranza

Ed è così che l’economista di BlueBay Asset Management propone di ‘cancellare’ il debito pubblico, cioè semplicemente non richiedendone il pagamento, ossia detenendolo ad oltranza.

Poco importa quindi che le Banche Centrali decidano di distruggere materialmente i bond, oppure di trasformarli in obbligazioni speciali a 1.000 anni con cedola zero, o ancora si limitino a detenerli per sempre rifinanziandoli ogni volta che giungono a scadenza.

In questo modo si andrebbe a modificare il modo in cui si intende il debito sovrano, che verrebbe tenuto in considerazione solo in termini di calcoli fiscali. Si tratterebbe di imboccare una strada che tra l’altro qualcuno sta già percorrendo.

Il Giappone infatti sembra aver compreso da tempo ormai quello che Dowding propone. Nel Paese del sol levante il rapporto debito/Pil ha già superato il 300%, ma è la Banca Centrale a detenere tutti i titoli sovrani, e se ad esempio avvenisse lo stesso in Italia, il Paese si troverebbe a non aver più alcun problema dal punto di vista del rapporto debito/Pil effettivo, che sarebbe circa la metà di quello ‘ufficiale’.

La Germania e il problema del debito dei Paesi dell’Ue

Dowding parla di una forte connotazione ’emotiva’ per quel che riguarda la questione del debito pubblico dei Paesi dell’Ue, in riferimento al fatto che alcuni Paesi come la Germania e altri Stati del Nord non sono su posizioni favorevoli rispetto all’idea di cancellare o ‘ignorare’ il debito detenuto dalla Banca Centrale Europea.

Questa posizione viene motivata ricordando la poca ‘disciplina’ dei Paesi del Sud, eppure non bisogna dimenticare che l’Italia ad esempio ha una lunga storia di avanzo primario ed è molto meno irresponsabile fiscalmente. Secondo Dowding quindi i timori avanzati da alcuni Paesi nordeuropei non sono giustificati, tuttavia ammette che il fatto che i Trattati Istitutivi della BCE non consentono il finanziamento monetario possa rappresentare un ostacolo.

Si tratta però di un momento senza precedenti, una crisi economica di grande portata e tassi di interesse negativi che fino a vent’anni fa non si potevano nemmeno immaginare. Una situazione insomma che quando la BCE è stata fondata, e sono stati stilati i suddetti trattati, non era stata in alcun modo prevista.

Alcune di quelle norme quindi devono necessariamente essere riviste, secondo l’esperto di BlueBay Asset Management, che indica nella cancellazione del debito una nuova sfida per l’Europa. Cancellazione che dovrebbe avvenire garantendo a ciascun Paese dell’Ue un beneficio equo e proporzionale.

Questo tra l’altro non sembra essere un problema irrisolvibile, si potrebbe ad esempio adottare un approccio basato sul criterio del ‘capital key’, vale a dire quello stesso criterio che la BCE adotta quando acquista obbligazioni.

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