Chiunque investe sui mercati si sarà chiesto almeno una volta se esiste o meno un rapporto di correlazione tra azioni e obbligazioni. Si questo sito ci siamo spesso occupati delle correlazioni esistenti tra i più importanti asset (ad esempio petrolio e dollaro). Adesso è arrivato il momento di analizzare se c’è un legame tra i titoli e i bond. 

La questione è stata al centro di un rapporto di Candriam Capital. L’analisi degli esperti non è arrivata in un momento qualsiasi ma in una fase molto complessa per tutti i mercati globali. 

Nelle ultime settimane un vero e proprio terremoto si è abbattutto sul mondo degli investimenti. Lo scoppio della guerra in Ucraina, le sanzioni occidentali contro la Russia, il boom dell’inflazione e la decisione della FED di iniziare comunque il previsto (e sempre più impellente) aumento dei tassi di interesse, hanno causato molte tribolazioni nella psiche del trader. 

In questo contesto, azioni e obbligazioni hanno reagito in modo del tutto divergente. Nel mese di marzo, infatti, l’indice S&P 500 ha messo a segno una performance del 7 per cento. Il recupero del più importante paniere della borsa Usa è stato inteso come ritorno di un certo ottimismo sui mercati. Mentre sull’azionario si concretizzava questo trend, il rendimento dei Treasury a 10 anni registrava un rialzo di ben 72 punti base arrivando al 2,50 per cento. La spinta in avanti provocava una inversione della curva dei rendimenti 10y/2y e 5y/30y. Tale fenomeno è stato inteso da molti analisti come il segnale concreto sull’imminente arrivo di una nuova recessione in Usa

La domanda che gli esperti di Canbriam si sono posti è la seguente: si possono conciliare queste due traiettorie? Secondo Thibaut Dorlet, il rally dei Treasury è stato supportato dall’impatto di un’inflazione più persistente e dall’adozione, da parte della FED, di un atteggiamento da falco. 

Tali dinamiche, ha poi aggiunto l’analista, solitamente non sono favorevoli alle azioni. Tuttavia, pur in un contesto caratterizzato da tassi nettamente più alti e da più forti pressioni inflazionistiche legate ai prezzi degli asset obbligazionari, la propensione al rischio per le azioni di Wall Street ha evidenziato un forte aumento. 

Nella ricerca è stato posto l’accento sull’andamento dei afflussi d’investimento che, nonostante tutto, si sono ancora una volta indirizzati verso le azioni USA. Queste ultime nel mese di marzo sono cresciute del 6,9 per cento. Parallelamente le stime di crescita dell’EPS 2022 sono state leggermente riviste al rialzo dagli analisti passando al 9,7 per cento.

Secondo l’esperto di Candriam, il divario che c’è tra le asset class ha effetto sullo spread tra la volatilità delle azioni e quella dei Treasury che infatti è arrivata ad un massimo pluriennale.

Ebbene tale situazione è espressiva del focus prevalente dei mercati sul recente rialzo dell’inflazione che ha spinto i Treasury americani a prezzare ulteriori rialzi, tutto questo mentre le azioni hanno beneficiato degli afflussi positivi visto che forniscono copertura contro l’inflazione. 

A questo punto per i mercati azionario, sarà decisiva la capacità della FED di riuscire a portare l’inflazione al 2 per cento garantendo un soft landing. Secondo Dorlet, però, considerando la scarsa visibilità sulla crescita globale e sulle pressioni inflazionistiche, la Federal Reserve non sembra avere tutto questo grande margine di manovra, anzi!

Cosa si può dedurre da questa analisi condotta da Canbriam. Semplicemente che, almeno in questa fase, tra mercati azionari e obbligazionari non c’è alcuna connessione. Anzi, a voler essere più precisi le azioni e i bond sembrano essere sconnessi. 

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