Il mondo della finanza è molto particolare e riserva sempre sorprese. Proprio mentre un numero crescente di analisti aveva iniziato a abbracciare le previsioni che davano le quotazioni del petrolio a 100 dollari al barile entro pochi mesi, ecco che i dati in tempo reale hanno riportato tutti sulle posizioni originarie. La corsa della quotazione petrolio è finita o, nella migliore delle ipotesi, destinata a rallentare. In entrambi i casi sono gli stessi dati sull’andamento in tempo reale ad allontare quella previsioni a 100 dollari al barile. Mentre è in corso la scrittura del post, il prezzo del petrolio WTI registra una progressione dello 0,3 per cento a 64 dollari al barile mentre il prezzo del petrolio Brent sale dello 0,4 per cento a 79 dollari al barile. 

Fine corsa per esaurimento della benzina verrebbe da dire andando a guardare alle ultime performance delle prezzo dell’oro nero. In realtà quello che è avvenuto al greggio non ha stupito più di tanto tutti quegli analisti che sono sempre rimasti scettici sulle prospettive dell’oro nero. E’ questo il caso degli analisti di Morningstar secondo i quali anche nel momento in cui la quotazione petrolio ha registrato un forte apprezzamento, il rally è avvenuto solo ed esclusivamente a causa di fattori geopolitici. In particolare è stata la tensione tra Stati Uniti e paesi del Medio Oriente a determinare il rally delle quotazioni e non anomalie sulle prospettive complessive di produzione. 

Secondo Morningstar le questioni prettamente politiche hanno un grave limite nel fatto che non tengono minimamente conto della capacità degli Stati Uniti di immettere sul mercato shale oil. Joe Gemino che di Morninstar è analista ha affermato crede che “il mercato stia sottovalutando la capacità del petrolio di scisto di far tornare il mondo del petrolio in una situazione di sovraproduzione”. A tal riguardo Gemino ha ricordato che “l’estrazione Usa a giugno ha raggiunto nuovi record storici e potrebbe toccare altri massimi in futuro”. La lezione per il futuro sulla quale gli analisti insistono è la seguente: lo shale oil Usa sarà in grado di riempire i buchi creati dai tagli alla produzione decisi dall’Opec e dalla contrazione dell’export dal Venezuela. 

Ovviamente partendo da una simile prospettiva le previsioni sulla quotazione petrolio di Morningstar non possono non essere che tiepide. “Chi parla con ottimismo della ripresa del prezzo del petrolio secondo noi non ha colto appieno le capacità di produzione che hanno gli estrattori americani e, probabilmente, è convinto che i siti si esauriranno prima di quando in realtà accadrà” ha affermato Gemino. L’analista ha poi aggiunto che “i problemi geopolitici sono sempre stati una caratteristica peculiare dei mercati petroliferi globali. E a volte le tensioni hanno avuto effetti che ci hanno messo molto tempo prima di esaurirsi. Le carenze registrate quest’anno a causa delle decisioni dell’Opec o dei problemi del Venezuela potrebbero impiegare anni ad essere superate. Ma questo non condiziona le nostre previsioni di lungo periodo. Siamo convinti che la traiettoria di crescita dello shale americano, alla fine, creerà dei problemi al mercato”. 

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