Per la prima volta in Italia il numero dei contagiati da Covid-19 è diminuito, e questo non può che farci pensare ad un domani senza coronavirus, e quindi alla ripartenza delle attività, degli spostamenti, e dell’economia. Ma come sarà la ripresa economica? Il punto di riferimento ora è la Cina, che per prima ha affrontato il virus, e per prima è ripartita.

La Cina è la seconda economia del mondo, la prima a ripartire dopo la pandemia, ed ora ha tutti gli occhi puntati addosso. Ci si aspetta di farsi un’idea di quanto sarà difficile ripartire per gli altri Paesi che ancora sono in quarantena, osservando in che modo le attività cinesi si normalizzeranno.

Secondo Steven Watson, Equity Portfolio di Capital Group, è improbabile che la ripresa avvenga in tempi brevi. “Pur rimanendo ottimisti, è troppo presto per affermare che la ripresa della Cina possa essere rapida” spiega l’esperto “Il suo ritmo di crescita già prima dell’epidemia da coronavirus era il più lento degli ultimi 30 anni: riteniamo probabile che possa registrare una crescita economica negativa per un altro trimestre, per poi evidenziare una leggera ripresa solo nella seconda metà del 2020“.

A giocare un ruolo chiave sarà la spinta dei consumi interni, secondo Watson, anche perché la domanda globale resta inevitabilmente ancora molto bassa. È anche vero che la Cina ora non dipende più così tanto dall’export, ma resta un aspetto tuttora importante della sua economia.

“Se la ripresa globale avvenisse oltre i quattro mesi attualmente stimati, potrebbero registrarsi numerosi fallimenti a livello globale, e la conseguente chiusura della capacità produttiva causerebbe significativi impatti sull’economia cinese” dice ancora Steven Watson “uno scenario nel quale la velocità della ripresa economica del Paese dipenderebbe dai consumi interni in una fase di debole crescita economica generale”.

La Cina però può contare in compenso su molte risorse che favoriranno la spinta dell’economia. Attraverso l’emissione di obbligazioni ad hoc può ad esempio finanziare la spesa necessaria per le infrastrutture, e può allentare le restrizioni sui prestiti, o ancora agevolare gli investimenti da parte di privati in proprietà e in capacità produttiva.

La Cina non dovrà per forza di cosa aumentare le tasse, ma potrà persino ridurle e promuovere rimborsi fiscali. Può anche sovvenzionare i consumatori a fondo perduto, e ridurre i contributi pensionistici, e tutto questo offre un margine decisamente più ampio per spingere la ripresa dell’economia.

Non è da escludere in questo contesto economico che la Banca Centrale Cinese (People’s Bank of China) possa valutare la possibilità di maggiori tagli del coefficiente di riserva obbligatoria e altre forme di allentamento del credito.

Dal canto suo il Governo, forte di un deficit di bilancio inferiore al 5% del PIL, può introdurre stimoli fiscali. “In particolare, ha imposto di recente alle banche di estendere i rimborsi dei prestiti in scadenza per le piccole e medie imprese in modo da attenuare i problemi di liquidità” sottolinea l’esperto di Capital Group.

In tutto ciò si inserisce il calo del prezzo del petrolio, che da un lato porterà dei benefici per l’economia cinese secondo Watson, visto che circa il 60% del greggio è importato e considerato che in questo modo potrà aumentare le sue riserve.

“Tuttavia le conseguenze negative dei bassi prezzi peseranno quasi esclusivamente sulle imprese di Stato fortemente incentrate sul petrolio” spiega ancora Watson, che poi conclude ricordando che “le quotazioni petrolifere ribassate renderanno meno competitivi i settori delle energie rinnovabili, come l’eolico e il solare, rallentandone in modo consistente la crescita”.

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