Tra le materie prime che hanno performato peggio nell’ultimo anno c’è il rame. Come si può vedere dai grafici, il valore di questa commodity ha registrato un ribasso di ben l’11 per cento negli ultimi 12 mesi attestandosi ora a quota 8.400 dollari a tonnellata. Un trend che è quasi sorprendente se si tiene conto che il rame, come alcuni altri metalli specifici, è fondamentale nel processo di elettrificazione che è a sua volta è uno dei perni delle politiche di transizione energetica.
In pratica è come se il nuovo driver strutturale della domanda di materie prime nel lungo termine, ossia il passaggio green, sia tale solo in teoria visto che nella pratica quelle stesse commodities che più di tutte dovrebbero beneficiarne, come il rame, in realtà non traggono alcun sostegno.
E il fatto che il “problema” non sia limitato solo al metallo rosso la dice lunga sulla distanza tra narrativa teorica e mercati reali. Un dato su tutti per meglio comprendere questo passaggio: l’indice Basic Resources Europe, che comprende i più importanti operatori minerari quotati, nel mese di dicembre è crollato ai minimi degli ultimi 20 anni mandando a farsi benedire ogni ipotesi di sostegno da parte del mega trend della transizione energetica. Come si può quindi spiegare questa anomalia che riguarda il rame tutte le altre materie prime fondamentali per i processi di elettrificazione previsti della svolta green?
Perchè il prezzo del rame è crollano nell’ultimo anno?
Ad occuparsi delle ragioni alla base del forte ritracciamento del rame e più in generale del crollo dell’indice Basic Resources Europe è stato Marco Mencini, head of research di Plenisfer Investments. Secondo il manager questa situazione è sicuramente sorprendente vista la centralità del metallo rosso nei processi di elettrificazione ma non è uno scandalo.
Il punto è che il rame ha subito le conseguenze della mancata ripartenza strutturale dell’economia cinese. Il segmento reale estate di Pechino che da solo copre il 50 per cento della domanda globale di rame, non ha registrato alcun rilancio come invece era auspicato da molti analisti. Dietro il crollo dell’11 per cento messo a segno dal prezzo del rame nell’ultimo anno, quindi, c’è la crisi del mercato immobiliare cinese. Essa ha pesato molto di più delle lusinghe sulla transizione energetica che invece vengono viste lontane se non addirittura velleitarie. Certo ad impattare negativamente sul rame nel 2023 è stati anche l’equilibrio sostanziale tra domanda e offerta di rame, tuttavia il peso primario è stato esercitato dai noti problemi del reale estate cinese.
Il 2024, da parte sua, non si è aperto nel migliore dei modi anzi lo scenario migliore è quello di una conferma del trend già emerso l’anno precedente anche se il sospetto è che possa addirittura esserci un peggioramento. Il 2024 potrebbe addirittura essere il primo anno all’insegna di deficit dell’offerta di rame. Si tratta di una prospettiva che smentisce le previsioni circolate nei mesi scorsi in merito alla possibilità che il 2024 potesse essere un anno caratterizzato da un eccesso di offerta. Praticamente, stando a quelle che sono le indicazioni di gennaio, non è da escludere che la dinamica nel rapporto tra domanda e offerta di rame possa essere antitetica rispetto a quanto messo in preventivo. A preoccupare sono una serie di notizie circolate con molta insistenza nelle ultime settimane:
- la cancellazione della concessione assegnata a Panama First Quantum, filiale della multinazionale canadese First Quantum Minerals, sulla quinta miniera al mondo per volume di rame estratto.
- il taglio della produzione del 20 per cento di rame e palladio da parte della Anglo American
- il taglio della produzione del 10 per cento annunciato da Escondida in Cile
Tutti questi fattori potrebbero avere un peso molto significativo sulla dinamica del rame per il 2024.
Target prezzo rame molto lontano dalle quotazioni attuali
Alla luce di queste premesse non è da escludere che il 2024 possa essere un anno di crescita del deficit domanda e offerta soprattutto se la richiesta da parte del mercato cinese dovesse aumentare. Non ci sono dubbi sul fatto che la crescita della domanda di rame sia fortemente collegata al PIL nel lungo periodo. Di conseguenza se lo scenario medio è quello di una crescita del PIL globale del 2 per cento, allora la domanda di rame potrebbe salire del 4 per cento all’anno per i prossimi 10 anni.
Il target price del rame è oggi nel range tra 12.000 e 13.000 dollari a tonnellata, decisamente lontano da quelle che sono le attuali quotazioni del metallo rosso. Alla luce di questo prezzo è probabile che le società di estrazione possano alla fine decidere di continuare ad usare i flussi di cassa per offrire un ritorno sul capitale invece che investire in nuove miniere. Secondo Mencini solo un rialzo dei prezzi potrebbe spingere le compagnie ad avviare nuovi progetti. Il punto è che la risalita del prezzo del rame dovrebbe essere strutturale per incentivare l’offerta o per disincentivare la domanda permettendo così al mercato di trovare un suo equilibrio.
Lo scenario più probabile è che il rame possa davvero arrivare ai valori obiettivo indicati dagli analisti ma solo sul lungo periodo mentre nel medio termine lo sviluppo più plausibile è all’insegna della volatilità con una serie di alti e bassi ciclici.
Per approfondire leggi — Previsioni Rame 2024: come fare trading nei prossimi mesi
Come investire sul prezzo del rame: CFD e ETF
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