L’inflazione e le aspettative di inflazione saranno probabilmente alcuni dei market mover più importanti della prossima settimana. Per questa, intanto, si può ben rammentare come gli analisti siano andati incontro a un calo delle aspettative d’inflazione negli Stati Uniti e con questo, anche a un calo dei rendimenti obbligazionari che ha messo sotto pressione il dollaro.

Che cosa accadrà all’inflazione USA?

I funzionari della Fed hanno espresso la loro scarsa preoccupazione per l’inflazione, affermando non solo che non pensano che stia per accelerare, ma addirittura che vorrebbero che lo facesse (per lo meno, entro certi livelli). E il governatore della Fed Brainard ha ricordato che la forward guidance della Fed “è basata sui risultati, non sulle prospettive. Dovremo effettivamente vederlo nei dati”.

Il presidente della Fed di St. Louis, Bullard, ha dichiarato che ritiene di vedere l’inflazione al 2,5% entro fine anno, ma sono molti gli esponenti della Fed che ritengono che questo obiettivo sia raggiunto molto prima, pur nell’evidenza che l’inflazione viene calcolata confrontando il dato presente con quanto avveniva un anno fa, in un contesto pandemico di forte calo dei prezzi. Se prendiamo solo gli ultimi tre mesi di variazione dei prezzi e li estrapoliamo in avanti, vediamo dunque che i prezzi stanno aumentando ad un ritmo molto più veloce – +4,4% a/a – e sulle previsioni del mercato per marzo balzerebbero ad un incredibile 6,1% a/a.

Questa impennata dell’inflazione apparente preoccuperà comunque la Fed? Brainard ha spiegato che “ci sono alcuni fattori unici quest’anno che potrebbero spingere l’inflazione sopra il 2%“, ma ha anche aggiunto che sono solo “pressioni transitorie associate alla riapertura“. “È più probabile che le dinamiche radicate dell’inflazione che abbiamo visto per ben oltre un decennio prendano il sopravvento piuttosto che ci sia un’impennata sostenuta dell’inflazione per un periodo persistente“, ha quindi dichiarato.

La campagna vaccinale

Anche il dibattito sul vaccino di AstraZeneca sarà probabilmente una questione importante per i mercati finanziari. La decisione della Gran Bretagna di raccomandare alle persone sotto i 30 anni un vaccino diverso ha messo in discussione la promessa del Paese di somministrare a tutti la prima dose del vaccino entro la fine di luglio. Questo ha alimentato pressioni di vendita sulla sterlina, con un duro colpo sul cambio EUR/GBP.

Eventuali nuovi problemi sulla somministrazione di AstraZeneca rappresenterebbero tuttavia un effetto pregiudizievole soprattutto per l’Unione Europea, che è molto più indietro con la campagna vaccinale.

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