La corsa del prezzo del petrolio non sembra trovare freni. Con l’inizio del nuovo anno, il greggio ha ripreso la sua marcia che, in precedenza, era stata interrotta dai timori per gli effetti della variante Omicron del covid19.
Per dare un’idea del rally messo a segno dall’oro nero, è sufficiente considerare che il Brent ha raggiunto quota 90 dollari al barile passando, nel giro di neppure un mese, da 77,04 dollari alle attuali quotazioni. Come abbiamo già avuto modo di vedere nei giorni scorsi, la maggior parte delle previsioni ipotizza una crescita del valore del petrolio fino a 90 dollari entro la fine dell’anno.
Questo sarebbe addirittura lo scenario più prudente poichè, secondo altri analisti, non è da escludere che il greggio possa anche raggiungere i 100 dollari al barile. Per alcuni esperti una quotazione a tre cifre del petrolio, alla luce di quello che è l’attuale contesto economico, sarebbe addirittura inevitabile.
Non serve essere degli esperti di finanza per comprare che un prezzo del petrolio a 100 dollari al barile metterebbe in serio pericolo la ripresa economica mondiale. Borsa Inside è però in primo luogo un sito di trading online e quindi non possiamo non evidenziare che un rialzo simile rappresenta un grande assist per i trader rialzisti.
Questi ultimi possono investire sul petrolio scegliendo uno dei migliori broker online che offrono copertura su questo asset. Un esempio è Plus00 (qui la recensione completa) che permette di speculare sul greggio attraverso i CFD. Plus500 è molto attenta alle esigenze dei traders alle prime armi e infatti offre loro la demo gratuita per imparare a fare pratica senza rischi.
La scarsità delle riserve causa Opec
L’elemento principale da cui partire per analizzare la situazione è la scarsità delle riserve. Mentre l’economia si sta riprendendo dopo la pandemia, le estrazioni faticano a trovare il ritmo e al momento sono ancora sotto i livelli che c’erano prima dell’emergenza sanitaria.
La responsabilità è da attribuire all’OPES Plus, l’organizzazione che raccoglie i principali Paesi esportatori di petrolio: Arabia Saudita, Iraq, Iran, Kuwait e Venezuela. Al momento l’ente sta comprimendo le estrazioni, facendo crescere l’output quotidiano solo di 400mila barili al mese (periodo settembre – dicembre 2021). La restrizione della produzione risale ad una fase ciclica precedente quando i prezzi del greggio seguivano una tendenza ribassista a sua volta frutto del blocco di viaggi e movimenti a causa della pandemia. La persistenza oggi di questo approccio, in un mutato contesto, è alla base della crescita del prezzo del greggio.
Le estrazioni degli Stati Uniti
Mentre l’Europa è alle prese con la crisi energetica, gli Stati Uniti stanno riprendendo le estrazioni, anche se ancora a ritmi abbastanza lenti. Nella prima settimana di ottobre si è arrivati a 11,3 milioni di barili al giorno, per un totale di 1,3 milioni in più rispetto a quanto accaduto un mese prima.
Vista però l’aumento senza sosta del prezzo del petrolio, le compagnie americane sono spinte a produrre di più e più rapidamente. E’ anche vero che le scorte hanno ricominciato a crescere in questo inizio ottobre: quindi al momento non si riesce a vendere tutto il petrolio estratto negli Usa. Un equilibrio difficile da gestire.
Nel frattempo, l’Arabia Saudita e la Russia, i due paesi perno dell’Opec+, hanno già iniziato le loro manovre per contrastare gli Usa.
Tutti questi movimenti potrebbe incrementare la volatilità sul greggio creando interessanti occasioni di ingresso per i trader. Fondamentale, però, è usare strumenti avanzati per investire sul petrolio in questa fase. Ad esempio si può operare con il social trading eToro grazie al quale è possibile copiare le strategie dei traders migliori.
Prezzo petrolio a 100 dollari al barile: l’ipotesi
Ogni giorno che passa cresce il rischio che il petrolio possa davvero arrivare a quota 100 dollari al barile. E questo spaventa soprattutto la zona Euro, che deve dipendere dall’esterno per i rifornimenti. Il rischio più alto, e anche relativamente più concreto, è quello di andare incontro a un periodo di stagflazione; ovvero quel periodo in cui è presente sia la stagnazione economica che l’inflazione.
Certo, non conviene mai a nessuno mettere in seria difficoltà i propri migliori clienti, e questo lo sanno bene i Paesi Arabi. Un’Europa non in grado di acquistare petrolio significherebbe un rallentamento economico che influisce per forza a livello globale. Forse, quindi, tutti avrebbero da perdere se il petrolio arrivasse a 100 dollari al barile.
Proprio per questa ragione non è possibile sapere con certezza se il prezzo del petrolio possa o meno arrivare a 100 dollari al barile. Il fatto è che ci sono tutta una serie di elementi, connessi con l’aumento del costo dell’energia, che possono impattare sul raggiungimento di questo ambizioso target.
Per chi vuole investire speculando sulla possibilità che il valore del greggio possa salire fino a 100 dollari al barile, ecco un elenco di fattori da considerare:
- i tempi del ritorno alla normalità per le economie che sono state messe più a dura prova dal covid19 e dai lockdown
- la presenza di eventi geopolitici ad alto impatto a partire dalle tensioni sul confine Russia-Ucraina;
- le mosse delle nazioni che fanno parte dell’OPEC+: ci sarà un rispetto dei target di produzione previsti nei programmi di agosto 2021 oppure no?
- l’andamento dei prezzi el gas naturale
- l’andamento delle temperature invernali in Europa: contrariamente a quelle che erano le previsioni non c’è stato alcun duraturo allarme freddo
- l’avvio del gasdotto Nord Stream 2
Prezzo del petrolio a 100 al barile è chiodo fisso dei mercati
Il tema del petrolio a 100 dollari al barile non è nuovo. Come abbiamo anticipato nella premessa è vero che ad inizio 2022 si è tornati a parlare di questa eventualità ma già lo scorso autunno alcuni analisti avevano lanciato la prospettiva del greggio a 100 dollari al barile entro fine 2021. La view è stata poi smentita dai fatti e il petrolio non solo non ha raggiunto questo target ma ha addirittura perso di valore.
Quello che si vive ad inizio 2022 sembra quindi essere un film già visto tre mesi fa. Anche in quella circostanza tutto sembrava spingere verso il greggio a 100 dollari al barile ma poi arrivò la variante Omicron (fine novembre 2021) e nel corso di appena una settimana il driver della crisi energetica (principale catalizzare che, nelle settimane precedenti aveva spinto in alto il greggio) evaporò come neve al sole. In poco tempo i prezzi del petrolio crollarono del 20 per cento e quelli del gas naturale addirittura del 30 per cento. Le speculazioni sul petrolio a 100 dollari al barile finirino di conseguenza nel cassetto.
Oggi la variante Omicron sembra essere molto meno forte del previsto (grazie alle vaccinazioni) e molte economie stanno ritornando alla nornalità. In questo contesto, la quotazione petrolio ha ripreso a crescere ed ecco ritornare anche il vecchio jolly finito nel cassetto: il petrolio a 100 dollari al barile.
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Prezzo petrolio arriverà a 100 dollari al barile: opinione di Descalzi (Eni)
Sono numerosi gli addetti ai lavori che ritengono verosimile che il prezzo del petrolio possa arrivare a 100 dollari al barile nel giro di poco tempo. Secondo l’amministratore Claudio Descalzi, la mancanza di investimenti tra le compagnie energetiche, anche se limitata solo ad un breve periodo, potrebbe spingere il greggio verso questo target.
Attenzione perchè secondo il numero uno di Eni, un eventuale prezzo del petrolio a 100 dollari al barile sarebbe comunque una situazione molto circoscritta nel tempo. In altre parole il greggio raggiungerebbe questo livello per poi tornare sui suoi passi. Ma per quale motivo ci potrebbe essere questa evoluzione in due tempi? Nel corso dell’intervista rilasciata a Bloomberg Television, il manager italiano ha affermato che un prezzo del petrolio a 100 dollari sarebbe insostenibile per i consumatori che, inevitabilmente inizierebbero a tagliare il consumo di energia, spingendo così il greggio al ribasso.
Secondo il Ceo di Eni, l’attuale prezzo è strutturalmente forte a causa della debole offerta da parte dei produttori. Il numero uno del Cane a Sei Zampe ha ricordato come è da circa 7 anni (se non di più) che gli investimenti nel settore sono bassi. Un dato su tutti per meglio inquadrare questa situazione: attualmente si sta investendo il 50 per cento di quello che si è investito nel 2013.
Considerando che il consumo glovale di petrolio è vicino ai 100 milioni di barili al giorno, si è creato un viario molto forte tra la domanda e l’offerta. Morale: ci vorrà tanto tempo prima le compagnie ricomincino ad investire in modo adeguato.
Tirando quindi le somme: un prezzo del petrolio a 100 dollari al barile potrebbe essere solo una parentesi inevitabile. I traders che puntano a cavalcare questa situazione (qui il sito ufficiale eToro) devono quindi essere molto veloci a percepire i cambi di sentiment.
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