Il ragionamento che molti investitori stanno facendo in questi giorni è chiaro e, almeno sotto un certo punto di vista, logico: la guerra in Libia porterà ad un ulteriore aumento della quotazione petrolio e quindi è preferibile restare long su questo asset. Tale ragionamento, almeno nelle prime fasi dello scontro armato in Libia, è stato confermato dai fatti. In effetti a seguito della crescente tensione tra il governo del primo ministro al-Sarraj e le truppe golpiste del generale Khalifa Haftar il prezzo del petrolio è aumentato per poi innescare un vero rally nel momento in cui dalla tensione si è passati alla guerra civile. Mentre è in corso la scrittura del post, il petrolio in versione WTI scambia a 63,35 dollari al barile (-0,1 per cento rispetto al dato di ieri) e la quotazione del Brent segna un calo di 18 centesimi a 71 dollari. Sulla base di tali premesse e di tali precedenti si può affermare che ad un inasprimento dello scontro in Libia corrisponderà un ulteriore aumento del greggio? La risposta è no almeno secondo l’economista di Unicredit Edoardo Campanella che al possibile andamento delle quotazione del greggio a seguito della crisi in Libia ha dedicato alcune riflessioni interessati che, soprattutto i traders rialzisti ad ogni costo, dovrebbero tenere in debita considerazione. Il punto di vista dell’analista Unicredit è così riassumibile: non ci sarà alcun aumento spropositato del prezzo del petrolio anche se in Libia la situazione dovesse peggiorare ancora di più.

E’ vero, ha affermato Campanella, che il prezzo del petrolio è salito a 70 dollari al barile per la prima vlta in 5 mesi a causa della guerra civile libica, ma è altrettanto vero che il rally potrebbe presto rallentare e quindi essere contenuto (come, del resto, sembra trasparire dall’andamento del prezzo del petrolio oggi). Il prezzo del greggio non è destinato a crescere in modo irrazionale perchè sia il cosiddetto Opec+ che gli Usa di Trump hanno una serie di carte da giocare per far si che le quotazioni sia contenute. Opec+ e Trump si sono posti un obiettivo ben preciso: il greggio non dovrà mai dilagare oltre i 70 dollari al barile!

Addirittura, ha evidenziato l’esperto, l’Opec+ potrebbe usare la guerra civile in Libia come occasione per evitare di essere costretto a rinnovare i tagli alla produzione previsti il prossimo mese di giugno, bloccando quindi l’estensione automatica al secondo semestre del 2019. 

C’è poi da mettere in evidenza un ulteriore elemento. Il peso della dissanguata Libia sulla produzione di petrolio mondiale è oggi basso. Tripoli impatta per il 3 per cento sulla produzione Opec e per l’1 per cento sulla produzione mondiale. Il recente caso Venezuela ha dimostrato come le tensioni geopolitiche interne e paesi non grandi (come è appunto la Libia) hanno un impatto marginale sull’andamento delle quotazioni petrolio. in altre parole le tensioni interne ai paesi piccoli determinano un incremento del prezzo del greggio ma solo sul breve termine. In pratica, passando al caso libico, visto che il breve termine è passato allora forse è meglio prepararsi alla fine del rally. 

Leggi anche l’analisi tecnica settimanale sulla quotazione petrolio (15-19 aprile)

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