Con il taglio del cuneo fiscale ci saranno dei vantaggi evidenti per almeno 4 milioni e mezzo di lavoratori italiani. Infatti le loro retribuzioni cresceranno di 1000 euro l’anno per effetto dell’estensione del taglio del cuneo alle fasce di reddito che vanno dai 26.600 euro ai 35mila euro.

Potrebbe invece restare attivo il solo bonus Renzi per circa 9,4 milioni di lavoratori dai redditi che vanno dagli 8mila ai 26.600 euro annui. Il bonus di 80 euro potrebbe infatti restare così com’è oppure essere trasformato in detrazioni fiscali. Grazie ai 500 milioni di euro che il governo ha deciso di mettere a disposizione per la misura, al bonus Renzi per questi lavoratori potrebbe aggiungersi solo una somma che oscillerebbe tra i 40 e i 50 euro annui.

Nessun vantaggio invece per i cosiddetti incapienti. Circa 4 miloni di persone per le quali sono però operative altre misure tra le quali il reddito di cittadinanza, in grado di intercettare una fascia piuttosto ampia appartenente a questo gruppo.

Questo quanto emerso dalle prime stime dei tecnici del Mef e del ministero del Lavoro in merito all’impatto del taglio del cuneo fiscale sulle varie fascie della popolazione. Il taglio del cuneo, cioè della differenza tra il lordo e il netto percepito dal lavoratore in busta paga, sarà introdotto con la Legge di Bilancio e inciderà nella misura di 2,8-3 miliardi di euro per il 2020, che diventeranno poi 5,5 miliardi nel 2021.

Il titolare del Ministero di Economia e Finanza, Roberto Gualtieri, ha già discusso del taglio del cuneo fiscale coi leader dei sindacati Cgil, Cisl e Uil il 14 ottobre. Presenti all’incontro anche la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta, i quali hanno comunicato l’intenzione di aumentare la dota di circa 500 milioni di euro rispetto a quanto previsto dalla Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef).

Per Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria “occorre guardare in un orizzonte di medio termine perché è un primo passo e non basta”. Con queste parole ha commentato il lavoro fatto fino ad ora sul taglio del cuneo fiscale “bisogna affrontare il nodo infrastrutturale usando le risorse già disponibili” ha aggiunto Boccia “questa è la sfida che abbiamo davanti a noi.”.

Poi a margine del Premio Anima, Boccia ha sottolineato che è fondamentale avere “una visione di medio termine della manovra” nonché “attivare i cantieri quanto prima, per fare una politica anticiclica coerente con la politica monetaria europea”.

Si fa strada di nuovo l’ipotesi quindi di rimodulare gli 80 euro di Renzi, facendoli diventare detrazioni fiscali da estendere ai lavoratori con reddito annuo fino a 35mila euro. Si tratta di un’ipotesi che amplierebbe la platea dei lavoratori che beneficerebbero del taglio del cuneo fiscale, visto che l’asticella era stata fissata nelle precedenti ipotesi ventilate a 26.600 euro annui.

A beneficiare del taglio del nucleo fiscale, se dovesse prevalere questa linea, sarebbero circa 4 milioni e mezzo di lavoratori in più. Questo sarebbe infatti il totale dei lavoratori che percepiscono un reddito annuo compreso tra i 26.600 e i 35mila euro.

Un beneficio che inizierebbe a presentarsi a luglio del prossimo anno, incidendo in maniera diversa a seconda della fascia di reddito cui appartiene il lavoratore. Mediamente si calcola che nel 2020 il beneficio derivante dal taglio del cuneo fiscale si tradurrà per ciascun lavoratore in 500 euro in più su base annua, mentre per il 2021 la cifra diventerebbe quella di 1000 euro grazie anche a maggiori risorse a disposizione.

L’altra ipotesi invece, quella di includere tra i beneficiari del taglio del cuneo fiscale anche gli incapienti sembra allontanarsi progressivamente. Su Il Sole 24 Ore si legge che in questo caso, sempre secondo i tecnici “la detrazione avrebbe potuto agire sotto forma di credito da incassare in sede di dichiarazione dei redditi o di conguaglio annuale da parte del sostituto d’imposta”. Una soluzione che sembrerebbe destinata ad essere accantonata anche perché considerata troppo complessa.

Non sarà probabilmente possibile nemmeno detassare al 10% gli aumenti dei contratti rinnovati nel 2020. Questa era una proposta dei sindacati che la stessa Catalfo appoggiava, ma le probabilità che veda la luce sono molto basse per via dei costi eccessivi che comporterebbe.

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