Ci si dovrebbe essere ampiamente abituati all’idea di un mondo del lavoro che non è in grado di offrire grandi certezze, e non dovrebbe quindi stupire che il precariato non faccia che prendere piede ancor di più ora che il Paese sta affrontando una crisi economica senza precedenti, e che la possibilità di lavorare in molti contesti è strettamente subordinata alle eventuali misure di contenimento imposte dal governo.

Non si può neppure dire che dipende dall’andamento della pandemia, visto che nonostante i numeri indichino ormai da settimane che non vi è alcuna emergenza sanitaria in Italia, viene ugualmente prorogato lo stato di emergenza e permangono vari obblighi tra cui quello di indossare la mascherina nei luoghi chiusi.

Indipendentemente da quanto siano rassicuranti i numeri, evidentemente il governo potrà decidere di rimandare l’apertura delle scuole, e se questo dovesse accadere, i 50 mila docenti e collaboratori Ata in più per l’assunzione dei quali il decreto Rilancio ha stanziato 1 miliardo di euro, saranno inevitabilmente lasciati a casa.

I sindacati non potevano che ribattezzarli “precari usa e getta” ma il ministero dell’Istruzione li definisce una risorsa per far andare avanti la scuola. I presidi potranno nominare questi supplenti ai tempi del coronavirus attraverso una procedura straordinaria, ma come detto, se le scuole chiudono o non aprono affatto, saranno tutti licenziati.

Tutto pronto per la riapertura delle scuole a settembre?

Mancano meno di due mesi alla riapertura delle scuole, che sono chiuse dall’inizio del mese di marzo, e stando a quanto riportato da IlFattoQuotidiano, “è quasi pronto il protocollo” per la ripartenza delle lezioni.

Bandita la gara per l’acquisto di oltre 2 milioni di banchi che dovrebbero permettere di tenere gli studenti a debita distanza l’uno dall’altro. Cosa che il governo ed il ministero dell’Istruzione in particolare ritengono necessaria nonostante le ripercussioni che il distanziamento sociale avrà inevitabilmente sulla salute mentale degli alunni, specie dei più giovani.

Senza contare che è stata la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ad affermare che è “estremamente raro che un asintomatico possa trasmettere il virus”.

L’esecutivo proseguirà comunque su questa strada, nell’intento di ridurre al minimo le occasioni di contagio. Tra le situazioni su cui si deve necessariamente intervenire quella delle cosiddette ‘classi pollaio‘ che se prima erano un problema, adesso sono considerate un’emergenza.

Naturalmente però, se si aumenta il numero delle classi per distribuire meglio gli studenti, serviranno anche più insegnanti, ed eccoci qua, con l’assunzione di 50 mila figure da collocare nei vari ruoli in cui saranno necessarie nell’ambito della riapertura delle scuole.

Nel decreto Rilancio una norma ad hoc per licenziare i supplenti

Nuove assunzioni quindi, e naturalmente non si tratterà di insegnanti di ruolo, ma di supplenti. Non saranno neanche supplenti ordinari però, visto che questi potranno essere licenziati con estrema facilità grazie ad una apposita norma inserita nel decreto Rilancio.

Serviranno a far fronte a quella che viene definita situazione straordinaria legata al coronavirus, che impone di creare un maggior numero di classi. Nel testo della norma si legge che le scuole hanno la possibilità di “attivare ulteriori posti di incarichi temporanei di personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) a tempo determinato”.

In questi casi però “in caso di sospensione dell’attività in presenza, i relativi contratti di lavoro si intendono risolti per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzo”. In parole povere se la scuola chiude di nuovo dovranno tornarsene a casa.

La ministra Lucia Azzolina firmerà l’ordinanza a breve e comunicherà ai sindacati in che modo verranno distribuite le risorse. Sappiamo che i fondi saranno ‘spacchettati’ tra i vari uffici regionali (Usr) che a loro volta individueranno i contingenti sulla base delle richieste che pervengono dalle scuole.

La priorità l’avranno i maestri di infanzia e scuola primaria, dove le classi dovranno essere divise anche per la maggior difficoltà di tenere i bambini a distanza gli uni dagli altri. Nessuno però sembra prestare molta attenzione al motivo per cui è difficile tenere i bambini a distanza, e nessuno sembra preoccupato del fatto che forse hanno bisogno proprio di non essere tenuti a distanza affinché sviluppino un rapporto umano con il prossimo, e non lo vedano invece come una fonte di pericolo e/o di infezione.

Ma tornando alla norma, che prevede sì l’assunzione di 50 mila figure nell’ambito scolastico, e al contempo anche il loro licenziamento immediato qualora le scuole dovessero essere nuovamente chiuse, ai sindacati la cosa non piace. “Pensare di risolvere i problemi della scuola assumendo dei docenti in modo fortemente temporaneo è un errore strategico” ha dichiarato Marcello Pacifico dell’Anief.

È stato il Parlamento a volere che la norma fosse così come è stata approvata, precisano dal ministero, e non era possibile fare diversamente, visto che si intende aumentare il numero delle classi per garantire il distanziamento sociale tra gli studenti.

Non tutti però al ministero la vedono allo stesso modo. Il sottosegretario De Cristofaro per esempio ha parlato di “evidente ingiustizia e disparità per il personale” e ha chiesto in tal senso una modifica che però non c’è stata. La priorità evidentemente, almeno per ora, è essere in grado di garantire l’avvio delle lezioni in presenza e nel rispetto della norma del distanziamento sociale.

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