Siamo a metà della prima settimana di scuola, alle prese con una riapertura che arriva dopo oltre 200 giorni di stop per milioni di bambini e ragazzi italiani. E mentre la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ci tranquillizza circa la possibilità che venga imposto un nuovo lockdown, nelle scuole, nonostante i prodigiosi banchi con le rotelle anti-Covid le cose non stanno andando esattamente come sperato.
“Mi sento di escludere un nuovo lockdown generalizzato della scuola: non siamo più quelli di marzo, abbiamo lavorato, le conoscenze scientifiche si stanno evolvendo” ha spiegato la ministra Azzolina “i protocolli servono ad isolare i positivi ma ci auguriamo che un lockdown della scuola non sia più pensabile”.
Queste le parole del ministro, ma in questo momento la prima preoccupazione non è la possibilità di un nuovo lockdown, che sarebbe quantomeno assurdo visto che il virus non sviluppa la malattia se non i casi molto rari, ma lo svolgimento delle lezioni e di tutte le attività di un ambiente scolastico stravolto dai cambiamenti in chiave anti-contagio.
Com’è la scuola oggi, norme anti-contagio e scelte discutibili
La didattica cambia radicalmente con le nuove regole imposte dall’esecutivo, cambia il modo di stare in aula, e cambia il modo di fruire di tutti gli spazi all’interno dei quali lo studente non deve mai sentirsi completamente al sicuro finché non è solo.
Il rischio di contrarre in virus che potrebbe uccidere i tuoi genitori o i tuoi nonni è dietro l’angolo, potrebbe raggiungerti attraverso il tuo migliore amico, potrebbe averlo il ragazzo o la ragazza che ti piace, meglio mantenere le distanze.
Il messaggio che viene costantemente trasmesso ai nostri figli è questo. E a dar forza a questo messaggio non sono solo le norme stabilite su base nazionale, ma anche quelle imposte per le scelte di chi all’interno delle scuole è gravato in questo momento di grandi responsabilità, a cominciare dai presidi.
A definire le linee guida anti-contagio sono ancora una volta i pareri del Comitato tecnico scientifico, ma a decidere è, ancora una volta, il governo Conte, sul quale ricadono tutte le responsabilità sul modo in cui questa emergenza-non-emergenza viene gestita. Ed in particolare sull’attuale esecutivo ricade la responsabilità delle conseguenze che queste misure restrittive avranno per la salute psico-fisica dei nostri figli.
Le nuove imposizioni a scuola, preoccupazione dai pedagogisti
Si è parlato molto di quali siano i rischi correlati alla diffusione del virus, ma molto poco di quali siano i rischi per la crescita dei bambini in un contesto come quello creato nell’ambiente scolastico dalle nuove regole.
Non sono in pochi infatti ad essere preoccupati del modo in cui l’emergenza viene gestita, ed è chiaro che porsi tutta una serie di domande è d’obbligo. Ad essere preoccupato è anche Daniele Novara, pedagogista, che per cominciare punta il dito contro alcuni presidi.
“Alcuni dirigenti stanno veramente creando situazioni di panico che non hanno niente a che fare con la scuola. I genitori e i bambini chiederanno presto conto. I più piccoli vengono penalizzati. Abbiamo a che fare con presidi pavidi che hanno sbagliato lavoro” spiega l’esperto.
Il premier Conte ha parlato di disagi e difficoltà che specie in una prima fase dovranno essere messi in conto. Una prospettiva che è chiaramente molto ottimistica, perché i disagi e le difficoltà sono quelli che incontrano gli adulti nella vita di tutti i giorni per via delle norme imposte dall’esecutivo, ma qui si parla di bambini e la cosa è ben più delicata.
La scuola italiana insomma ha subito un drastico cambiamento tra prima del Covid e dopo, ma vediamo cosa sta succedendo esattamente.
I banchi tornano alla disposizione degli anni ’70
Il Comitato tecnico scientifico ha ribadito la necessità di garantire il distanziamento di almeno un metro tra “bocca e bocca” e per ottemperare a quest’obbligo in molte scuole è stata adottata la soluzione più semplice ma non esattamente la più indicata.
È così che si è tornati, in molte scuole, alla disposizione dei banchi di una volta, con i tavolini messi uno dietro l’altro, il che priva i bambini della possibilità di guardarsi in faccia. Risolto il problema del contagio da Covid-19, come se fosse l’unico pericolo che incombe sulla salute di tutti noi.
Si torna quindi alla scuola versione anni ’70, che non poteva che sollevare diverse critiche da parte dei pedagogisti. “C’erano tante possibilità per fare il distanziamento. Questo è stato un pretesto per tornare alla scuola ottocentesca, dove gli alunni devono stare solo fermi al banco e non muoversi. I bambini non possono reggere più di tanto questa situazione” ha spiegato Novara.
In alcune delle scuole in cui era stata tolta la cattedra, questa torna insieme ad una bella riga rossa da non superare. Il docente si barrica dietro la sua scrivania, con la linea rossa a separarla dai banchi, per difendersi dai bambini potenzialmente contagiosi, che possono raggiungerlo solo se indossano la mascherina.
Ricreazione seduti e a distanza
Anche la ricreazione diventa un lusso che non tutti si possono permettere. Se un tempo privare della ricreazione una classe era una punizione molto severa, adesso è una regola fissa in molte scuole, certo finché la pandemia non finisce.
La maggior parte dei presidi ha dato agli insegnanti delle indicazioni molto chiare per quel che riguarda lo svolgimento della ricreazione: si farà in aula e rispettando il distanziamento sociale. In alcuni casi è stato concesso l’uso degli spazi esterni, dove possibile, ma sempre a condizione di mantenere le distanze.
Il parere dei pedagogisti però è tutt’altro che positivo. “Questa è una violazione dei diritti del bambino” ha detto senza giri di parole Daniele Novara “il movimento nell’infanzia è fondamentale. Un bambino non può essere sedentario”.
Nell’ora di educazione fisica niente giochi di squadra e sport di gruppo
L’indicazione arriva direttamente dal Comitato tecnico scientifico. “Nelle prime fasi di riapertura delle scuole sono sconsigliati i giochi di squadra e gli sport di gruppo, mentre sono da privilegiare le attività fisiche sportive individuali che permettano il distanziamento fisico” spiegano gli esperti del Cts.
Molti presidi poi ci hanno messo del loro, dando disposizioni come il divieto di usare la palla o gli attrezzi, che in quel caso dovrebbero essere poi sanificati e qualcuno dovrebbe essere incaricato di farlo, ma chi?
Ne deriva inevitabilmente che l’attività di educazione fisica risulta fortemente penalizzata, mentre le indicazioni nazionali dicono: “partecipare alle attività motorie e sportive significa condividere con altre persone esperienze di gruppo, promuovendo l’inserimento anche di alunni con varie forme di diversità ed esaltando il valore della cooperazione e del lavoro di squadra“.
E ancora: “il gioco e lo sport sono, infatti, mediatori e facilitatori di relazioni e ‘incontri’. L’attività sportiva promuove il valore del rispetto di regole concordate e condivise e i valori etici che sono alla base della convivenza civile”.
I computer diventano off-limits
In un Paese in cui non brilliamo certo per competenze informatiche (siamo al 25esimo posto su 28 Paesi per competenze digitali) privare le nuove generazioni della possibilità di apprendere l’uso degli strumenti informatici non è esattamente la migliore delle strategie per colmare questo enorme Gap.
Eppure è questa la direzione che è stata presa in molte scuole. Di certo sarebbe bello poter contare su una strumentazione in aula in grado di permettere lo svolgimento di lezioni con l’uso di tablet, ma a quanto pare in Italia ci dovremo accontentare ancora per qualche annetto, dell’aula di informatica (in compenso avremo presto i banchi di plastica con le ruote).
Anche in questo caso non sono le indicazioni del ministero, ma si fa quel che si può con quel che si ha, ed in Italia le scuole hanno ben poco in genere. Sicché molti presidi per non dover di volta in volta preoccuparsi di incaricare qualcuno della sanificazione delle aule d’informatica, hanno preferito tagliare la testa al toro e abolire l’uso di questi spazi.
Quali sono le regole imposte dal governo attualmente in vigore a scuola?
Alle norme, che comportano altrettante privazioni, sopra menzionate, si vanno ad aggiungere naturalmente quelle che non derivano dalle decisioni di singoli istituti, basate su interpretazioni e scelte più o meno discutibili, dovute anche ai limitati strumenti di cui le scuole stesse dispongono.
Non dimentichiamo che fino al momento in cui si è iniziato a parlare di Coronavirus, in Italia le scuole facevano i conti con problemi di solidità strutturale degli edifici, con la mancanza di riscaldamento, e con la pesante carenza di strumenti didattici.
Ad ogni modo le disposizioni delle singole scuole non sono certo le uniche che di fatto andranno a cambiare il volto della scuola. Ad esse si aggiungono le disposizioni che arrivano da Roma, dall’obbligo di mascherina alle norme da rispettare per il pranzo a scuola e per salire sui trasporti pubblici.
A scuola si va solo in impeccabile stato di salute
Non si entra a scuola con temperatura superiore ai 37.5 gradi, ed è quindi fatto obbligo per i genitori di misurare la temperatura ai propri figli ogni giorno prima di portarli a scuola. Qui si fa affidamento quindi sulla responsabilità dei genitori, ma chiaramente la mancata misurazione della temperatura del figlio ogni singola mattina è l’ultimo dei problemi per migliaia di famiglie italiane.
Purtroppo però il ministero non ha previsto i termoscanner all’entrata a scuola, e se un bambino ha decimi di febbre rischia di stare a scuola tutto il giorno senza che nessuno ne abbia avuto contezza.
Tra l’altro non basta avere una temperatura che non superi i 37.5 gradi, chi entra a scuola non deve avere alcuna sintomatologia respiratoria, attenzione quindi se si ha un po’ di tosse, mentre chi ha un semplice raffreddore può entrare ma solo se non ha febbre o sintomi respiratori.
Chiaramente poi, a questo punto sembra persino inutile dirlo, chi entra a scuola non deve aver avuto alcun contatto nei 14 giorni precedenti con un soggetto risultato positivo al Coronavirus.
Obbligo di mascherina per tutti sopra i 6 anni
La mascherina è una delle colonne portanti del piano per contenere la diffusione del virus. Tuttavia non sta producendo risultati particolarmente eclatanti, vista l’estensione del suo obbligo che prima riguardava solo gli spazi chiusi aperti al pubblico, poi anche le pertinenze dei locali e le strade o le piazze nelle quali tendono a formarsi assembramenti, obbligo di mascherina dalle 18 alle 6 in questo caso.
Il numero di nuovi casi continua a seguire un trend che risulta del tutto slegato dall’aumento delle restrizioni, ed in ogni caso siamo ben lontani da un’emergenza sanitaria, visti i circa 9.000 posti letto disponibili nei reparti di terapia intensiva.
Ad ogni modo a tutti i bambini dai 6 anni in su è fatto obbligo di indossare la mascherina per entrare a scuola. Ad ogni bambino infatti verrà consegnata una mascherina chirurgica al giorno, per un totale di 11 milioni di mascherine chirurgiche su base nazionale, che corrispondono ad altrettante mascherine chirurgiche da smaltire quotidianamente.
Bambini e ragazzi a scuola dovranno indossare la mascherina per tutto il tempo anche quando sono seduti al proprio banco nel caso in cui non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza di un metro dai compagni.
Le mascherine vanno indossate poi per andare in bagno, per andare in palestra, per spostarsi nei corridoi. La scuola consegna una sola mascherina chirurgica al giorno, il che significa che se la mascherina per qualche ragione si rompe, cade a terra, si sporca in altro modo, non ne viene data una di scorta.
Alcune scuole hanno provveduto quindi a dotarsi di mascherine di emergenza da tenere di scorta per ogni evenienza. ed in alcuni casi sono stati gli stessi docenti a comperarne per eventuali necessità. Per il momento è anche possibile utilizzare le mascherine di stoffa, le cosiddette mascherine di comunità, a patto che vengano sanificate ogni giorno.
Niente obbligo di mascherina solo per bambini di età inferiore ai 6 anni e diversamente abili.
Come si entra a scuola con il Covid?
Per ridurre le probabilità di contagio si è pensato di scaglionare gli orari di ingresso a scuola e di dividere gli ingressi. Entrare tutti insieme dal portone principale non sarà più possibile, saranno invece predisposti ingressi separati per ciascuna classe ove possibile.
Alcune scuole hanno stabilito orari di ingresso e di uscita diversi per inizio e fine lezioni, mentre per le scuole dell’infanzia si è deciso di scagloinare gli ingressi, con i bambini accompagnati dagli adulti che possono entrare in qualsiasi momento nell’arco di una ampia fascia oraria che può arrivare fino a 90 minuti.
Cosa succede a chi risulta positivo al Covid
Chi ha più di 37.5 di febbre non può andare a scuola, inoltre ai genitori è fatto obbligo di contattare immediatamente il pediatra e il medico di famiglia, ed ovviamente sono tenuti a comunicare l’assenza da scuola per motivi di salute.
Si procede quindi con il test diagnostico, con il risultato che viene poi trasmesso al dipartimento di prevensione. Lo studente che è risultato positivo al test Covid-19 può tornare a scuola solo quando il tampone darà esito negativo e i sintomi (nei rari casi in cui saranno stati riscontrati) saranno completamente spariti.
Per avere la certezza che lo studente positivo non rappresenti più un pericolo nell’ambiente scolastico saranno eseguiti due tamponi che dovranno risultare entrambi negativi, e solo allora lo studente potrà essere considerato guarito, altrimenti dovrà rimanere ancora in isolamento.
In caso di studente positivo vengono tracciati i contatti e la Asl competente valuterà quali misure adottare e, se lo riterrà necessario, potrà disporre la quarantena per tutta la classe dello studente positivo. Cosa che probabilmente non renderà particolarmente popolare quello studente, specie agli occhi degli altri genitori, ma come ha detto il premier Conte qualche disagio è inevitabile.
Inoltre è previsto che la scuola provveda ad effettuare una sanificazione straordinaria, però ancora non è previsto che l’istituto venga chiuso per un solo caso di coronavirus.
Su bus e tram capienza ridotta all’80%
Per permettere il distanziamento sociale anche sui mezzi di trasporto pubblico la capienza di tram e bus sarà ridotta fino all’80%. Sarà responsabilità degli autisti fare in modo che a salire sul mezzo non sia un numero di passeggeri maggiore di quello previsto.
I passeggeri dovranno indossare la mascherina e non vi saranno separatori tra i posti a sedere ma andrà rispettata sempre la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
Solo nel caso in cui il mezzo di trasporto sia dotato di un sistema che permette un ricambio dell’aria e il suo filtraggio sarà possibile aumentare la capienza. Sui mezzi inoltre dovranno essere sempre presenti le colonnine di gel igienizzante.
Nella maggior parte degli istituti sparisce la mensa scolastica
Il Comitato tecnico scientifico ha dato disposizioni affinché nelle scuole si prediligesse l’uso delle refezioni e solo in caso estremo quello del cosiddetto lunch box. Molte scuole però hanno dovuto convertire in aule gli spazi precedentemente adibiti a mensa, e di conseguenza si sono trovate costrette a ricorrere al lunch box che ovviamente dovrà essere consumato in aula.
Ovviamente durante il pranzo non si indosserà la mascherina, ma si dovrà rispettare ancora una volta il distanziamento sociale di un metro. Prima e dopo il pranzo i banchi dovranno essere sanificati, e non sarà possibile alzarsi dopo aver mangiato ma ci sarà l’obbligo di restare seduti al proprio posto.
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