Uno spettro che non ha mai del tutto abbandonato alcuni dei maggiori istituti inglesi, quello che è tornato ad aleggiare su HSBC, la maggior banca europea per asset, con 2.419 miliardi di euro al 2019 secondo S&P Global e 402 miliardi di sterline di capitalizzazione.
Ma la HSBC non è l’unica ad avere su di sè la fitta ombra proiettata da nuovi scandali legati a riciclaggio di denaro di dubbia provenienza, infatti in sua compagnia troviamo Standard Chartered, istituto con una capitalizzazione di mercato di 10,91 miliardi di sterline.
Entrambe queste banche sono quotate sia alla Borsa di Londra che a quella di Hong Kong, ed hanno registrato forti cali fin dalle contrattazioni sull’Hang Seng in Asia. In questo caso HSBC ha perso il 3,8% scivolando al suo livello minimo del 1995, mentre la Standard Chartered ha perso il 5,91%.
A risentirne però sono anche altre banche, con l’intero settore a pagare cara la diffusione della notizia dello scandalo. Nel settore finanziario europeo vediamo quindi che a Londra HSBC perde il 6,15%, Standard Chartered il 5,5%, Barclays l’8,25%, così come Deutsche Bank. Commerzbank perde invece il 5,9%, Intesa poco meno del 5%, Unicredit il 6%, Banco Bpm il 6%, SocGen il 7% e Bnp Paribas il 6,6%.
Alcuni media, nel riportare la notizia, hanno ricordato che sia HSBC che Standard Chartered, per circa venti anni hanno mosso ingenti somme di denaro di dubbia provenienza, nonostante gli avvertimenti ricevuti circa l’irregolarità delle operazioni.
I due gruppi bancari d’altra parte non sono certo nuovi a vicende come quella emersa in questi giorni. Nel dicembre 2011 HSBC Holdings aveva dovuto pagare una multa da 1,92 miliardi di dollari alle autorità USA per aver riciclato ingenti somme di denaro provenienti in parte dalla droga che arriva negli States attraverso il confine messicano.
Quanto alla Standard Chartered, nell’aprile del 2019 aveva subito una condanna al pagamento di una multa da 1,1 miliardi di dollari alle autorità statunitensi e britanniche, per via delle accuse circa la provenienza del denaro, e per aver violato le sanzioni imposte contro altri Paesi tra i quali figurava anche l’Iran.
La Standard Chartered aveva accettato di pagare la bellezza di 947 milioni di dollari alle agenzie americane, tra cui il Dipartimento di Giustizia USA, per aver violato le sanzioni contro una serie di Paesi, tra cui appunto l’Iran.
Al tempo stesso ha dovuto pagare una multa di 102 milioni di sterline alla Financial Conduct Authority britannica per violazioni della normativa sull’antiriciclaggio che comprendevano anche carenze nei controlli finanziari sull’antiterrorismo in Medio Oriente. Si è trattato in questa occasione della multa più salata che sia mai stata inflitta dall’autorità di regolamentazione britannica per i fallimenti sull’antiriciclaggio.
Questa volta le accuse sono state formulate invece dall’agenzia di stampa degli Stati Uniti, BuzzFeed News, in collaborazione con organizzazioni giornalistiche internazionli tra le quali figura anche l’International Consortium of Investigative Journalists e si basano su documenti riservati dai quali si evince una serie di movimenti di denaro più che sospetti.
Le transazioni incriminate sono avvenute per lo più tra il 2011 e il 2017, per un totale di oltre 2.000 miliardi di dollari. Nei files sono presenti anche delle informazioni che riguardano operazioni avvenute in un periodo ben più ampio che si estenderebbe dal 1999 al 2017, e che erano state segnalate a suo tempo dai dipartimenti di compliance degli stessi istituti finanziari come operazioni sospette.
La notizia, come accennato, ha impattato duramente sul titolo di HSBC quotato a Hong Kong, che ha perso fino al 4,4% nella mattinata fino a 29,60 dollari di Hong Kong, il livello più basso dal maggio 1995. StanChart invece ha perso il 3,8% fino a 35,80 dollari di Hong Kong, registrando la peggiore perdita dal 25 maggio 2020.
Una notizia che non poteva certo passare in sordina, dal momento che dimostra che le banche in questione muovevano con una certa frequenza somme di denaro provenienti da società registrate nei paradisi fiscali, come ad esempio le Isole Vergini britanniche, pur senza conoscere il titolare finale del conto, come avrebbe dimostrato il report.
Ora la documentazione relativa allo scandalo che ha visto coinvolte alcune delle più importanti banche d’affari britanniche è stata archiviata presso il Financial Crimes Enforcement Network del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, o FinCEN e riguardano transazioni che si ritiene possano far parte di crimini finanziari.
Complessivamente, nel primo semestre 2020, l’utile netto della HSBC è crollato del 77% a 1,98 miliardi di dollari, dagli 8,51 miliardi di un anno addietro. Per quel che riguarda invece la Standard Chartered, il primo semestre 2020 si è chiuso con 1,066 miliardi di dollari contro 1,496 miliardi del 2019.
Il Wall Street Journal ha riportato le dichiarazioni della Standard Chartered, che ha commentato la notizia affermando: “prendiamo con molta serietà la lotta alla criminalità finanziarie e abbiamo investito in modo sostanziale nei nostri programmi di controllo”.
La risposta della HSBC invece è arrivata attraverso l’agenzia Reuters. “Dal 2012 ha cominciato un viaggio di parecchi hanni per rafforzare la sua capacità di combattere i crimini finanziari in oltre 60 giurisdizioni” fanno sapere dalla HSBC.
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