Un dato fondamentale, quello dell’indice R0 (si legge erre con zero) in base al quale si può avere un’idea un po’ più precisa di quale sia l’andamento della pandemia. Se l’indice R0 è pari a 1, significa che mediamente una persona contagiata contagia un’altra persona, e proprio il valore pari a 1 rappresenta lo spartiacque tra la Fase 1 e la Fase 2.
“Il nostro R0 per il coronavirus è 0,75, sotto la media nazionale che è dello 0,80” annuncia con soddisfazione il vicepresidente della Regione Lombardia, Fabrizio Sala, mettendo in risalto “il comportamento dei Lombardi che si sono fermati con il lockdown e poi hanno ripreso l’attività, rispettando le misure. Perché non possiamo né morire di Covid né morire di fame. Dobbiamo reagire con la testa e i milanesi la testa la stanno usando”.
Dell’indice R0 si era parlato anche quando era stata diffusa la notizia, poi risultata falsa, che la Germania stesse facendo un passo indietro rispetto all’allentamento delle misure ristrettive proprio per via di un improvviso aumento del valore di R0 a seguito dell’avvio della Fase 2. In Germania l’indice R0 in realtà è stabilmente al di sotto di 1 già da metà aprile e non ha più superato, almeno ad oggi, quella soglia.
Ma torniamo all’Italia, dove stando a quanto riportato da Il Corriere, l’indice R0 è sotto 0,90 in tutto il Paese, ma dall’Istituto Superiore della Sanità precisano: “è più corretto parlare di Rt”. La differenza tra R0 ed Rt sta nel fatto che il primo dei due indici veniva usato soprattutto nelle prime fasi dell’epidemia, e si riferisce al numero medio di casi secondari generati da un infettore.
R0 che all’inizio aveva raggiunto un valore pari a 3 nelle regioni del Nord Italia, il che significa che in quella fase una persona positiva al coronavirus ne infettava mediamente altre 3. L’indice Rt invece è l’R0 nel tempo, cioè in seguito all’entrata in vigore delle misure restrittive per il contenimento del contagio.
Perché è così importante il valore dell’indice R0? Se scende al di sotto di 1 significa che il contagio sta diminuendo, almeno in teoria, perché purtroppo non si tratta di un parametro affidabile al 100%.
Ne hanno parlato gli stessi epidemiologi, come Alessandro Vespignani, che ha spiegato: “dietro questo benedetto R0 c’è una tale complessità previsionale che siamo un po’ come i meteorologi”. Il dato insomma tende ad essere affidabile fino a un certo punto, ed in questo caso diventa importante avere un elevato numero di tamponi effettuati, perché più alto il numero di test, più basso il margine di errore.
L’indice R0 tra l’altro non comprende gli asintomatici, quindi rischia di essere a maggior ragione un dato impreciso, ma è l’unico punto di riferimento per avere un’idea di quale sia l’andamento del contagio.
Ma quali sono i fattori che incidono sul tasso di contagio? Lo spiega Stefano Merler, epidemiologo della Fondazione Kessler. L’indice R0 può diminuire “per due fattori: per la mancanza di contatti tra le persone, e quindi grazie al lockdown. E perché aumenta il numero degli immuni, da guarigionse spontanea”.
Non è facile farlo scendere fino a raggiungere lo zero, spiega ancora l’esperto, ma si può riuscire a tenerlo sotto controllo. “Se sei a 0,5 puoi permetterti anche di raddoppiare i contagi. Fermo restando che non esiste una formula magica” spiega Merler.
In Italia nella Fase 2 attraverso un attento monitoraggio dell’andamento del contagio si è pronti ad intervenire a livello locale. “Verificheremo in pochi giorni un eventuale aumento, che comunque sarà contenuto. A quel punto si potrà intervenire a livello regionale, provinciale e per aggregati di Comuni”.
In Lombardia, la regione ampiamente più colpita dal coronavirus, l’indice Rt stando agli ultimi dati diffusi il 27 aprile dall’ISS è sceso a 0,53, però stando ai dati della Lombardia l’R0 della Regione è 0,75.
Come mai questa discrepanza? “I dati sono uguali” spiega il vicepresidente Sala “la differenza dipende dagli algoritimi usati. I nostri numeri sono frutto dell’elaborazione di nostri ricercatori e fanno una media degli ultimi tre giorni. Ma la sostanza non cambia. E cioè che i lombardi stanno reggendo bene. Ci sono quattro milioni di cittadini al lavoro. Solo il 60 per cento è però in movimento, segno che lo smart working sta incidendo positivamente”.
Legittimo domandarsi dunque se il fatto che una regione presenti un valore di Rt al di sotto della media nazionale autorizzi nuove aperture. “Sono scelte politiche” spiega Merler “ma teniamo presente che ci sono due fattori che vanno in direzione opposta: il numero di contagiati e quello degli immuni. In Lombardia è alto il primo, ma anche il secondo. La Basilicata ha pochi contagiati, ma se si sviluppasse l’infezione avrebbe una platea potenziale più ampia. Dunque bisogna bilanciare”.
Bisogna quindi necessariamente rapportare il dato anche al numero assoluto della popolazione a alla sua distribuzione sul territorio. Con un indice Rt più basso di 0,2 si potrebbe anche permettere gli spostamenti dei cittadini tra le regioni secondo il Governo, ma se guardiamo il quadro complessivo aggiornato ad oggi, vediamo che solo l’Umbria ha un indice Rt al di sotto di 0,2.
La Basilicata ha un Rt che si attesta su 0,35, mentre la provincia autonoma di Trento 0,42. Positivo però il fatto che le regioni siano tutte sotto la soglia di 1, il che indica che il contagio sta diminuendo, e se si continua così si spera insomma di poter tornare alla normalità il prima possibile.
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