Non ha avuto grande risalto la notizia che l’Italia si è mossa sulle basi di un piano pandemico di quasi 15 anni fa, nella gestione dell’emergenza sanitaria rappresentata dall’arrivo della pandemia di Covid-19. Tuttora è in corso una ‘caccia ai responsabili’, e nel frattempo l’attuale esecutivo corre ai ripari per evitare che il Paese si trovi nuovamente impreparato.
Quando arriverà la prossima pandemia, evento che appare di giorno in giorno meno incerto, l’Italia dovrebbe poter contare su un piano pandemico nuovo di zecca, e non su quello del 2006. L’esecutivo si è messo al lavoro in questi mesi, ed ora secondo quanto riportato dall’Agi e dagli altri maggiori media italiani, è finalmente pronta la bozza.
Il nuovo piano pandemico impara dall’emergenza Covid
La bozza del nuovo Piano pandemico 2021-2023 è pronta, ed alle basi della sua stesura non poteva che esserci l’esperienza nell’ambito dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19.
“Le lezioni apprese dalla inattesa pandemia da un nuovo Coronavirus del 2020 possono essere considerate in un Piano pandemico influenzale che è utile contestualizzare nell’ambito dell’attuale crisi sanitaria globale” troviamo scritto nella bozza del piano elaborata dal ministero della Salute.
A breve questo testo sarà sottoposto al vaglio delle Regioni, che dovranno valutarne il livello di efficacia prima dell’approvazione finale. “Quanto stiamo apprendendo dalla pandemia Sars-CoV-2 è utile per la messa a punto di piani pandemici influenzali e in prospettiva in risposta ad altri patogeni capaci di causare epidemie/pandemia” si legge ancora nella bozza.
Nel piano pandemico si parla della possibilità di dover scegliere chi curare
Tutto dipende da quali saranno le risorse disponibili, perché nel caso non dovessero ‘bastare per tutti’ allora è possibile che sia necessario scegliere chi curare, dando la priorità a chi ha più possibilità di trarre beneficio dalle cure.
È questo in estrema sintesi il concetto che si esprime nella bozza del piano pandemico 2021-2023 che verrrà presentata alle Regioni. “Quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori possibilità di trarne beneficio” recita il testo.
Si precisa però che non è permesso “agire violando gli standard dell’etica e della deontologia ma può essere necessario ad esempio privilegiare il principio di beneficialità rispetto all’autonomia, cui si attribuisce particolare importanza nella medicina clinica in condizioni ordinarie”.
Infatti “condizione necessaria affinché il diverso bilanciamento tra i valori nelle varie circostanze sia eticamente accettabile è mantenere la centralità della persona”. Nel documento si legge in particolare che “la solidarietà deve ispirare ogni decisione, gli interventi devono essere basati sempre sull’evidenza e proporzionati, le restrizioni e l’intrusione nella vita delle persone dovrebbero essere le minori possibili in relazione al raggiungimento dell’obiettivo perseguito e le persone devono sempre essere trattate con rispetto”.
Priorità nel nuovo piano pandemico: mascherine e terapie intensive
La carenza di mascherine che l’Italia si è trovata ad affrontare nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria, non dovrà ripetersi in caso di altre emergenze sanitarie simili, e questo è uno dei punti che sono stati fissati nel nuovo piano pandemico.
Viene infatti sottolineata l’importanza di far sì che il sistema sia in grado di aumentare in breve tempo sia la produzione di mascherine protettive che di altri dispositivi di protezione individuale su scala nazionale. Non solo, di importanza cruciale è chiaramente la disponibilità di posti letto nelle terapie intensive, e di conseguenza la formazione continua degli operatori sanitari.
Aumentare i posti letto nelle terapie intensive insomma viene indicata come priorità nel piano pandemico 2021-2023, e tuttavia se osserviamo quel che è stato fatto di concreto in tal senso da quando il Covid-19 è arrivato in Italia non notiamo particolare attenzione, né particolari stanziamenti di risorse, a tale obiettivo.
Il decreto Rilancio aveva stanziato circa 1,3 miliardi di euro per aumentare i posti letto nelle terapie intensive fissando target precisi regione per regione, target che con un paio di eccezioni sono stati puntualmente ed ampiamente disattesi, sicché oggi si continua a parlare della mancanza di posti letto e della necessità di imporre misure più stringenti, ma quanto ad aumentare i posti letto si va a rilento.
Eppure viene indicata come priorità nel Piano Pandemico, infatti leggiamo: “sempre l’esperienza del 2020 ha dimostrato che si può e si deve essere in grado di mobilitare il sistema per aumentare nel giro di poco tempo sia la prodizione di mascherine e dispositivi di protezione individuale a livello nazionale, che i posti di terapia intensiva anche per far sì che non si verifichino disservizi nell’assistenza e nella cura delle persone affette da malattie ordinarie diverse dal Covid-19 quanto comuni”.
Prioritaria anche la questione della formazione del personale sanitario. Nella bozza leggiamo che quanto sopra “vale anche per la preparazione nei confronti di tutti gli eventi pandemici, anche quelli dovuti ad una malattia respiratoria non conosciuta che definiremo come malattia respiratoria ‘x’, occorre una formazione continua finalizzata al controllo delle infezioni respiratorie e non solo”.
Servirà infatti “in ambito ospedaliero o comunitario, un continuo monitoraggio esplicato a livello centrale sulle attività di competenza dei servizi sanitari regionali nonché in generale un rafforzamento della preparadness nel settore di prevenzione e controllo delle infezioni”.
Il nuovo Piano Pandemico verrà costantemente aggiornato
Si parte sempre coi migliori propositi, e questi vengono messi anche per iscritto nello stesso documento. Si evidenzia infatti che “la preparazione a una pandemia influenzale è un processo continuo di pianificazione, esercitazioni, revisioni e traduzioni in azioni nazionali e regionali, dei piani di risposta. Un piano pandemico è quindi un documento dinamico che viene implementato anche attraverso documenti, circolari, rapporti tecnici”.
E qui si torna poi alla vicenda dell’inchiesta giudiziaria che la Procura di Bergamo sta portando avanti al fine di stabilire le responsabilità nel mancato aggiornamento del piano pandemico influenzale, che risultava datato 2006, e da allora rimasto identico, salvo alcune modifiche che di fatto sembravano avere il solo scopo di dare l’illusione di un recente aggiornamento, ma che lasciavano il piano pandemico identico a com’era nel 2006.
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