È passato poco meno di un anno da quando il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha dichiarato con evidente soddisfazione il conseguimento di un importante obiettivo, quello della considerevole riduzione del numero dei poveri in Italia grazie all’introduzione della tanto contestata misura del Reddito di Cittadinanza.
Una misura, è bene sottolinearlo, che in forme molto simili è già presente da anni in molti Paesi europei tra cui Germania, Francia, Regno Unito, Olanda, Belgio, Danimarca, solo per citarne alcuni. In Italia però di critiche ne sono arrivate molte e da tutte le direzioni, per una misura che alcuni leader politici come ad esempio Matteo Renzi e Matteo Salvini, vorrebbero abolire.
Ma il reddito di cittadinanza funziona? E se è vero che ha ridotto la povertà, quali sono i dati effettivi circa il numero di poveri in Italia? Alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle hanno affermato, a sei mesi di distanza dall’introduzione del Rdc, che la povertà in Italia non è stata abolita, ma almeno notevolmente ridotta.
Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, lo stesso leader del M5s Luigi Di Maio, attuale ministro degli Esteri, nonché il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, hanno dichiarato che, in base alle loro valutazioni, il reddito di cittadinanza ha di fatto dimezzato la povertà nel nostro Paese. I dati però sembrerebbero smentire queste affermazioni, e lo stesso presidente dell’Inps si è trovato costretto a correggere il tiro.
La povertà in Italia
In Italia purtroppo i dati relativi alla diffusione della povertà non sono particolarmente incoraggianti. Il quadro che ne emerge è che nella Penisola, a partire dalla crisi finanziaria del 2008, il numero dei poveri è notevolmente aumentato. Nel decennio seguente, gli Italiani che si trovano costretti a rinunciare ad un pasto adeguato o si trovano a patire il freddo, con problemi relativi anche alla possibilità di procurarsi semplici capi di abbigliamento, è salito da 2,5 a 5 milioni.
Le suddette condizioni indicano, secondo la definizione Istat, il livello di povertà assoluta, con un numero che, a quanto vediamo, è raddoppiato dal 2008 al 2018. Intanto il reddito medio delle famiglie è tornato ad essere quello degli anni ’90, e l’occupazione continua ad essere un serio problema soprattutto nel Meridione, con un numero di ore lavorate che è ancora al di sotto dei livelli del periodo pre-crisi. In parole povere è aumentato il numero di persone che lavora per un maggior numero di ore percependo però uno stipendio più basso.
A dicembre è stata anche pubblicata un’inchiesta di Internazionale, con la quale è stato descritto un quadro preoccupante. Negli ultimi anni infatti, secondo lo studio del noto giornale online, è diventato molto facile ritrovarsi in situazioni di emarginazione sociale o indigenza, per famiglie che facevano parte di quella che in Italia è considerata la classe media.
Tra i tanti casi, quello di un’impiegata part-time presso una biblioteca comunale di Palermo, che ha raccontato dei problemi economici cui è andata incontro la sua famiglia. Il marito che lavorava presso una catena di supermercati ha iniziato a percepire gli stipendi con mesi di ritardo, e questo ha reso impossibile dare garanzie al padrone di casa in merito alla puntualità del pagamento dell’affitto. La coppia si è trovata così costretta a condividere la casa con un’altra coppia di amici, e tutt’ora vive insieme a questa famiglia composta da 5 persone.
Rei e Reddito di Cittadinanza
Per molti anni in Italia si è fatto ben poco per contrastare la povertà, con una prima misura mirata approvata dal Governo Gentiloni nel 2017. Si trattava del Rei, uno strumento per il quale finanziamento sono stati stanziati 2 miliardi di euro, che è stato introdotto proprio per ridurre la povertà in Italia.
In seguito, con la nascita del primo Governo Conte, a guida 5 Stelle e Lega, i pentastellati sono riusciti a far approvare una misura ancora più ambiziosa per contrastare il problema della povertà: il reddito di cittadinanza, per il quale l’esecutivo giallo-verde stanziò circa 8 miliardi di euro.
Nei primi mesi del 2019, subito dopo l’approvazione del Reddito di Cittadinanza, in Italia c’erano grandi aspettative, soprattutto se si considera che nessun Governo prima aveva mai tentato l’introduzione di una misura così coraggiosa e complessa nella sua attuazione pratica.
Stando a quanto affermato dal premier Conte, dal ministro Di Maio e dal presidente dell’Inps Tridico, le aspettative sono state soddisfatte, ma non tutti sono d’accordo. Pasquale Tridico aveva affermato che la povertà assoluta, grazie al reddito di cittadinanza, è stata ridotta del 60 per cento, ma l’affermazione non trova un esatto riscontro nei dati.
Nel mese di novembre l’Inps ha realizzato uno studio sugli effetti prodotti dal reddito di cittadinanza sulla povertà in Italia, e in base a quanto emerso, la povertà relativa si sarebbe ridotta solo dello 0,8%, mentre non sono stati diffusi dati riguardo l’incidenza sulla povertà assoluta.
Secondo l’Istat in Italia gli individui che si trovano in una condizione di povertà relativa, che quindi guadagnano meno di una soglia stabilita in base alla media dei guadagni degli Italiani e al costo della vita, sono circa 9 milioni.
Gli Italiani che invece si trovano in una condizione di povertà assoluta sarebbero 5 milioni secondo la stessa fonte, e in quest’ultima categoria rientrano tutti coloro che non possono permettersi una serie di beni essenziali, come precedentemente descritto.
È quindi improbabile che, se il dato che indica una riduzione dei poveri relativi dello 0,8% è veritiero, il numero di individui in povertà assoluta sia calato del 60% in pochi mesi dall’introduzione del reddito di cittadinanza.
Il presidente dell’Inps ha poi ammesso di aver intrepretato il dato in maniera forzata. Si riferiva infatti a un altro dato, quello relativo al numero di persone che si trovano in condizioni di povertà assoluta che soddisfano i requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza. In questo caso infatti il numero di individui che in teoria possono percepire il sussidio è pari al 60% del totale.
La Banca d’Italia ha a tal proposito specificato che “la platea dei potenziali aventi diritto al reddito di cittadinanza coincide solo in parte con quella degli individui classificabili come ‘poveri assoluti'”. Inoltre secondo i più scettici, il fatto di percepire il reddito di cittadinanza non garantisce che chi lo percepisce riesca ad uscire dalla soglia di povertà assoluta, un’affermazione un po’ ardita se si considera che il reddito di cittadinanza garantisce un’entrata mensile di circa 700 euro, che per chi si trova in povertà assoluta significa quantomeno poter avere di che mangiare e di che vestirsi e un tetto sulla testa.
Molti di coloro che si trovano in una condizione di povertà assoluta non hanno però i requisiti per poter accedere al reddito di cittadinanza. Un discorso che vale ad esempio per buona parte dei cittadini extracomunitari che si trovano in Italia da pochi anni. Gli extracomunitari rappresentano infatti il 30% degli individui che si trovano in povertà assoluta in Italia.
Questo viene da alcuni considerato un grosso limite del Reddito di Cittadinanza, ma di certo non si può pretendere che il denaro pubblico, derivante quindi dalle tasse pagate dai cittadini italiani, venga utilizzato per far fronte alle esigenze di tutti gli immigrati presenti nel Paese, numero che come sappiamo è in costante e rapido aumento da anni.
In conclusione il Reddito di Cittadinanza è senza dubbio una misura che ha bisogno di essere perfezionata. Ma che nel suo insieme, anche grazie alla riorganizzazione dei Centri per l’Impiego, dovrebbe essere anche uno strumento per facilitare l’accesso al mondo del lavoro.
Una realtà però risulta innegabilmente chiara, e cioè che il Rdc può essere considerato solo un primo passo verso una politica più vicina alle fasce più deboli della popolazione, con una strada da percorrere che però è ancora molto lunga.
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