Si tratta di un’ipotesi che era già stata avanzata nelle prime settimane di lockdown. Il timore che le conseguenze delle misure restrittive sull’andamento delle attività economiche avrebbero aperto uno spiraglio alla malavita organizzata, che avrebbe potuto rafforzarsi in particolar modo in alcuni ambienti.
Ora troviamo conferma di quanto ipotizzato anche nella relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia che è stata inviata al Parlamento in questi giorni. Si imputa alla ‘paralisi economica’ provocata dalle misure restrittive imposte per contenere il contagio del coronavirus, la responsabilità di aver lasciato alle mafie “prospettive di arricchimento ed espansione paragonabili a ritmi di crescita che può offrire solo un contesto bellico”.
Stando al quadro descritto nella relazione della DIA, il rischio è che le mafie allarghino il loro ruolo di “player affidabili ed efficaci”, allungando la propria ombra su medie e grandi aziende in crisi.
Gli analisti della DIA spiegano che “lo schock provocato dal virus ha avuto un impatto diretto su un sistema economico già in difficoltà e ha ridotto ulteriormente le disponibilità di liquidità finanziaria”. Tutto ciò potrebbe secondo quanto leggiamo nel rapporto inviato al Parlamento “finire per compromettere l’azione di contenimento sociale che lo Stato, attraverso i propri presidi di assistenza, prevenzione e repressione ha finora, anche se a fatica, garantito”.
Due gli scenari possibili
Le conseguenze si manifesteranno in maniera tangibile con problemi di ordine pubblico nel prossimo futuro, e a tal proposito si ipotizzano due scenari. La organizzazioni mafiose si faranno carico evidentemente di sopperire a quelle carenze in ambito di welfare cui lo Stato sta lavorando in maniera estremamente lenta e macchinosa.
In questo modo sarà ‘grazie alle mafie’ se una parte dei cittadini potranno accedere ad una sorta di welfare alternativo a quello dello Stato, ma al contempo, secondo il rapporto della DIA, le mafie provvederanno ad “esacerbare gli animi” in particolare di quelle fasce di popolazione che iniziano a “percepire lo stato di povertà a cui stanno andando incontro”.
Ed è qui che si apre il bivio prospettato dagli investigatori. Si individuano quindi i due scenari cui accennavamo, il primo dei quali è relativo al breve periodo. In questo scenario le organizzazioni punteranno a “consolidare il proprio consenso sociale attraverso forme di assistenzialismo, anche con l’elargizione di prestiti di denaro, da capitalizzare” alle prime elezioni possibili.
Nel secondo scenario, quello del lungo periodo, le mafie ed in particolar modo la ‘ndrangheta “vorranno ancora più stressare il loro ruolo di player affidabili ed efficaci anche su scala globale”.
La mafia rafforzerà la sua presenza in alcuni settori più redditizi
Si aprono interessanti prospettive di investimento per le mafie all’indomani del lockdown. Secondo gli investigatori della DIA “nel paniere degli investimenti criminali, il gioco rappresenta uno strumento formidabile, prestandosi agevolmente al riciclaggio e garantendo alta redditività”.
“Dopo i traffici di stupefacenti è probabilmente il settore che assicura il più elevato ritorno dell’investimento iniziale” spiegano ancora gli investigatori “a fronte di una minore esposizione al rischio”. D’altra parte è noto che il mercato del gioco garantisce entrate corpose, basti pensare ai 106 miliardi di euro di giocate (legali) fatte nel corso del 2018.
A voler allargare il proprio business nel gioco d’azzardo sono tutte le organizzazioni di stampo mafioso, , mafia, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona, tra le quali si registrano rapporti di “alleanza funzionale”.
Nel corso del 2019 sono stati sciolti per associazione mafiosa ben 51 enti locali, secondo quanto riportato nella relazione della DIA, un dato che non era mai stato così alto dal 1991, che è l’anno in cui venne introdotta la normativa sullo scioglimento per mafia degli enti locali.
Ad essere sciolte per mafia nel 2019 sono 20 Consigli comunali e 2 Aziende sanitarie provinciali, più 29 amministrazioni che sono ancora in fase di commissariamento. La distribuzione dei 51 enti sciolti per mafia è la seguente sul territorio della Penisola: 25 in Calabria, 12 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Campania e uno in Basilicata.
Scarcerare i boss mafiosi durante il lockdown non aiuta
Nella sua relazione la DIA sottolinea che il provvedimento del Dap che nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria in Italia ha prodotto l’uscita dal carcere di diversi boss non può che produrre effetti negativi sulla lotta alla mafia.
“Qualsiasi misura di esecuzione della pena alternativa al carcere per i mafiosi rappresenta un vulnus al sistema antimafia” si legge nella relazione della DIA, dove si parla di “indubbi e negativi riflessi”.
“La scarcerazione di un mafioso, addirittura ergastolano è avvertita dalla popolazione delle aree di riferimento come una cartina di tornasole, la riprova di un’incrostazione di secoli, diventata quasi un imprinting: quello secondo cui mentre la sentenza della mafia è certa e definitiva, quella dello Stato può essere provvisoria e a volte effimera”.
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