Le previsioni sull’andamento dell’economia globale nei prossimi mesi non sono mai state particolarmente rosee, eppure stando alle ultime stime del Fondo Monetario Internazionale, quelle fatte ad aprile erano fin troppo ottimistiche. Il Prodotto Interno Lordo precipiterà nel 2020, con un calo che si stima possa aggirarsi intorno al 4.9%.

Le stime aggiornate dell’FMI non sono esattamente come si sperava potessero essere, ma d’altra parte il lockdown inedito che è stato imposto in quasi tutti i Paesi del mondo, difficilmente avrebbe prodotto effetti circoscritti ad un calo del PIL del 3%.

Non era difficile immaginare che quelle stime erano fin troppo ottimistiche, però adesso probabilmente siamo più vicini ad una proiezione verosimile, e non è detto che la prossima non delinei un quadro persino peggiore.

Molti osservatori si aspettano la catastrofe economica, specie in Italia, a partire dal mese di ottobre 2020. Sarà in autunno, con ogni probabilità, che ci verrà presentato il conto relativo alle misure restrittive che ancora adesso faticano ad essere rimosse, nonostante il coronavirus sia pressoché totalmente scomparso, e si sia notevolmente indebolito.

Le nuove stime dell’FMI: sull’occupazione impatto “catastrofico”

La recessione sarà più acuta, la ripresa sarà più lenta, gli effetti si toccheranno con mano molto presto, e con le profonde cicatrici sui conti pubblici arriverà l’impatto sull’occupazione, che secondo l’FMI subirà un effetto “catastrofico”.

I più penalizzati saranno ancora una volta i ceti più deboli, tanto che stando alle stime del Fondo saranno minacciati persino i progressi fatti negli ultimi anni nella lotta alla povertà. Solo in Cina gli effetti prodotti dall’emergenza sanitaria e dal lockdown potrebbero riverlarsi tutto sommato superabili, addirittura conservando il segno positivo davanti al PIL.

Secondo le stime dell’FMI l’economia globale perderà, tra il 2020 e il 2021, qualcosa come 12.500 miliardi di dollari rispetto alle proiezioni fatte a gennaio. D’altra parte a inizio anno le stime non tenevano conto degli effetti della pandemia, e prospettavano una crescita del PIL del 3,3%.

E dopo mesi e mesi in cui si legge ovunque che si tratta delle conseguenze economiche della pandemia di coronavirus, è lo stesso Fondo Monetario Internazionale ad affermare che il calo del PIL e i disastrosi effetti sull’occupazione sono il costo del Great Lockdown.

Si tratta di una crisi senza precedenti

Nel World Economic Outlook (Weo) si legge che “la pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto più negativo del previsto nella prima metà del 2020 e si prevede che la ripresa sarà più graduale”.

Non solo sarà decisamente più accentuato il calo del Pil globale, ma sarà più lenta anche la ripresa, contrariamente alle speranze di una curva a V. L’anno prossimo il PIL riprenderà a salire, una sorta di effetto rimbalzo, che però sarà più contenuto stando alle nuove stime dell’FMI, che mentre ad aprile prevedevano un +5,8% ora ipotizzano un +5,4%.

In questo modo il PIL nel 2021 resterebbe comunque al di sotto della soglia che si prevedeva ad inizio gennaio di circa 6,5 punti percentuale. Le conseguenze sul commercio mondiale produrranno una contrazione che sfiorerà invece il 12%.

Intanto la situazione si mostra pessima in questo secondo trimestre del 2020, visto che contrariamente a quanto sta accadendo in Europa, con una drastica riduzione dei casi di contagio, e della gravità stessa dei casi registrati, in molte parti del mondo la fase che si sta attraversando è quella più critica.

Così ovviamente quei Paesi si trovano ora ad adottare le misure restrittive che in Italia abbiamo sperimentato sulla nostra pelle e sulla nostra economica nei mesi passati. Si continua poi inevitabilmente ad ipotizzare una seconda ondata, ed in quel caso, secondo l’FMI la recessione finirebbe per prolungarsi per tutto il 2021.

In Cina l’impatto sull’economia è più lieve

Le cose vanno un po’ meglio in Cina, dove il lockdown ha iniziato a sparire già dal mese di aprile. Per l’FMI si tratta di una situazione economica migliore rispetto agli altri Paesi del mondo, con un segno + anche per il PIL del 2020, seppur di misura. Si parla dell’1% di crescita del PIL, quindi si torna ai livelli minimi registrati negli anni ’70.

Nel 2021 però Pechino ingranerà la quarta e registrerà una crescita del PIL superiore all’8%, almeno secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, e naturalmente sempre che non ci sia una seconda ondata di contagio.

Sono però peggiorate le stime del Weo di giugno rispetto a quelle di aprile per tutti gli altri Paesi presi in considerazione. Per l’Eurozona ci si aspetta una contrazione del 10,2%, con un rimbalzo nel 2021 del 6%. Per l’Italia il rischio è quello di un calo del PIL del 12,8%, e di un rimbalzo del 6,3% nel 2021, più o meno come predetto da Bankitalia (-13%).

Per la Germania il calo del Pil si attesterà intorno ad un -7,8%, per la Gran Bretagna la flessione sarà invece intorno al 10%, ma qui entrano in ballo anche gli effetti sull’economia prodotti dalla Brexit, che dipendono anche dal tipo di accordo che alla fine verrà sottoscritto con l’Ue.

Negli USA la situazione non è certo delle migliori, visto che oltre alle tensioni sociali l’amministrazione Trump che si avvia verso la consultazione delle presidenziali a settembre, deve fare i conti con una contrazione del PIL dell’8%, con un rimbalzo per il 2021 che se va bene sarà del 4,5%.

In India il numero dei casi di coronavirus continua a crescere, e anche qui si verificherà, stando alle stime, una forte contrazione del PIL, la prima da oltre 40 anni, quantificabile in un -4,5%. Per il Brasile il calo previsto è del 9,1%, mentre per la Russia del 6,6%.

Sull’occupazione effetti catastrofici

I dati dell’Fmi sono stati incrociati con quelli dell’Organizzazione mondiale del Lavoro, e ne è venuto fuori un quadro che definire spaventoso non rende l’idea. Su IlSole24Ore leggiamo che “il calo delle ore lavorate nel primo trimestre 2020, rispetto al quarto 2019, è equivalente a 130 milioni di posti a tempo pieno. Per il secondo trimestre 2021, ci si aspetta la perdita di oltre 300 milioni di posti equivalenti”.

L’Fmi illustra quindi la situazione spiegando che “il colpo è stato particolarmente duro per i lavoratori poco qualificati, che non hanno la possibilità di lavorare da casa” e che particolarmente penalizzate sono state anche “le donne appartenenti a gruppi a basso reddito“.

Gli effetti del lockdown saranno un accentuamento delle diseguaglianze e una concreta minaccia al lavoro svolto nell’ambito della riduzione della povertà estrema. L’FMI afferma infatti che “oltre il 90% dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo registrerà un calo del reddito pro-capite nel 2020”.

Non bisogna sottostimare poi gli effetti della chiusura delle scuole in circa 150 Paesi del mondo, che comporta inevitabilmente anche una forte “perdita di apprendimento” per circa 1,2 miliardi di studenti, vale a dire il 70% del totale. Gli effetti saranno “sproporzionatamente negativi” sulle aspettative di realizzazione economica e professionale per i bambini che vivono in Paesi a basso reddito.

Impennata del debito e contromisure economiche

Gli effetti del lockdown sull’economia sarebbero potuti essere persino peggiori di così, se i Governi non avessero fatto ampio ricorso a “considerevoli contromisure” che sono state messe nel campo con l’appoggio delle Banche centrali.

Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, sono stati annunciati interventi per circa 11 miliardi di dollari, che sono stati distribuiti in maniera equa tra: maggiore spesa pubblica e minori entrate fiscali per 5.400 miliardi, e misure a sostegno della liquidità.

Si tenga conto del fatto che nei Paesi del G20 le misure di bilancio hanno raggiunto importi pari al 6% del Pil mediamente, contro il 3% del mese di aprile.

Inevitabile quindi un’impennata del debito pubblico, che raggiungerà, su scala globale, il picco storico del 101% contro l’83% del 2019. “L’elevato sostegno alla liqudità in alcune economie avanzate” tra le quali spiccano Italia, Francia, Regno Unito, Germania e Giappone, rappresenta un rischio per i conti pubblici secondo l’FMI.

In Italia si stimava inzialmente una crescita del debito pubblico che lo avrebbe portato intorno al 155%, mentre circa un paio di mesi fa si parlava del 159%, ma ormai si parla del 166%. Nel 2019 il Pil era stabile e tendente ad una seppur lieve riduzione, intorno al 135%.

In Germania il debito pubblico passa dal 60% del 2019 al 77% del 2020, in Giappone arriva al 268% mentre negli Usa si passa dal 108% al 141%, con un deficit che si attesta intorno al 23,8% del Pil.

Per la ripartenza evitare perdite brusche di reddito

Con l’allentamento delle misure restrittive nei vari Paesi che stanno uscendo dalla fase acuta della pandemia, l’FMI raccomanda un ritiro “graduale” delle misure di sostegno, sottolineando che bisogna evitare perdite brusche di reddito nella delicata fase della ripartenza.

Laddove il tessuto economico lo permetta, l’ideale sarebbe secondo il Fondo sostituire le misure di sostegno con l’espansione delle reti di protezione sociale a tutela dei soggetti ritenuti “più vulnerabili” e con interventi in ottica green.

Quello dell’ambiente è peraltro un tema che merita grande attenzione anche nel contesto dell’emergenza attuale, visto che con il lockdown si sono prodotti effetti inediti quanto a calo di emissioni di gas serra. Ed è qui che dall’Fmi arriva l’invito a cogliere l’opportuità per una svolta ambientale e per introdurre meccanismi multilaterali di tassazione dei combustibili fossili.

Serve inoltre una forte cooperazione multilaterale e di assistenza per i Paesi che dall’emergenza hanno subito i danni maggiori, sia in ambito sanitario che in ambito economico, andando loro incontro nelle difficoltà di rifinanziamento anche attraverso la cancellazione del debito.

L’FMI sottolinea quindi che da parte dei leader politici deve arrivare un segnale deciso su questioni come dazi e tecnologie, e che insieme ai disordini sociali diffusi le tensioni Usa-Cina rappresentano alcuni dei maggiori fattori di rischio.

Infine bisogna volgere lo sguardo al futuro “la comunità globale deve agire per evitare che la catastrofe si ripeta, costruendo scorte globali di forniture essenziali e dispositivi di protezione, finanziando la ricerca e rafforzando i sistemi sanitari pubblici, con la messa in atto di modalità efficaci per fornire soccorso ai più bisognosi” suggerisce l’FMI.

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