Prezzi del petrolio nuovamente in rialzo nella sessione di oggi 1 marzo. La sensazione che le trattative tra Russia e Ucraina non abbiano portato a nulla di concreto (oltre agli ultimi aggiornamenti sulla guerra combattuta) ha riportato in alto la quotazione petrolio.

Risultato è che questa mattina il Brent è tornato sopra i 100 dollari al barile mentre il contratto sul WTI scambia in area 97 dollari. Nel primo caso, in particolare, la progressione rispetto al dato precedente, è pari ad oltre il 2,5 per cento.

E’ evidente che, se non ci dovessero essere segnali positivi dal campo, il rally dell’oil non potrebbe che proseguire. Del resto, secondo una recente analisi di Goldman Sachs, nel giro di un brevissimo lasso di tempo, contratto sul Brent potrebbe agganciare i 120 dollari al barile. Una evoluzione che può essere sfruttata per impostare strategie rialziste sul prezzo del petrolio.

A tal proposito ricordiamo che chi non ha molta pratica con questo asset può comunque investire grazie a strumenti molto avanzati come ad esempio il Copy Trading eToro grazie al quale è possibile copiare le strategie dei traders più bravi sull’oil. A mettere a disposizioen gratuitamente questa funzionalità è il broker eToro che offre la demo gratuita per imparare ad usare lo strumento. 

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Inizia la fuga delle big del petrolio dalla Russia

Oltre alle novità dal fronte, alla base della nuova impenneta del prezzo del petrolio c’è anche la notizia della fuga dei big mondiali del settore oil dalla Russia. Prima la britannica BP e poi la norvegese Equinor, hanno reso noto di aver venduto le diverse partecipazioni detenute in Russia per un valore pari a 2,8 miliardi di euro. British Petroleum, in particolare, ha reso noto di aver vednuto il 20 per cento della partecipazione detenuta nel colosso oil russo Rosneft dal 2013.

Secondo Artem Abramov, analista di Rystad Energy, le più importanti società di società di E&P e i principali fornitori di servizi che hanno un’esposizione alla Russia dovranno ora fare i conti con una forte pressione per ritirare gli investimenti dal Paese. Non è da escludere che, anche nei prossimi giorni, possano esserci altri annunci oltre a quelli di BP e di Equinor. 

Banche russe escluse dallo SWIFT

Altro fattore che, come affermato da Goldman Sachs, potrebbe spingere il prezzo del petrolio a oltre 120 dollari al barile nel giro di poco tempo, è l’esclusione di alcune banche russe dal sistema di pagamenti internazionale SWIFT. Come messo in evidenza da alcuni analisti, le banche russe senza accesso allo SWIFT avranno serie difficoltà a comunicare con le controparti internazionali, anche con la stessa Cina. Secondo la Reuters, l’esclusione renderà i commercio e le transazioni molto più costosti. 

A proposito di banche, appena ieri la Banca Centrale Europea ha reso noto che Sberbank Europe, una divisione del colosso bancario russo Sberbank, sta già fallendo o probabilmente fallirà a seguito dell’introduzione delle sanzioni alla Russia. 

Ad oggi non è ancora chiaro quali sono le banche russe che sono finite nel mirino dell’Europa. Se nella lista ci dovessero essere anche i colossi come VTB e Gazprombank, per l’economia russa sarebbe un disastro. 

Tutto questo non potrebbe che spingere ancora più in alto il prezzo del petrolio. Una dinamica che, come abbiamo accennato in precenza, può essere cavalcata operando attraverso i CFD. 

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Trader comprano milioni di barili di petrolio russo

In questo contesto molto incerto c’è da segnalare che alcuni trader di materie prime e grossi operatori del settore hanno ripreso a comprare petrolio russo. Tra questi c’è anche PKN Orlen, la più grande raffineria della Polonia, che avrebbe comprato ben 700 mila barili di greggio Urals, il petrolio di riferimento del mercato russo. Anche Trafigura, uno dei più grandi trader di materie prime al mondo, è sceso in campo prenotando una nave cisterna con una capacità di 1 milione di barili di petrolio.

Questi dati dimostrano che il petrolio russo può generare profitti molti alti anche se i trader sono consapevoli che dovranno fare i conti anche con gli spedizionieri e con le stesse banche occidentali che sono molto caute ad autorizzare transazioni di questo tipo. Nel corso dell’ultima settimana colossi del calibro di Ing, Rabobank, Credit Suisse e Société Générale hanno infatti deciso di sospendere l’attività di trading sulle materie prime. 

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