Chi è solito fare trading online sul petrolio può trovare nell’attuale dinamica delle quotazioni oil, l’occasione per aprire una posizione a sconto puntando poi su un successivo riapprezzamento dei valori. La strategia long sul prezzo del petrolio può essere implementata usando broker CFD come ad esempio eToro che consentono di iniziare ad operare con un deposito minimo di soli 50 dollari (scopri tutto sul sito ufficiale>>>clicca qui).
Se teoricamente il long trading sul petrolio sembra essere la scelta più spontanea, praticamente è fondamentale comprendere se ci sono le condizioni per una ripresa dei valori. Proprio questo sarà l’obiettivo del nostro post. Ovviamente non possiamo parlare di previsioni sul prezzo del petrolio se prima non analizziamo i motivi alla base del crollo dei valori ossia le ragioni per cui, teoricamente, fare long trading sul petrolio in questa fase, potrebbero essere una strategia da considerare.
Perchè prezzo del petrolio è crollato?
La quotazione petrolio ha aperto la nuova settimana con un nuovo ribasso che non fa altro che rafforzare la tendenza al rosso emersa negli ultimi mesi. Mentre è in corso la redazione del post, il prezzo del Brent segna un calo dello 0,9 per cento a quota 94,24 dollari al barile. In flessione anche il valore del greggio WTI che registra un ribasso dello 0,5 per cento a 88,95 euro.
A prescindere dai numeri (ben sintetizzati dal grafico in alto), è evidente che le quotazioni petrolifere siano sempre ai minimi degli ultimi sei mesi. Il rally in area 130 dollari al barile segnato all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, sembra essere un lontano e sbiadito ricordo.
I motivi del consolidamento della tendenza ribassista sul petrolio sono sempre gli stessi. Tanto per iniziare ci sono i venti di crisi che soffiano dalla Cina. Nella notte la Banca Centrale Cinese ha deciso di tagliare i tassi sui prestiti con l’obiettivo di rilanciare la domanda. La mossa è arrivata a seguito della pubblicazione di debolissimi dati macro su attività di fabbrica e vendite al dettaglio nel mese di luglio. Entrambi i market mover sono stati vittime sacrificali della “strategica” politica zero covid che è seguita dalle autorità cinesi (con obiettivi geopolitici e di controllo sociale piuttosto che sanitari).
Le tensioni cinesi si sono affiancate ai tanti altri fattori negativi che impattano sul prezzo del petrolio oramai da tempo. Non ci riferiamo solo ai venti di recessione in Usa e Europa ma anche al quadro mediorientale. I traders, infatti, sono alle prese con la valutazione dei colloqui che sono in corso per rilanciare l’accordo nucleare iraniano del 2015. Stando agli esperti se la Repubblica Islamica e gli Usa dovessero accettare la proposta dell’Unione Europea su una nuova intesa finalizzata a rimuovere lo stop all’export di greggio iraniano, ci sarebbe più petrolio sul mercato con conseguente ulteriore calo dei prezzi. A proposito di produzione, la Libia starebbe immettendo più greggio rispetto ai mesi scorsi e anche negli Usa la produzione totale di scisto è in aumento.
Tirando quindi le somme: come affermato da Sean Lim, analista di RHB Investment Bank Bhd, le quotazioni petrolifere sono costantemente rese pesanti dalle prospettive macro più deboli a causa dei dati macro cinesi deludenti e delle prospettive di una nuova fornitura di greggio dall’Iran. A tutto questo si deve poi aggiungere il contesto generale che è zavorrato dal rischio recessione.
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