Le prospettive dell’inflazione continuano ad animare il dibattito tra gli investitori. Se fino a poche settimane fa era opinione diffusa che l’indice dei prezzi al consumo a livello globale fosse destinato a crescere ancora, adesso la prospettiva sembra essere molto più dolce. L’inflazione continua continua ad essere un problema (anche perchè al suo andamento sono legate le decisioni di politica monetaria delle banche centrali), tuttavia è plausibile che la dinamica possa aver raggiunto il suo picco massimo.
Ad essere convinti di questa situazione sono gli analisti di Berenberg i quali hanno analizzato i tassi di inflazione relativi alle 40 maggiori economie mondiali. La media, hanno calcolato gli esperti, è pari al 40 per cento che è il livello più alto dal 1982 (giusto per avere un metro di riferimento è sufficiente considerare che nel 2021 la media era all’1,7 per cento).
Secondo gli esperti, l’intero mondo alle prese con un forte shock inflazionistico per una serie di motivi. Ben il 90 per cento dei Paesi finiti nel monitoraggio di Berenbeg evidenzia una tendenza al rialzo dell’inflazione. Guardando ai precedenti storici, gli analisti hanno scoperto come a partire dagli anni 70 solo in tre altre occasioni ci sia stato un superando del muro del 90 per cento: a febbraio 1974, a marzo 1980 e a luglio 2008. Ebbene la storia dice che l’inflazione mediana globale ha toccato il suo picco entro 1 massimo 2 mesi dal superamento del 90 per cento. Questa indicazione è in linea con l’attuale posizionamento dei segnali di prezzo che sembrano prospettare un calo brusco del tasso di inflazione nel corso del 2023.
E in effetti, tanto in Usa quando in Europa (ma non in Italia), le ultime letture sull’IPC hanno rivelato un rallentamento dei prezzi. L’indice è infatti tornato su livelli che mancavano da diversi mesi. Ovviamente la frenata del rally dell’inflazione in Usa ha rilanciato le aspettative positive sull’indice azionario S&P 500.
Da ciò si deduce che è tempo di tornare ad investire in borsa o è meglio adottare un approccio più calmo? Contrariamente a quello che si può ipotizzare, è preferibile non lasciarsi trasportare da un eccesso di ottimismo. Le indicazioni che arrivano dal campo e che Berenberg ha messo a fuoco sono molto contrastanti.
I precedenti storici dicono che nel 1974, i mercati azionari americani hanno segnato un ribasso del 27 per cento nei mesi successivi al raggiungimento del picco dell’inflazione. Ancora nel 1980, i mercati azionari statunitensi hanno segnato un aumento del 21 per cento ad un anno dal picco di inflazione mentre mentre 2008 c’è stata la reazione opposta con in calo del 36 per cento.
Se però si allarga il frame temporale a due anni dal raggiungimento del segnale iniziale di picco dell’inflazione, allora la flessione media è stata del 3 per cento con un intervallo compreso tra +6 per cento e un rosso del 15 per cento.
Cosa si deduce da questi numeri? Poco o nulla. Sicuramente non si deduce che dopo il picco di inflazione, i mercati riprendano a correre ad occhio chiusi.
Operativamente, quindi, è bene restare prudenti perchè i mercati azionari, anche dopo il raggiungimento e il superamento del picco di inflazione, si ritroveranno a navigare in mare avverso. La strada per la ripresa resta quindi lunga.
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