Qualcuno lo diceva già dall’inizio anche in Italia, o se non proprio dall’inizio magari dopo un paio di mesi dall’inizio dell’emergenza, e da qualche parte invece non solo lo avevano detto ma lo hanno anche fatto, parliamo della Svezia naturalmente.
Il Covid-19, termine che sta ad indicare i sintomi legati all’infezione da Coronavirus, quindi la malattia (Covid sta per Corona Virus Disease) sparirebbe se solo lo si lasciasse circolare, se solo questo delirio fatto di restrizioni, mascherine, distanziamento sociale, cessasse una volta per tutte.
L’alternativa? Andare avanti così significherebbe, secondo lo studio di Science quantomeno – di certo non si tratta di un’opinione della nostra redazione o di quelle dei quotidiani che hanno riportato la notizia – trascinarsi il Covid-19 per altri 10 o 20 anni con la sua attuale virulenza.
Science avverte: per liberarsi del Covid bisogna aprire tutto
Science è una delle riviste scientifiche più rinomate e prestigiose a livello mondiale, ed ha pubblicato in questi giorni uno studio che indica la direzione opposta a quella indicata, ad esempio in Italia, dal ministro della Salute Roberto Speranza e dai cosiddetti ‘esperti’ del Comitato Tecnico Scientifico.
Per risolvere il problema del Covid-19 non si deve andare avanti a misure restrittive, chiusure delle attività, mascherine da indossare sempre e ovunque, o altre norme orwelliane come il distanziamento sociale, ma bisognerebbe fare l’esatto opposto: aprire tutto con alcune semplici accortezze necessarie per tutelare le categorie più a rischio.
Bisognerebbe fare insomma quello che ha fatto la Svezia fin dall’inizio, Paese che non solo ha un tasso di mortalità più basso del nostro senza imporre né mascherine, né distanziamento, né tantomeno lockdown, ma ha anche evitato il disastro economico e sociale nel quale invece l’Italia è immersa fino al collo, e del quale si trascinerà dietro le conseguenze per anni e anni.
Insomma il Covid sparirà quando il virus diventerà endemico, e tanto più rapidamente si diffonderà tra la popolazione, tanto prima ce lo lasceremo alle spalle. In altre parole per sconfiggere il virus, il nemico invisibile di cui tanto si parla da ormai un anno, si deve cambiare completamente strategia.
Quello che stiamo facendo con il distanziamento sociale, le chiusure dei negozi, le mascherine sempre e ovunque, è andare nella direzione opposta. In questo modo, spiega lo studio di Science, il Coronavirus potrebbe continuare a mantenere la stessa virulenza per altri 10 anni, con tutto ciò che questo comporta.
Cosa dice lo studio di Science sul Coronavirus?
Ma cosa dice lo studio di Science esattamente? In poche parole dice che in Italia abbiamo sbagliato tutto, tanto per cambiare. Il fatto che insieme al nostro Paese abbiano ‘sbagliato tutto’ anche altri, a cominciare dall’Argentina, il Paese che ha imposto il lockdown più lungo al mondo (8 mesi) non è che una magra consolazione.
Lo studio pubblicato su Science è stato realizzato da due scienziati, Jennie S. Lavine del Dipartimento di Biologia della Emory University, Atlanta (USA) e Ottar N. Bjornstad del Dipartimento di Biologia e del Centro Dinamica delle malattie infettive dell’Università dello Stato della Pennsylvania.
Il loro studio è stto sviluppato basandosi sull’evoluzione degli altri coronavirus. In primo luogo viene spiegato che il Sars-nCoV-2 è diventato ormai così diffuso che non è più possibile eliminarlo. Questa è in un certo senso la cattiva notizia, ma quella buona è che arrivati a questo punto (punto al quale eravamo già arrivati prima dell’estate 2020) la soluzione è far circolare il virus il più possibile.
Insomma o elimini il virus impedendo del tutto che circoli, oppure lo fai circolare più rapidamente possibile in modo da farlo diventare endemico. La prima strada non è più percorribile da mesi, quindi non resta che la seconda.
Lo studio pubblicato su Science infatti spiega che gli esseri umani convivono con altri coronavirus endemici che causano più reinfezioni, e che generano un’immunità diffusa sufficiente a proteggere gli adulti da gravi malattie dal momento che he hanno ridotto l’aggressività.
Si tratta di virus paragonabili ai comuni virus influenzali, con un rapporto di mortalità per infezione (IFR), (o tasso di letalità, da non confondere con il tasso di mortalità che indica il numero di decessi sul totale della popolazione infettabile) pari allo 0,001.
Questo vuol dire che più velocemente circolerà il virus, prima verrà sconfitto, non perché non circolerà più bensì perché la sua circolazione non rappresenterà più un rischio per la salute pubblica, perché diverrebbe meno pericoloso della stessa influenza, insomma si ridurrebbe ad un comune raffreddore, proprio come molti altri coronavirus attualmente in circolazione.
Per sconfiggere il Covid-19 serve un R con zero pari a 6
Secondo quanto afferma lo studio pubblicato su Science, per sconfiggere il Covid-19 bisogna lasciar circolare liberamente il virus, fino a raggiungere almeno un R0 (R con zero) pari a 6. Se invece continuiamo a tentare di contenere la sua diffusione ci vorranno almeno altri 10 anni per risolvere il problema.
Questo non vuol dire che non si debba fare assolutamente nulla. Ovviamente si devono usare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per tutelare le fasce di popolazione più a rischio, seguendo ad esempio la strada del vaccino, e perfezionare i protocolli di cura, che in Italia sono spesso ancora inadeguati.
La strada da seguire però sarebbe quella dell’eliminazione delle restrizioni quali distanziamento sociale e uso della mascherina, e più in generale delle varie precauzioni il cui fine sarebbe quello di ridurre la diffusione del Coronavirus che, invece, deve diffondersi per diventare endemico e meno aggressivo, fino a manifestarsi come una normale influenza.
Attraverso questo processo non solo se ne abbasserebbe la virulenza rendendo il virus meno pericoloso, ma si otterrebbe anche un abbassamento dell’età di diffusione. Il Coronavirus si trasmetterebbe quindi soprattutto tra i bambini, i quali hanno un sistema immunitario più forte e reattivo, infatti è stato riscontrato come il virus non manifesti mai la malattia nei bambini.
Gli scienziati che hanno realizzato lo studio poi pubblicato su Science sono giunti a queste conclusioni partendo dall’evoluzione degli altri coronavirus in circolazione, ma tenendo anche conto del profilo della malattia strutturata per diffusione di età. Si è altresì considerato l’impatto che potrebbe avere la campagna vaccinale, che nell’attuale situazione, con questo sistema di bassa diffusione, potrebbe garantire un limitato livello di protezione.
Nello studio pubblicato su Science leggiamo: “la nostra analisi dei dati immunologici ed epidemiologici sui coronavirus umani endemici (HCoV) mostra che l’immunità che blocca le infezioni diminuisce rapidamente ma che l’immunità che riduce la malattia è di lunga durata”.
In parole povere possiamo dire che chi ha già contratto il virus può contrarlo nuovamente nel giro di poco tempo, perché questo tipo di immunità è di durata particolarmente breve, in compenso però non svilupperà i sintomi, perché questo tipo di immunità è di lunga durata.
Ecco perché bisogna seguire una strategia completamente diversa, diametralmente opposta a quella che in Italia si continua ostinatamente a seguire. Il rischio è che la situazione duri qualche decennio, mentre la consapevolezza che attualmente la reinfezione è possibile un anno dopo la prima infezione, anche se con sintomi più lievi, dovrebbe portarci su un’altra strada.
Lo studio spiega che nel momento in cui si riuscisse a raggiungere la fase endemica l’esposizione primaria avverrebbe nell’infanzia, infatti leggiamo: “affinché la maggior parte delle persone venga infettata così presto nella vita, persino più giovane del morbillo nell’era pre-vaccino, il tasso di attacco deve superare la trasmissione dalle sole infezioni primarie”.
Bisogna fare in modo quindi di evitare l’eccezionalità dell’infezione, in quanto un’infezione susseguente, cioè che si ripete, provocata dallo stesso microorganismo, ma all’interno del quadro suggerito, si potrebbe persino non notare affatto.
Per sconfiggere il Covid bisogna tornare alla normalità e non viceversa
Nello studio di Science viene spiegato che “una volta che i dati demografici dell’infezione raggiungono uno stato stazionario, il nostro modello prevede che i casi primari si verifichino quasi interamente nei neonati e nei bambini piccoli, che, nel caso di Covid-19, sperimentano un CFR basso e un IFR contemporaneamente basso”.
Questo vuol dire che i rischi rappresentati dal Sars-nCoV-2 sono bassissimi per i più giovani, ma lo studio spiega anche che “si prevede che le reinfezioni negli individui più anziani siano comuni durante la fase endemica e contribuiscano alla trasmissione, ma in questa popolazione allo stato stazionario, gli individui più anziani, che sarebbero a rischio di malattia grave da un’infezione primaria, hanno acquisito l’immunità che riduce la malattia dopo l’infezioine durante l’infanzia” se si ragiona sul lungo periodo, quindi su uno scenario in cui l’umanità si è ormai adattata al virus.
E dal momento che la transizione verso un virus ancor meno pericoloso, relativamente innocuo, endemico, “può richiedere da pochi anni a pochi decenni, a seconda della velocità con cui si diffonde l’agente patogeno” la cosa migliore sarebbe accelerare questo processo di diffusione, e non cercare di ostacolarlo.
Gli scienziati spiegano infatti che “rallentare l’epidemia attraverso misure di distanziamento sociale che riducono R 0 verso 1 appiattisce la curva, ritardando così le infezioni e prevenendo la maggior parte dei decessi precocemente, offrendo un momento critico per lo sviluppo di un vaccino efficace“.
Il virus invece deve poter circolare, in modo tale da essere più in grado anche di trovare un vaccino il più efficace possibile. “Se è necessario un frequente potenziamento dell’immunità mediante la circolazione virale in corso per mantenere la protezione dalla patologia, allora potrebbe essere meglio che il vaccino imiti l’immunità naturale nella misura in cui previene la patologia senza bloccare la circolazione del virus in corso” spiegano ancora Lavine e Bjornstad.
I due scienziati nel loro studio pubblicato su Science spiegano anche che “i risultati preliminari suggeriscono che il vaccino a base di adenovirus è migliore nel prevenire infezioni gravi rispetto a quelle lievi o asintomatiche, e sarà importante produrre tecnologie simili per gli altri vaccini”.
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