Chi non vorrebbe avere un posto fisso? Si tratta della massima aspirazione di qualsiasi comune cittadino italiano, che però da almeno una ventina d’anni a questa parte ha delle probabilità sempre più scarse di realizzare questo piccolo grande sogno.
Con il posto fisso si ha una fonte di guadagno sicura, almeno in teoria, si ha quindi la certezza di una entrata fissa e costante, non soggetta agli alti e bassi del mercato, sempre in teoria. E per molti questo è tutto ciò che si può desiderare. Una visione che negli anni è stata forse perfino idealizzata, e intanto diventava sempre meno concretamente realizzabile.
La ricerca del posto fisso ha col tempo lasciato spazio ad altri modi di approcciare al mondo del lavoro, per il semplice motivo che con la crisi economica degli ultimi anni la precarietà è diventata la regola, e il posto fisso l’eccezione.
Il posto fisso dunque è morto? Non è del tutto sbagliato affermarlo, e se non lo è probabilmente è solo questione di tempo. Un posto sicuro lo si trova ancora, certo, ma più che altro nell’ambito della Pubblica Amministrazione, mentre sono sempre meno le aziende che offrono una garanzia di questo tipo, molte più numerose quelle che stipulano contratti a tempo determinato.
Ma come mai è diventato impossibile trovare un posto fisso? Le motivazioni sono molteplici, ma vediamo di fare un’analisi più accurata e di capire quali sono le prospettive che il lavoratore, o aspirante tale, ha davanti a sé.
Il posto fisso è solo nel settore pubblico
C’è chi ritiene sia ormai solo nel settore pubblico che si possa arrivare ad avere il posto fisso, ed è sicuramente vero, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Ma se si considera un aspetto in particolare, quello dell’incertezza in cui navigano anche i dipendenti delle aziende più importanti, possiamo dire che è vero al 100%.
Il posto fisso all’interno di un’azienda, per quanto questa possa essere affermata e finanziariamente solida, non darà mai la certezza che invece si può avere con un contratto a tempo indeterminato nel settore pubblico. Continuerà ad esistere sempre il rischio che il datore di lavoro, sia esso piccola azienda o grande società, chiuda i battenti dall’oggi al domani, con buona pace del contratto a tempo indeterminato.
Un discorso che però non vale per chi il posto fisso lo ha conquistato 20 o 30 anni fa nella Pubblica Amministrazione, ma non tutti hanno questa “fortuna” e così la realtà è che il posto fisso di sicurezze ne offre senza dubbio, ma non così tante quante si era abituati a pensare fino a qualche decennio fa.
Gli alti e bassi del mercato, specie in epoca moderna, non offrono tante garanzie nemmeno a chi ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, che se l’azienda per cui lavora dovesse iniziare a navigare in cattive acque rischia di trovarsi disoccupato come, e forse anche più, di chi ha un contratto a tempo determinato puntualmente rinnovato alla scadenza.
La nuova normalità
Fino a qualche anno fa insomma la precarietà era l’eccezione, e il posto fisso la norma. La situazione oggi si è ribaltata completamente. Sono sempre più numerosi i lavoratori precari, mentre quelli con un contratto a tempo indeterminato una specie rara e apparentemente in via di estinzione.
Prima era diverso, esistevano pochi strumenti legislativi in grado di rendere davvero precario un lavoro, ma dal 2000 in poi le cose hanno preso tutt’altra piega. La precarietà oggi viene accettata come un fatto normale, spiacevole senz’altro, ma normale, e che lascia comunque spazio alla prospettiva di un cambiamento in meglio in un futuro sempre auspicabilmente prossimo.
La precarietà insomma è il “new normal” e chi vi si trova la accetta come una situazione temporanea appunto, immaginando che il passo successivo non sia la disoccupazione ma un contratto a tempo indeterminato, posti di lavoro permettendo.
Il problema della competizione coi mercati emergenti
Si tratta di un elemento di fondamentale importanza nell’analisi della situazione lavorativa di un Paese come l’Italia, che come gli altri Stati membri dell’Ue si trova a dover far fronte agli effetti della globalizzazione.
Sono effetti collaterali per il lavoratore, ma di certo rappresentano un traguardo invece per tutte quelle società che riescono in questo modo ad abbattere i costi dei propri prodotti.
La forza lavoro ha un costo, questo è chiaro, e se un imprenditore può accedere alla stessa forza lavoro a costi molto più bassi, cosa resa possibile nel mondo globalizzato in cui le barriere dei mercati sono state abbattute, di certo non esiterà a farlo.
Il risultato? I conti della compagnia che ha delocalizzato la produzione faranno un balzo positivo, e la manodopera nostrana, che ha un costo inevitabilmente più elevato, viene messa da parte, e per poterlo fare è necessario che il lavoratore sia precario, altrimenti tutto si complica. E il cerchio si chiude.
La minaccia rappresentata dal progresso tecnologico
Con l’evoluzione tecnologica arriva anche una maggiore instabilità nel mondo del lavoro. Le due cose vanno generalmente di pari passo, tant’è che si inizia a prospettare un futuro in cui l’intelligenza artificiale applicata ai robot sostituirà il lavoro svolto dall’uomo nell’ambito di una vasta gamma di mestieri.
In passato eravamo abituati all’idea che le macchine avrebbero sostituito le persone nei lavori più ripetitivi, ma adesso lo scenario che inizia a profilarsi all’orizzonte è alquanto differente, con una sempre maggiore presenza delle macchine nel mondo del lavoro. Un domani infatti potrebbero sostituire l’uomo nei lavori in cui è necessaria una interazione e una interpretazione di dati e informazioni.
Inoltre era proprio questo genere di attività che generalmente offriva un impiego a tempo indeterminato, il che non fa che rendere ancora più fosco lo scenario che potrebbe presentarsi in un futuro ormai prossimo.
Il progresso tecnologico quindi non rischia di ridurre ulteriormente la disponibilità di posti fissi, ma potrebbe minacciare diverse tipologie di mestieri, per i quali la manodopera dell’uomo sarà completamente rimpiazzata da quella delle macchine.
Alcuni esperti infatti ritengono che gli Stati dovranno iniziare a prevedere delle forme di sustentamento alternative al lavoro, in quanto proprio il lavoro, e non solo quello a tempo indeterminato, verrà svolto sempre più dalle macchine e meno dall’uomo.
L’approccio della legge italiana
Come viene affrontato questo cambiamento ormai in atto dallo Stato italiano? La parola d’ordine è flessibilità, ed è proprio questa la direzione imboccata dal legislatore, che per far fronte ad un mondo del lavoro che si evolve verso gli scenari sopra descritti, non può che correre ai ripari.
In Italia non solo cresce il numero dei lavoratori con contratto a tempo determinato, con una drastica riduzione invece dei nuovi contratti a tempo indeterminato, ma gli stessi contratti che rientrano in quest’ultima categoria, non offrono le garanzie che offrivano in passato.
Quel che sta succedendo in Italia quindi è che al datore di lavoro la legge garantisce un ampio margine per “sbarazzarsi” di un dipendente, che anche quando ha un contratto a tempo indeterminato non stringe in mano molte più certezze di chi ha un contratto a tempo determinato. Il risultato? Spesso la “flessibilità” che il mercato ci chiede si traduce in “precarietà”, e specie nelle regioni con un più alto tasso di disoccupazione il mondo del lavoro offre risposte del tutto insoddisfacenti.
Il posto fisso nella Pubblica Amministrazione
Se il posto fisso, anche per via di come la normativa disciplina i contratti a tempo indeterminato, sembra davvero una chimera, eppure nella Pubblica Amministrazione rimane una realtà concreta e tangibile.
Qualsiasi azienda può fallire e far crollare le certezze di un dipendente, che qualsiasi tipo di contratto abbia firmato con il datore di lavoro, rischia di ritrovarsi disoccupato. Lo Stato però non può fallire, almeno in teoria, e in ogni caso il rischio che un dipendente della Pubblica Amministrazione sia lasciato a casa è quanto mai remoto.
Può capitare che l’amministrazione a livello centrale spinga verso una riduzione del personale, ma le garanzie di cui gode un dipendente della PA gli assicurano che difficilmente si ritroverà senza un impiego.
Il posto fisso nella PA insomma è una strada ancora percorribile, eppure non solo è una strada che taglia fuori per forza di cose un buon numero di candidati, ma è anch’essa minacciata dal rischio precarizzazione.
In tal senso si sta muovendo qualcosa già da tempo, e sembra che anche per le amministrazioni pubbliche quella dei contratti a tempo determinato sia una prospettiva destinata a tradursi in realtà in un futuro non troppo lontano.
Le imprese su cui conviene scommettere per un posto di lavoro
Un posto di lavoro può arrivare alla fine di una ricerca lunga e spesso estenuante, e specie se si aspira ad un impiego in grado di offrire delle garanzie per il futuro, la strada si presenta particolarmente irta di ostacoli.
In un mercato globale in cui le certezze sono sempre meno, il posto fisso in una grande azienda è quanto di più si possa sperare di conseguire. Sono le grandi società, quelle con le spalle più larghe e un solido passato ad offrire le prospettive più interessanti anche in termini di sicurezza.
Scommettere sulle imprese più “ricche e famose” vale sicuramente la pena, se si hanno tutte le carte in regola per ambire ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ma raggiungere l’obiettivo non è certo facile, prima di tutto perché viene solitamente richiesto un basket di competenze non da poco, quindi alla laurea spesso è necessario avere un master da far valere.
In secondo luogo poi le candidature sono spesso veramente tante, e ci si trova davanti ad un collo di bottiglia che prevede una pesante scrematura. Una strada decisamente in salita insomma, a meno che uno non si accontenti di un impiego umile, ma in quel caso anche la grande compagnia offrirà un contratto a tempo determinato, e siamo punto e a capo.
Niente più posto fisso, niente più sicurezze, allora cosa fare?
Alla luce di quanto detto, possiamo sicuramente affermare che il posto fisso si avvia a scomparire, ammesso che non lo abbia già fatto, se non altro per le generazioni che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro.
È già ben difficile trovare un impiego quando si hanno poche ambizioni, se non altro è difficile trovare un impiego che permetta di condurre una esistenza dignitosa, per non parlare delle certezze, visto il dilagare della precarietà, quindi cosa resta da fare?
L’alternativa, per sbarcare il lunario ed iniziare a costruirsi un futuro, potrebbe essere quella di investire su se stessi. Le generazioni che sono nate e cresciute senza internet hanno convissuto per molti anni con l’idea che investire su se stessi abbia un costo, non solo in termini di tempo, ma anche di natura meramente economica, per ottenere le specializzazioni e le competenze necessarie perché la cosa porti i suoi frutti.
In realtà ora molto è cambiato e sono in tanti a cogliere opportunità che un tempo non si potevano neppure lontanamente immaginare. E queste opportunità sono quanto mai reali e concrete, ed è il mondo di internet ad offrirle. Così come è sempre internet ad offrire le soluzioni dal punto di vista della formazione, che un tempo si potevano trovare nei libri o in corsi specifici per i quali c’erano delle spese da sostenere.
Il posto fisso non c’è più, e spesso non c’è nemmeno un misero posto a tempo determinato, ed è così che molti cercano e trovano soluzioni alternative, a volte inventandosi un mestiere. Se trovare un posto fisso è diventato molto più difficile, al contempo è diventato molto più facile investire su se stessi creandosi da soli le proprie opportunità.
I vantaggi sono molti, a cominciare dalla libertà di gestire il proprio lavoro nei tempi e coi ritmi che si preferisce, senza contare che ci si può slegare dalle meccaniche proprie della globalizzazione, trovando la propria dimensione in opportunità strettamente legate alle proprie attitudini, e in quanto tali in grado di offrire maggiori soddisfazioni personali.
Libertà finanziaria e nuove opportunità
Inventarsi un mestiere non è facile, ci vuole inventiva, lungimiranza, e un po’ di fortuna non guasta. Ci sono però opportunità di ogni tipo, ed il trucco sta nel trovare quella che maggiormente si sposa con le proprie attitudini.
Il web offre spunti di ogni tipo, e a chi punta alla libertà finanziaria presenta tra le altre opportunità, quella del trading online. Non è una opzione che chiunque possa prendere in seria considerazione, in quanto presuppone una certa conoscenza dei mercati finanziari, e preferibilmente anche una netta predisposizione alla materia.
Per fare trading online bisogna prima di tutto dotarsi di una buona infarinatura generale. Per saperne di più prima di iniziare, consigliamo di leggere qualcosa su cosa sono i market mover, e come usare gli indicatori macroeconomici per fare trading. Da qui si può iniziare ad approfondire anche l’aspetto broker online, ed iniziare a conoscere realtà come Avatrade.
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