Poste Italiane può modificare retroattivamente il rendimento dei Buoni Fruttiferi Postali? A quanto pare sì, può farlo, ed è per questo che il correntista deve prestare molta attenzione ad alcuni importanti dettagli. Ma partiamo dall’inizio.

I Buoni Fruttiferi Postali

Viviamo in un periodo di particolare instabilità dei mercati finanziari, con il costante rischio di ritrovarsi a buttare denaro in investimenti negativi, ed è proprio per andare sul “sicuro” che molti risparmiatori italiani preferiscono “mettere i soldi alla Posta”, come si usa dire, e decide ad esempio di investire in Buoni Fruttiferi Postali, che offrono un livello di sicurezza, almeno in teoria, molto più elevato.

Nonostante i recenti episodi che hanno in parte offuscato l’immagine delle Poste Italiane agli occhi dei risparmiatori, come la multa da 24 mila euro che dovranno pagare per non aver corrisposto alcuni interessi dovuti, nonché la truffa di cui Poste Italiane stessa è stata vittima, il livello di fiducia degli Italiani non è ha troppo risentito.

Ultimamente c’è stata sì una certa flessione dei servizi, ma non così rilevante, e tra i prodotti che Poste Italiane offre ci sono ancora i popolari Buoni Fruttiferi Postali, negli anni passati in grado di rendere ai risparmiatori degli ottimi rendimenti a fronte di un rischio decisamente basso.

Perché scegliere i Buoni Fruttiferi Postali?

I risparmiatori che non vogliono rischiare, ma neppure mettere i soldi “sotto la mattonella” spessi decidono di optare per i Buoni Fruttiferi Postali, in primis perché sono garantiti dallo Stato in quanto emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Non solo, i Buoni Fruttiferi Postali non hanno costi di sottoscrizione e di rimborso, ad eccezione degli oneri fiscali, godono di una tassazione agevolata al 12,50% e non sono soggetti all’imposta di successione. E per concludere danno la possibilità al risparmiatore di riscuotere la somma investita in qualsiasi momento.

Purtroppo gli investimenti nei Buoni Fruttiferi Postali non sono più così fruttiferi. I rendimenti sono scesi e non è tutto, perché chi vi investe fa bene a prestare attenzione al modo in cui si muovono le Poste rispetto al loro valore. Ed è proprio questo il punto che è doveroso approfondire.

Poste Italiane può modificare il rendimento dei Buoni retroattivamente

Poste Italiane infatti può decidere unilateralmente, vale a dire senza attendere il consenso del correntista, di modificare il rendimento dell’investimento iniziale. E quel che è peggio è che tale operazione può essere eseguita anche retroattivamente e senza darne comunicazione al cliente.

Facciamo un po’ di ordine. I Buoni Fruttiferi Postali, come sappiamo, offrono un rendimento che aumenta all’aumentare della scadenza dell’investimento, ma può succedere che il tasso d’interesse peggiori, ed in quel caso cosa può fare Poste Italiane?

Le Poste possono decidere, unilateralmente appunto e senza dare esplicita comunicazione, di ridurre il rendimento dei Buoni e di applicarne l’efficacia anche rispetto al passato. Si parla in questo caso di una modifica che agisce retroattivamente, vale a dire sulle somme che ai risparmiatori spettano per Buoni che hanno già sottoscritto.

Ma questa operazione è lecita? La Corte di Cassazione dice di sì, ma con alcune limitazioni. Con una sentenza del 2019 stabilisce infatti che Poste Italiane può modificare il rendimento dei Buoni Fruttiferi Postali per chi li ha sottoscritti prima del 1986, mentre non può farlo per chi li ha sottoscritti successivamente, in quanto i Buoni sono in tal caso già adeguati alle nuove percentuali di interessi.

Qualora il titolo cartaceo in possesso del risparmiatore non sia stato adeguato ai nuovi tassi di interesse (cosa che si può verificare consultando la tabella che si trova sul retro del buono, dove sono riportati i vecchi tassi senza la modifica) scatta il diritto al rimborso e agli interessi come riportati sul retro del buono.

Cosa deve fare il consumatore per avere il rimborso?

Abbiamo visto cosa sono i Buoni Fruttiferi Postali e cosa può fare Poste Italiane per quel che riguarda i tassi di interesse. Per capire meglio a cosa rischia di andare incontro il risparmiatore, raccontiamo brevemente la vicenda che ha visto protagonista il signor Giobbe Mastellotto, che nel 1989 aveva acquistato due Buoni Fruttiferi da 5 milioni di vecchie lire.

Dopo 30 il signor Mastellotto ha riscosso i suoi buoni, che stando alle condizioni riportate chiaramente sul Buono stesso, aveva il diritto di incassare 61.719,45 euro per ciascun buono, per un totale che arrivava quindi a 123.438,90 euro. In realtà però tutto quello che Poste Italiane gli ha liquidato è stato 27 mila euro per buono, per un totale quindi di 54 mila euro in tutto. Il signor Mastellotto insomma si è visto decurtare la somma dovuta di oltre 68 mila euro.

Va da sé che tale prassi non piace ai risparmiatori, e purtroppo è invece ampiamente diffusa per tutti i Buoni Fruttiferi emessi fino al 1999, la cui riscossione spesso non rispecchia le caratteristiche riportate dietro al buono.

Ne è sorta una polemica molto accesa intorno al comportamento di Poste Italiane, e si è giunti poi alla decisione dell’Arbitro Bancario e Finanziario in seguito al ricorso presentato da una risparmiatrice che si è avvalsa della difesa dell’Unione Nazionale Consumatori Calabria proprio contro Poste Italiane.

È stato di fatto confermato quanto già stabilito dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale, vale a dire che i Buoni Fruttiferi Postali equivalgono a tutti gli effetti a contratti stipulati con gli utenti. Ed è così che la nostra risparmiatrice è riuscita a farsi liquidare da Poste Italiane la somma complessiva degli interessi così come stabilito dalla stampatura originaria del buono.

Sotto inchiesta quindi è la prassi che riguarda i Buoni emessi a decorrere dal mese di luglio 1986 fino al 1999. In questo caso infatti, anche se sul retro i buoni riportano chiaramente quali sono gli interessi maturati alla data di emissione, Poste Italiane spesso riconosce alla fine una somma nettamente inferiore. Una prassi che l’Unione Nazionale Consumatori ha definito “un brutto pasticcio di Poste Italiane”.

Come si è arrivati a questo modus operandi di Poste Italiane

Era il 13 giugno 1986 quando è entrato in vigore un decreto in seguito al quale le Poste avrebbero dovuto emettere buoni della serie Q. Tuttavia per un po’ di tempo hanno utilizzato ancora i vecchi moduli delle serie O e P nei quali venivano riportati dei tasi più vantaggiosi per il risparmiatore, ma di fatto non più applicabili.

La legge ha quindi consentito alle Poste di continuare ad usare, fino ad esaurimento scorte, i moduli della serie P, ma non quelli della serie O, e ad una condizione: dovevano essere apposti due timbri, uno sul fronte ed uno sul retro.

Alla fine dei conti però Poste continua a rimborsare, per ciascun buono, un importo inferiore a quello indicato sul modulo sottoscritto dal risparmiatore, e senza che lo stesso abbia mai ricevuto alcuna comunicazione nel merito della mancata corrispondenza tra le condizioni sottoscritte e quelle poi applicate con decisione unilaterale delle Poste.

Ecco chi può richiedere il rimborso e come richiederlo

Non tutti coloro che hanno sottoscritto Buoni Fruttiferi Postali tra il 1986 e il 1999 e hanno incassato meno di quanto stabilito originariamente dal contratto, possono ottenere il rimborso.

Per ottenere il rimborso la prima cosa da fare è controllare la data di emissione e la serie del modulo. Quando la data del modulo è antecedente il luglio 1986 le possibilità sono scarse, vista la sentenza della Corte di Cassazione di cui abbiamo parlato prima.

Se la data invece è successiva, e il modello utilizzato è della serie “O”, le probabilità che l’Arbitro Bancario Finanziario vi dia ragione sono decisamente buone. Mentre se i moduli utilizzati sono della serie “P” è fondamentale controllare che siano presenti i due timbri: “P-Q” sul fronte e sul retro la tabella di tutti i rendimenti relativi alla serie Q.

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