Fino a pochi mesi fa i paesi produttori di greggio avevano un mezzo eccezionale per rilanciare il prezzo del petrolio e portare le quotazioni dell’oro nero su livelli più profittevoli. Questo strumento era rappresentato dall’asta della produzione. In pratica fino a pochi mesi era sufficiente abbassare la produzione di petrolio per poter ridare fiato alle quotazioni.

Incidendo sull’offerta i paesi produttori sono riusciti a tutelare i loro profitti. Il peso della produzione sul prezzo era preponderante nel senso che, molto spesso, è bastato anche il semplice annuncio di tagli per ridare slancio al greggio. Ebbene oggi quella che era una regola non scritta non vale più. In altre parole nonostante i tagli alla produzione, il prezzo del greggio non risale o, se risale, non riesce comunque a tenere agganciati valori significativi. Perchè avviene tutto questo?

Analizzando nell’insieme quello che è avvenuto nel corso degli ultimi mesi, è evidente che le previsioni sul rallentamento della domanda globale di greggio hanno la meglio sull’impegno dei paesi produttori di oro nero ad abbassare la loro offerta. Più concretamente nell’attuale fase, il taglio della domanda per i timori connessi ad una possibile nuova recessione globale (sostenuti dalla crisi in Argentina e dalle tensioni sociali ad Hong Kong) e l’aumento della produzione statunitense, hanno determinato un annullamento degli effetti positivi derivanti dai tagli alla produzione decisi dall’Opec Plus.

In particolare tutti gli sforzi fatti per provare a ridurre l’eccesso di offerta abbattendo la domanda si sono scontrati con la decisione degli Usa di incrementare la produzione di shale oil. In base alle previsioni della Energy Information Administration, la produzione di petrolio proveniente dalle sette più importanti aziende che operano nel settore dovrebbe registrare un aumento di 85.000 barili al giorno a settembre, toccando il record di 8,77 milioni di barili.

La scorsa settimana si è verificato un evento significativo che ben sintetizza il cambio di prospettiva che è avvenuto. Bloomberg ha anticipato che l’Arabia Saudita punta ad incontrare gli altri partner dell’Opec Plus per decidere su eventuali ulteriori tagli dopo quelli già decisi all’inizio di luglio. Le indiscrezioni hanno determinato un rally della quotazione petrolio che però si è spenta subito non appena l’AIE ha portato tutti con i piedi per terra. L’Agenzia internazionale dell’Energia, infatti, ha operato un taglio delle stime sulla domanda globale di petrolio per effetto della guerra commerciale tra Usa e Cina. In particolare l’AIE ha previsto per il 2019 una richiesta di petrolio pari all’1,1 dall’ 1,2 precedente. Secondo l’AIE le previsioni sulla domanda globale di petrolio sono molto fragili anche perchè da gennaio a maggio il consumo di greggio a livello mondiale ha segnato un aumento di appena 520mila barili al giorno, il ritmo più basso dal 2008.

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