La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha preparato una bozza contenente le linee guida che potrebbero definire le modalità per il rientro a scuola a settembre. La riapertura sarà condizionata all’andamento del contagio, ma se, come sembra potersi sperare al momento, non si verificherà alcuna seconda ondata, le scuole riapriranno con partecipazione in presenza.

Per rendere possibile la riapertura nella bozza si parla di classi divise in piccoli gruppi, del sabato a scuola, dell’apertura pomeridiana, e della possibilità di tenere lezioni online ma solo per gli studenti delle scuole superiori. La bozza dovrebbe essere ufficialmente messa sul tavolo della Conferenza unificata nella giornata di domani, giovedì 25 giugno.

Sarà in questa occasione che le proposte del ministero dell’Istruzione passeranno al vaglio di Regioni ed enti locali, che con la collaborazione dei presidi e degli uffici scolastici territoriali, metteranno a punto e disporranno le linee guida per l’organizzazione dell’anno scolastico 2020-2021.

Toccherà ai tavoli territoriali che sono già stati istituiti oppure sono in via di istituzione, trovare nuovi spazi grazie ai quali, almeno in linea teorica, dovrebbe essere possibile far tornare gli studenti a scuola in presenza alla fine della stagione estiva.

I due scenari possibili

Come accennato, molto dipenderà dall’andamento della curva del contagio, con due scenari che potrebbero essere completamente diversi a seconda del verificarsi o meno della tanto temuta seconda ondata del Covid-19.

In generale quindi le linee guida del ministero dell’Istruzione partono proprio da questa distinzione. Nel migliore dei casi, quindi con la conferma degli incoraggianti dati sul contagio che stiamo vedendo nelle ultime settimane, si pensa ad una didattica in presenza, con distanza di sicurezza e mascherine semi-obbligatorie.

Si pensi ad esempio che fino ad un paio di settimane fa si ipotizzava invece l’obbligo delle mascherine per tutti gli studenti al di sopra dei 6 anni di età. Ora evidentemente si pensa a misure meno drastiche, e che auspicabilmente lascino cicatrici meno profonde nelle giovani menti.

Nel caso peggiore, ossia quello in cui si dovesse tornare ad un lockdown, si opterebbe per la soluzione della didattica a distanza 2.0, secondo quanto riportato da IlSole24Ore “con indicazioni centralizzate per evitare lo spontaneismo dei mesi scorsi”.

Dal momento che i dati ufficiali sono più che incoraggianti, per il momento ci concentreremo su questo secondo scenario, analizzando quelle che sono le linee guida trapelate dalla bozza del ministero dell’Istruzione.

Le linee guida del ministero sulla riapertura delle scuole a settembre

Per la riapertura delle scuole a settembre, nella bozza della ministra Lucia Azzolina, si parte dalle istruzioni che sono state fornite dal Comitato tecnico scientifico (Cts) e da quelle del ministero della Salute. Si ipotizza un quadro epidemiologico ancora sotto controllo, nel quale si ribadisce l’importanza di curare la propria igiene personale, prestando particolare attenzione alla disinfezione delle mani.

Altro punto importante quello della misurazione della temperatura coroprea prima di entrare a scuola. Nel caso di febbre, anche bassa, vale a dire con temperatura superiore ai 37.5°, scatta l’obbligo di rimanere a casa. Poi ci sono le norme sul distanziamento sociale da rispettare, pari a un metro se si sta in classe, salendo a due metri in palestra.

Da qui a settembre comunque il Comitato tecnico-scientifico potrebbe fornire ulteriori indicazioni a seconda dell’andamento della curva del contagio. Ad esempio quanto all’uso delle mascherine, che inizialmente veniva consigliato dal Cts come obbligatorio per tutti gli studenti dai 6 anni in su, ora invece potrebbe essere limitato agli spazi comuni, mentre in classe potrebbero essere tolte a patto che si rispetti la distanza di sicurezza. Proprio come deciso in Spagna appena qualche giorno addietro.

Vi è poi la questione del rispetto dell’autonomia scolastica, e si traccia l’adozione di una linea flessibile nei modelli organizzativi. Nella bozza redatta dal ministero troviamo infatti diversi scenari possibili, lasciando la scelta ai presidi. Si parla ad esempio di lezioni al sabato, classi divise in gruppi più piccoli, rientri pomeridiani, interclasse per affinità di materia, e per gli studenti delle superiori la possibilità di integrare le lezioni in presenza con quelle a distanza.

Il compito di attuare le inidicazioni del ministero dell’Istruzione spetterà poi ai tavoli regionali formati da uffici scolastici, enti locali e sindacati. Su IlSole24Ore leggiamo che si spera di “replicare il modello-maturità che a quanto pare sta funzionando grazie anche al coinvolgimento di Croce Rossa e Cts a cui dirigenti scolastici hanno sottoposto via via i loro dubbi”.

Le norme che verranno alla fine adottate passeranno comunque dal vaglio del tavolo nazionale di monitoraggio, che ha già fissato due priorità: non lasciare indietro gli studenti con disabilità e agire con rapidità.

Intanto, nell’attesa che il 14 settembre riaprano le scuole, la prima data da segnare è quella del 1° settembre, per la quale è previsto l’avvio delle attività di recupero per gli alunni promossi con una o più insufficienze.

Il problema degli spazi

Non è una questione di poco conto, visto che come è noto il patrimonio scolastico italiano è vetusto e inadeguato già alle esigenze di prima della pandemia di coronavirus. Non è difficile immaginare quindi quanto questa inadeguatezza di spazi e strutture rappresenterà un problema nell’ambito della riapertura condizionata al rispetto di determinati paletti ‘anti-contagio’.

Applicare il cruscotto informativo messo a punto dal ministero potrebbe diventare particolarmente difficile in alcuni casi, dove ad esempio ci si trovava ad affrontare il problema della classi sovraffollate. Ora si dovranno trovare nuovi spazi per forza di cose, e meno di non rinunciare alternativamente alla presenza della totalità degli studenti o al rispetto delle misure anti-contagio ritenute necessarie.

Le criticità maggiori dovrebbero essere concentrate in un 20-25% delle scuole superiori dei grandi centri, per risolvere le quali si punta sui patti di comunità e sull’autonomia delle scuole per rendere possibile l’utilizzo delle risorse presenti sul territorio.

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