Si tratta di una crisi senza precedenti, questo ormai è chiaro a tutti. Le conseguenze economiche della pandemia di coronavirus potrebbero essere disastrose per i Paesi dell’Ue, e quindi per l’Ue stessa.

Quello che stiamo affrontando è uno scenario completamente inedito, e altrettanto inedite saranno le conseguenze del lockdown cui gli Stati si sono sottoposti per contenere il rischio contagio da Covid-19.

Ed è così che quelli che fino ad oggi sono sempre stati punti fermi, dei veri e propri tabù, iniziano a vacillare. D’altra parte il passo appare obbligato, vista la situazione senza precedenti, le soluzioni ad essa non potranno che essere allo stesso modo senza precedenti.

Si parla allora dell’ipotesi Bad Bank, o quantomeno questo trapela da una indiscrezione di un paio di giorni fa arrivata al Financial Times. Secondo il prestigioso giornale, la Banca Centrale Europea starebbe valutando la possibilità di mettere in campo la “bad bank”.

In pratica la BCE in questo caso creerebbe uno strumento in grado di raccoglierebbe i crediti in sofferenza, i cosiddetti Non Paying Loans (NPL) delle banche europee, sia quelli che derivano dalla crisi finanziaria del 2008, che quelli che si apprestano ad accollarsi a causa della pandemia di coronavirus e dell’emergenza economica ad essa collegata.

Lo scopo della Bad Bank è quello di “ripulire” i bilanci dalle sofferenze. Si tratterebbe in Europa di circa 506 miliardi di NPL, una cifra che risulta dimezzata rispetto al 2016.

Il governatore della banca centrale greca, nonché membro del direttivo della BCE, Yannis Stournaras, ha dichiarato a tal proposito che “solo con una bad bank si può risolvere il problema degli NPL”. La proposta in realtà era già stata avanzata anni addietro, siamo al 2017, quando Andrea Enria, numero uno dell’EBA, autorità europea di vigilanza del settore bancario, aveva illustrato il concetto.

Ci sono però degli ostacoli, come è facile immaginare. Uno di questi è rappresentato dalle regole del bail-in. La prospettiva non entusiasma infatti alcuni Stati membri, né la Commissione Europea, che rinunciano malvolentieri alle regole cui sono vincolati gli aiuti di Stato, che prevedono un onere a carico di azionisti, obbligazionisti e correntisti oltre la soglia dei 100 mila euro, prima che si ricorra ad un intervento pubblico.

Secondo il noto quotidiano finanziario britannico però si tratterebbe di una ipotesi da non escludere, e afferma che la discussione potrebbe essere ripresa in ambienti europei.

La Commissione Ue però non ha perso tempo nell’escludere questa possibilità, spiegando, a proposito dell’ipotesi “Bad Bank” che l’Ue dispone già di un “ampio armamentario di strumenti e regole”.

Daniel Ferrie, un portavoce dell’Ue che ha parlato con il Financial Times del tema Bad Bank, afferma che la Commissione Ue ha già espresso parere contrario alla proposta della BCE.

“Abbiamo visto articoli di stampa sulla cosiddetta bad bank” ha spiegato il portavoce “confermiamo che la Commissione non sta lavorando a questo. Disponiamo già di un ampio armamentario di regole e strumenti per intervenire sulla resilienza degli attori dei mercati finanziari. Ovviamente la Commissione continua a monitorare da vicino l’impatto del coronavirus sull’economia reale e sulla finanza”.

C’è però un altro tabù che sembra a rischio, quello del debito incamerato dalla BCE. L’ipotesi che aleggia è quella di una possibile cancellazione dei debiti iscritti a bilancio della BCE. La Banca Centrale infatti, al 31 marzo scorso, ha acquistato titoli di Stato per un valore complessivo di 2.262 miliardi di euro attraverso il QE (Quantitative Easing).

Si tratta di una somma pari al 20% del PIL dell’eurozona, e tra questi ci sono anche 382 miliardi di euro di BTp. Christine Lagarde però, un paio di settimane fa, si è affrettata a smentire la possibilità che si attui un piano simile. La sensazione tuttavia è che, se la presidente della BCE ha sentito il bisogno di fare la precisazione, evidentemente l’ipotesi è stata effettivamente avanzata, anche se per il momento si tratta solo di supposizioni.

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