Il governo di Teheran ha annunciato che entro il 27 giugno la produzione di uranio a basso arricchimento supererà la soglia stabilita dagli accordi sul nucleare del 2015, violando di fatto detti accordi. Una notizia che per gli Stati Uniti suona come un avvertimento, specie se si considera che solo pochi giorni fa, i già precari rapporti tra lo stato islamico e la Casa Bianca sono stati ulteriormente aggravati dal controverso attacco alle petroliere nelle acque del Golfo Persico.
Ma vediamo di fare un po’ di ordine. Gli accordi che l’Iran si accinge a violare sono stati stipulati nel 2015 con Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito, Russia e Cina. Tali accordi denominati Piano d’Azione Globale Congiunto (Jcpoa),fissano dei limiti alla proliferazione nel campo dell’energia nucleare dei Paesi firmatari.
Gli USA poi, nel maggio del 2018, si sono chiamati fuori con decisione unilaterale. Quindi i Paesi che rispettano ancora le clausole di quegli accordi sono i restanti 6, tra cui l’Iran. Ora però il portavoce dell’organizzazione iraniana per l’energia atomica, Behrouz Kamalvandi, ha comunicato che entro i prossimi 10 giorni, Teheran violerà gli accordi sia producendo uranio arricchito, sia superando il limite dei 202,8 kg delle scorte di uranio impoverito.
I motivi che spingono il governo iraniano a seguire questa strada sono probabilmente di duplice natura. Prima di tutto Teheran chiede che vengano rispettati alcuni termini dell’intesa, ed esige quindi dai Paesi rimasti di soddisfare le sue richieste in ambito petrolifero e bancario per bilanciare gli effetti negativi delle sanzioni che il governo di Trump ha ripristinato contro l’Iran.
“Gli Europei o non vogliono fare qualcosa o non sono capaci di farla” ha dichiarato Kamalvandi. Il quale ha poi comunicato che è stato “quadruplicato il ritmo di arricchimento e accelerato ancora la produzione, quindi in 10 giorni supereremo il limite consentito di 300 chili.”
Il secondo motivo alla base della decisione di superare le soglie imposte dagli accordi di Jcpoa sarebbe riconducibile a un “bisogno della nazione” secondo quanto riferito dallo stesso Kamalvandi. L’Iran avrebbe infatti bisogno di Uranio arricchito al 5% per la centrale nucleare di Bushehr, ed arricchito al 20% per un reattore con scopi di ricerca scientifica situato a Teheran. Ricordiamo che il limite stabilito dagli accordi in merito al livello consentito di arricchimento dell’uranio è del 3,67%.
Abbas Mousavi, portavoce della diplomazia iraniana ha dichiarato: “nonostante i tanti discorsi e le dichiarazioni politiche, gli Europei non hanno ancora rispettato i loro impegni nel quadro del Jcpoa e quelli annunciati dopo il ritiro illegale degli Stati Uniti dall’intesa.”
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