Per anni ed anni ci è stato ripetuto fino alla noia che fare sacrifici era necessario perché il debito pubblico era fuori controllo. Abbiamo accettato i tagli alla Sanità che oggi più che mai rimpiangiamo, abbiamo accettato l’innalzamento dell’età pensionabile, abbiamo accettato il progressivo aumento della pressione fiscale, e tutto questo nel vano tentativo di tenere sotto controllo il debito pubblico.
I risultati di questa politica sono stati un doppio fallimento perché non solo il debito pubblico ha continuato a salire e il tasso di crescita del PIL era il più basso della storia del Paese, ma ci siamo anche ritrovati con un Paese indebolito in tutti i campi a cominciare proprio dalla Sanità. Non solo, gestendo il Covid-19 come se fosse il virus ebola abbiamo dato il colpo di grazia ad un Paese già in ginocchio.
A descrivere meglio la situazione sono i dati dell’ISTAT relativi all’andamento dell’economia italiana in questo 2020 segnato dall’arrivo del Coronavirus, quindi dall’imposizione del lockdown e dalle misure restrittive successivamente adottate.
I dati dell’ISTAT indicano un calo del Pil dell’8,9%
L’economia italiana ha subito nel corso del 2020 una contrazione estremamente marcata dovuta alle misure di contenimento adottate nel dichiarato intento di ridurre il rischio di diffusione del Covid-19.
Il PIL italiano ai prezzi di mercato è stato pari a 1.651.595 milioni di euro correnti, il che indica un calo del 7,8% rispetto al 2019. In termini di volume il PIL è calato dell’8,9%.
Tra le cause del calo del PIL il crollo della domanda interna, invece la domanda estera e la variazione delle scorte hanno inciso in misura limitata. Per quanto riguarda l’offerta di beni e servizi si è registrata una caduta marcata del valore aggiunto, in particolare nel caso delle attività manufatturiere e in alcuni comparti del settore terziario.
Il calo registrato nell’attività produttiva è stato accompagnato poi da una decisa riduzione dell’input di lavoro e dei redditi.
Per quel che riguarda la domanda interna, il 2020 è stato segnato da un calo del volume del 9,1% degli investimenti fissi lordi e del 7,8% dei consumi finali nazionali. Osservando invece i flussi con l’estero, notiamo un calo del -13,8% delle esportazioni di beni e servizi e del -12,6% per le importazioni.
Al netto delle scorte, la domanda nazionale ha contribuito al calo del PIL del 7,8%. Lo 0,8% del calo del PIL è invece legato all’apporto della domanda estera netta, mentre lo 0,3% è dovuto alla variazione delle scorte.
ISTAT: il rapporto debito PIL raggiunge il 155,6%
“Il valore aggiunto ha registrato cali in volume in tutti i settori: -6% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca, -11,1% nell’industria in senso stretto, -6,3% nelle costruzioni e -8,1% nelle attività dei servizi” leggiamo su RaiNews “il debito italiano ha raggiunto nel 2020 quota 2.569.258 milioni di euro ed è pari al 155,6% del Pil. La crescita dal 134,6% del 2019 è dovuta al calo del Pil nel 2020 e alle misure per l’emergenza Covid”.
Non solo il calo del PIL e l’aumento di oltre 20 punti percentuale del rapporto debito Pil, ma i cittadini italiani dovranno fare i conti anche con un ulteriore aumento della pressione fiscale complessiva, vale a dire quella determinata dalle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil.
Crescono la pressione fiscale e i prezzi al consumo
La pressione fiscale nel 2020 è risultata pari al 43,1% mentre nel 2019 si attestava sul 42,4%. Il dato rilevato dall’ISTAT sarebbe legato alla minore flessione delle entrate fiscali e contributive (-6,4%) rispetto a quella del PIL a prezzi correnti (diminuito del 7,8%).
Stando alle stime preliminari l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) al lordo dei tabacchi registra un aumento dello 0,1% su base mensile e dello 0,6% su base annua. L’ISTAT ha anche spiegato che “i prezzi al consumo si confermano in crescita per il secondo mese consecutivo, registrando un aumento prossimo a quello di giugno 2019 (quando fu +0,7%)”.
Un’accelerazione non particolarmente marcata quella dell’inflazione, che sarebbe dovuta soprattutto all’attenuarsi della flessione dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati che passa dal -6,3% di gennaio a -3,6%, e all’inversione di tendenza dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti, che passano da -0,1% a +0,1%.
L’“inflazione di fondo”, sia quella al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che quella al netto dei soli beni energetici, entrambe al +0,8% si portano rispettivamente al +1% e al +0,9%.
Dai dati ISTAT emerge un aumento congiunturale dell’indice generale che è dovuto soprattutto alla crescita dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati che sono cresciuti del +1,4% ma anche da quello di Tabacchi e Servizi relativi ai trasporti, cresciuti del +0,4%. L’inflazione acquisita per il 2021 è del +0,7% per l’indice generale e del +0,4% per la componente di fondo.
Un lieve calo dei prezzi si registra invece per i beni alimentari e per la cura della casa e della persona, cioè il cosiddetto carrello della spesa, che da un +0,4% passa ad un +0,3%, mentre i prodotti ad altra frequenza d’acquisto passano da -0,1% a +0,2%.
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