Il Rapporto Caritas 2020 ha messo in evidenza un’impennata preoccupante del numero dei nuovi poveri in Italia e ha anche permesso di tracciare una sorta di identikit delle persone che per sopravvivere si rivolgono alla Caritas: sono donne e hanno due bambini di cui occuparsi.

Si tratta solo di un anticipo sul conto che l’Italia dovrà pagare per aver chiuso il Paese in lockdown per due mesi nel goffo tentativo di arginare la diffusione del Coronavirus. Definire il dato ‘allarmante’ significa purtroppo usare un eufemismo, visto che secondo quanto emerso dal rapporto della Caritas i poveri in Italia sono così tanti che non sarà facile contarli e ancor meno facile sarà aiutarli tutti.

Su Repubblica leggiamo che la nuova povertà in Italia a partire da oggi ha anche un volto: è quello di una donna italiana sulla quarantina con due figli cui pensare, “una donna che per la prima volta, durante la pandemia, ha chiesto cibo e sostegno alla Caritas italiana per la propria famiglia” leggiamo sul noto quotidiano della famiglia Elkann.

Si tratta di una crisi decisamente peggiore di quella che il Paese ha affrontato nel 2008, e nel rapporto della Caritas vediamo che ad aumentare non sono le “grandi marginalità” bensì quel mondo di famiglie italiane che prima dell’emergenza coronavirus e del conseguente lockdown avevano già difficoltà a stare a galla.

Il rapporto mostra che la percentuale di nuovi poveri che si rivolgono alla rete delle Caritas diocesane, con il lockdown è passato dal 31% registrato nei mesi compresi tra maggio e settembre 2019, al 45% nello stesso periodo del 2020.

In parole povere significa che se nel 2019 a rivolgersi alla Caritas per la prima volta era una percentuale del 31% sul totale delle persone prese in carico, adesso quella percentuale è cresciuta fino al 45%. Percentuale peraltro destinata a salire con lo scadere delle varie misure a sostegno di imprese e famiglie, come la cassa integrazione straordinaria, il blocco dei licenziamenti, la moratoria per le cartelle esattoriali.

Il rapporto della Caritas ci permette di avere un quadro abbastanza dettagliato della situazione della povertà in Italia all’indomani dell’emergenza Coronavirus, quadro che visto l’inevitabile aumento del numero dei casi registrato in queste settimane difficilmente migliorerà con l’introduzione di nuove restrizioni.

I numeri nel rapporto ci dicono che su un totale di 44.858 persone accolte dai circa 680 centri di ascolto della Caritas tra maggio e settembre 2020, circa 20 mila si trovano lì per la prima volta. Il rapporto dal titolo “Anticorpi della solidarietà”, pubblicato in occasione della giornata mondiale di contrasto alla povertà, ci permette di vedere più da vicino cosa sta accadendo a donne, uomini, bambini e anziani che sono stati così “salvati” dalla disperazione.

Tra i nuovi poveri che si trovano costretti a rivolgersi alla Caritas “aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei italiani e delle persone in età lavorativa, cala invece la grande marginalità” leggiamo nel rapporto “si intravede dunque l’ipotesi di una nuova fase di ‘normalizzazione’ della povertà” cosa che si verificò già una volta nel 2008.

Ci sono però dei dettagli che non vanno trascurati, che emergono dal rapporto della Caritas. “A fare la differenza, rispetto a 12 anni fa, è il punto da cui si parte: nell’Italia pre-pandemia il numero dei poveri assoluti è il doppio rispetto al 2007, alla vigilia del crollo di Lehman Brothers”, il che evidenzia una situazione già compromessa alla vigilia dell’emergenza Coronavirus.

La parte più interessante del rapporto della Caritas è ad ogni modo rappresentata dall’identikit della povertà. I ricercatori hanno infatti evidenziato che il numero di donne che si sono rivolte alla Caritas da maggio a settembre, quindi alla fine del lockdown, sono state il 54,4% del totale, mentre nel 2019 erano il 50,5%.

Sono aumentati anche i giovani tra i 18 e i 34 anni, che se nel 2019 rappresentavano il 20% del totale, adesso hanno raggiunto il 22,7%. E aumenta anche la percentuale di cittadini italiani che chiedono aiuto, che oggi sono il 52% mentre nel 2019 erano solo il 47,9% del totale dei poveri che si rivolgono alla Caritas. C’è poi il dato che riguarda le famiglie impoverite con parenti a carico, genitori anziani, infermi, che è passata dal 52,3% del 2019 al 58,3%.

Quali sono i motivi principali che hanno determinato questa condizione di necessità? Secondo il rapporto della Caritas c’è anzitutto la perdita del lavoro. In molti casi si tratta di piccoli commercianti e lavoratori autonomi, e nel rapporto viene infatti spiegato che “rispetto a questo fronte le Caritas diocesane hanno erogato sostegni economici specifici, in ben 136 diocesi sono stati attivati fondi dedicati, utili a sostenere le spese più urgenti (affitto degli immobili, rate del mutuo, utenze, acquisti utili alla ripartenza dell’attività). Complessivamente sono stati 2.073 i piccoli commercianti e lavoratori autonomi accompagnati in questo tempo”.

Nel rapporto emerge anche che in tutto, dal mese di aprile a quello di giugno 2020, le Caritas hanno assistito complessivamente 450 mila persone, la metà delle quali non si era mai rivolta prima ai centri di ascolto.

Grazie al rapporto della Caritas abbiamo davanti agli occhi uno scenario che di certo induce a riflettere. Si evidenzia tra l’altro che una parte delle persone in difficoltà economiche per via del lockdown e della crisi economica legata al coronavirus una parte importante resta fuori dalle misure a sostegno delle femiglie varate dal governo.

La misura più richiesta risulta essere il Reddito di Emergenza, ma con un numero di domande accettate, il 26,3% del totale, più basso rispetto a quello che riguarda le domande per il bonus lavoratori domestici (61,9%), quelle per l’indennità per i lavoratori stagionali (58,3%) e per il bonus per lavoratori flessibili (53,8%).

Presentare le domande per il Rem è risultato troppo difficile per molti richiedenti, infatti risulta che la percentuale delle domande accolte aumenta per chi si è fatto aiutare nella compilazione delle stesse dai volontari dei centri di ascolto.

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