I morti causati dall’esplosione che ha interessato il porto di Beirut, capitale del Libano, hanno superato quota 100 unità, e le domande circa le ragioni per cui tutto quell’esplosivo si trovasse in una zona così densamente popolata della città necessitano assolutamente di risposte più chiare.

Secondo quanto riportato dai maggiori media, le ingenti quantità di esplosivo si trovavano nel porto di Beirut da diversi anni, fino all’incendio divampato due giorni fa.

Mentre i soccorsi sono ancora al lavoro per cercare altri sopravvissuti all’esplosione che ha ferito migliaia di persone, provocando danni diffusi ad una vasta area della città ormai pressoché interamente ricoperta di polvere e detriti, si continua a scavare nell’intento di risalire ai responsabili di quanto accaduto.

Stando a quanto riferito da un ufficiale dell’esercito libanese, il deposito conteneva materiale altamente esplosivo che era stato identificato come nitrato di ammonio. La ragione per cui si trovava ancora lì dopo diversi anni pare sia da imputare a negligenzia e imperizia degli addetti ai lavori.

Come ci è arrivato l’esplosivo nel porto di Beirut?

La prima vera domanda è chiaramente questa: come ci è arrivato tutto quell’esplosivo nel porto della capitale del Libano? Ci era arrivato con una nave battente bandiera della Moldavia, il cui nome era Rhous. La nave era salpata dalla Georgia ed era diretta verso il Mozambico, e ciò avveniva nel 2013, questo quantomeno ciò che hanno affermato un alto politico libanese, un ufficiale dell’esercito, e un funzionario della sicurezza del Medio Oriente.

Secondo quanto riportato da una newsletter del settore marittimo del 2015 una nave che trasportava 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio si era trovata costretta a fare porto a Beirut a causa di problemi tecnici, dopodiché era stata abbandonata lì dai suoi proprietari.

Nella newsletter in oggetto si legge testualmente: “a causa dei rischi associati alla conservazione del nitrato di ammonio a bordo della nave, le autorità portuali hanno scaricato il carico nei magazzini del porto. La nave e il carico rimangono ad oggi in porto in attesa di essere messi all’asta e/o smaltiti correttamente”.

L’attesa però è stata evidentemente vana, visto che a distanza di 7 anni è sopraggiunta infine la tragica esplosione che ha causato oltre 100 morti.

Autorità portuale e dogana avevano avvisato la magistratura dei rischi

Secondo quanto affermato dall’ufficiale dell’esercito libanese, l’autorità portuale di Beirut e la dogana avevano in più occasioni richiamato l’attenzione della magistratura, informando quindi chi di dovere dei pericoli correlati allo stoccaggio dell’esplosivo, ma nessuna azione è stata intrapresa. “Dobbiamo cercare le responsabilità dietro questo ritardo” ha infatti sottolineato l’ufficiale libanese.

Per le vittime però è comunque troppo tardi. Secondo George Kitani, capo della Croce Rossa libanese, “la catastrofe è enorme e senza precedenti”. Le ricerche dei superstiti stanno continuando, con sommozzatori incaricati di scandagliare le acque circostanti al luogo dell’esplosione per verificare l’eventuale presenza di altri corpi.

I dettagli relativi allo stato di avanzamento delle ricerche sono stati riferiti dallo stesso generale di brigata, Raymond Khattar, a capo della Protezione civile del Libano, che ha poi spiegato che alcune persone potrebbero essere rimaste intrappolate sotto i silos granari del porto.

“Non possiamo ancora avvicinarci, perché temiamo che l’edificio possa crollare” ha spiegato il generale, intanto ci sono squadre di soccorsi che arrivano da Russia, Francia, Grecia, Repubblica Ceca e Paesi Bassi che stanno assistendo le forze libiche nelle operazioni di ricerca dei corpi e di salvataggio dei superstiti.

L’esplosione è stata un incidente? Per gli USA probabilmente sì

Secondo quanto affermato da un funzionario americano, gli USA ritengono che l’esplosione sia stata probabilmente accidentale, ma questo non può ancora essere affermato con assoluta certezza, almeno finché non si sarà in grado di stabilire cosa ha causato l’incendio che ha prodotto l’esplosione.

Il presidente USA, Donald Trump, aveva inizialmente parlato di un “terribile attacco”, aggiungendo che secondo alcuni militari statunitensi l’esplosione potrebbe essere stata causata da “una bomba di qualche tipo”.

Arriva nel frattempo un messaggio di vicinanza da parte del presidente francese, Emmanuel Macron, che via Twitter ha annunciato che nella giornata di oggi si sarebbe recato a Beirut per esprimere “il messaggio di fratellanza e solidarietà del popolo francese” e per un incontro con le autorità politiche libanesi.

E sempre in Francia è stata aperta una indagine da parte della procura di Parigi, che ha lo scopo di approfondire le cause dell’esplosione, anche perché tra i feriti ci sono 21 cittadini di nazionalità francese.

L’esplosione nel porto di Beirut, un incidente in un periodo già difficile per il Libano

Su internet hanno iniziato subito a circolare numerosi video nei quali si possono osservare le drammatiche sequenze dell’esplosione. Si tratta di un altro trauma per gli abitanti di una città che di recente ha visto guerre e bombardamenti, e che ora deve pensare alla ricostruzione in un momento reso ancor più delicato per via dell’emergenza coronavirs e delle sue conseguenze economiche.

In Libano poi la situazione politica non è delle più stabili, con grandi proteste in piazza contro la corruzione del governo, e a denuncia di una crisi economica estremamente grave anche a causa, secondo quanto riportato dai maggiori media, di una cattiva gestione della res publica. I prezzi dei generi alimentari continuano a salire, così pure quelli di altri beni, e quotidianamente si verificano lunghi blackout.

Le operazioni di primo soccorso erano rese difficili anche dalla presenza di detriti per strada, auto distrutte dalle macerie degli edifici che rendevano particolarmente ostico il passaggio delle ambulanze e dei mezzi di soccorso in generale.

Tra l’altro proprio nel mese di luglio l’ospedale universitario americano di Beirut aveva licenziato centinaia di dipendenti per via della crisi economica in cui versa il Paese, e questo naturalmente non fa che complicare ulteriormente il quadro complessivo.

L’economia libanese era già in condizioni estremamente difficili prima dell’emergenza coronavirus, sicché il lockdown ha finito per assestare una sorta di colpo di grazia, ed ora l’esplosione al porto di Beirut non fa che peggiorare ulteriormente un quadro già drammatico.

Diversi Paesi in aiuto del Libano

La Francia si è subito piazzata in prima linea per aiutare il Libano nell’affrontare questa emergenza. Il ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian ha comunicato attraverso la Tv locale che Parigi sta inviando tre aerei con 25 tonnellate di personale di soccorso e di sicurezza, tra i quali sono presenti anche diplomatici ed operatori di emergenza che daranno il proprio supporto agli ospedali di Beirut.

Sempre dalla Francia, come riferito dal capo del distaccamento di sicurezza Vincent Tissier, arriveranno 55 membri del personale di sicurezza, addestrati ad individuare i corpi delle vittime sotto le macerie, e a fornire il primo soccorso. Il personale è specializzato nell’identificazione dei componenti chimici ed è esperto nel manovrare macchinari pesanti che vengono utilizzati per la rimozione dei detriti.

Dalla Russia vengono inviati medici, un ospedale mobile e aerei con aiuti umanitari, secondo quanto reso noto dal ministero delle Emergenza di Mosca. L’agenzia di stampa russa RIA parla di cinque aerei inviati in Libano.

Dal Quatar è stato aperto un ponte aereo che servirà per portare in Libano aiuti urgenti. Il primo dei quattro aerei dell’aviazione militare è decollato nella mattinata di ieri trasportando due ospedali da campo completi di 500 posti letto ciascuno, più forniture mediche come ventilatori, generatori e medicinali, che giungono anche dal Kuwait.

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