Jeffrey Schulze, director e investment strategist di ClearBridge Investments (affiliata Legg Mason), ha recentemente analizzato che cosa potrebbe avvenire sul mercato azionario USA dopo le elezioni di mid term.

Schulze ricorda innanzitutto come una volta terminate le elezioni, gli investitori tendono generalmente a lasciarsi alle spalle le apprensioni, adattandosi alle nuove realtà di mercato. “Il periodo dopo le elezioni di midterm tende infatti ad essere discretamente positivo per i titoli azionari: dal 1950, nei 12 mesi dopo le elezioni di midterm non solo lo S&P 500 è salito in media del 15% ma, cosa ancora più importante, non si sono mai verificati rendimenti complessivi negativi. Una delle motivazioni di questo fenomeno sta nel forte legame che c’è tra cicli economici e presidenziali: si pensi che negli ultimi 70 anni gli USA non hanno mai avuto una recessione nel terzo anno di un mandato presidenziale” – afferma l’esperto, per cui quanto sopra è per lo più dovuto allo stimolo fiscale, che varia nelle diverse fasi nel mandato. Uno stimolo che, peraltro, ha cominciato da poco ad avere effetti sull’economia, e la maggior parte delle persone solo da poco ha iniziato a veder crescere il proprio stipendio.

Quanto sopra non deve però illudere. Per Schulze, infatti, la storia dice chiaramente che prima o poi arriverà una nuova flessione dell’economia, in attesa della quale i mercati non potranno che rimanere focalizzati sui fondamentali sottostanti.

Tralasciando le ottime prestazioni recenti nel mercato azionario, bisognerà cercare di comprendere cosa avverrà nei prossimi mesi. In primo luogo, una escalation delle tensioni sui dazi sembra diventata sempre più probabile, con gli investitori oggi comprensibilmente preoccupati dagli effetti di questi crescenti attriti tra gli USA e i loro maggiori partner commerciali, con particolare riferimento alla Cina.

È anche vero che, al netto di queste preoccupazioni, “le problematiche sono più micro che macro” – aggiunge Schulze – “È vero che alcuni settori del mercato potrebbero sperimentare delle difficoltà se vi fosse un’escalation della guerra commerciale, ma altri invece beneficeranno del positivo contesto economico generale, e i mercati dovrebbero allargare lo sguardo oltre le tensioni commerciali”.

Nel caso peggiore in cui ogni dazio discusso venisse implementato, e in seguito ogni Paese colpito rispondesse con un dazio equivalente (la Cina ci sta provando), il totale dovrebbe ammontare a 138 miliardi di dollari: una cifra notevole ma comunque poca cosa se confrontata con lo stimolo fiscale iniettato recentemente nell’economia, per circa 800 miliardi di dollari.

In aggiunta a ciò, nonostante i dazi, un numero crescente di piccole imprese USA sta preparando piani di espansione e la fiducia dei consumatori e dei CEO resta elevata. Non c’è poi solo l’attività delle imprese a rendere il quadro incoraggiante: il mercato del lavoro viaggia su ottimi ritmi, e difficilmente ci saranno inversioni di tendenza.

“Tutto ciò ci indica un’economia e un mercato che si muoveranno ancora al rialzo nella seconda parte del 2018 e nella prima parte del 2019. Se il passato ci può dare degli indizi, ci aspettiamo che nel breve termine la volatilità rimarrà elevata, a causa dell’avvicinarsi delle elezioni di midterm e alle preoccupazioni per la guerra commerciale. Tuttavia, è importante che gli investitori si concentrino sui fondamentali, come i solidi utili organici e il rafforzamento dell’economia: potrebbe essere infatti il momento giusto per scavalcare il muro delle preoccupazioni e beneficiare di questi venti favorevoli” – conclude Schulze.

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