Il presidente Trump si sta accingendo a nominare due nuovi membri del Board of Governors della Federal Reserve. Si tratta di Clarida, che diverrà anche vice-presidente, e di Bowman, che invece ricoprirà la poltrona destinata a un esponente del settore bancario locale.
In ogni caso, si tratta di due figure piuttosto note ed esperte. Clarida è attualmente docente di economia presso la Columbia University ed è direttore esecutivo di PIMCO. In passato, ha lavorato al Tesoro durante la presidenza Bush. Si tratta di un esponente chiaramente repubblicano, specializzato in politica monetaria. Per quanto concerne l’impatto dell’arrivo di Clarida sul Board, in realtà gli scossoni dovrebbero essere minimi e in tendenziale continuità rispetto allo scenario previgente, considerando anche che in passato ha espresso opinioni favorevoli riguardo alla gestione di Yellen.
Per quanto concerne Bowman, il nuovo membro Fed presiede la commissione bancaria del Kansas dal 2017 e in precedenza ha lavorato nel settore bancario e nel settore pubblico durante la presidenza Bush, oltre ad aver servito come consulente repubblicana in Congresso.
Le due nomine dovranno essere confermate al Senato. Vi è poi un terzo candidato per il Board, Goodfriend, che tuttavia non ha ancora trovato conferma, per via dell’opposizione democratica.
A proposito di Federal Reserve, in un contesto non densissimo di dati macro, Kaplan (Dallas Fed) ha compiuto una dichiarazione piuttosto importante , stimando da una parte una crescita economica fra il 2,5% e il 2,75% nel 2018, con graduale aumento della pressione salariale, quanto – dall’altra parte – l’assenza di eccessi sul fronte dell’inflazione. Kaplan ha inoltre affermato di ritenere che nel 2018 la Fed darà seguito a tre rialzi, con il proseguimento sul sentiero di graduali ritocchi verso l’alto anche nel 2019. Kaplan si è poi soffermato sostenendo che l’incremento della volatilità rappresenta di per sé una restrizione delle condizioni finanziarie e ha poi espresso qualche preoccupazione sul l’aumento futuro del debito federale.
Tra le altre dichiarazioni della giornata anche quelle di Kashkari (Minneapolis Fed) e di Dudley (NY Fed). Il primo ha chiarito che la dinamica moderata dei salari indica la presenza di risorse inutilizzate sul mercato del lavoro, mentre non ci sono segnali di pressioni inflazionistiche. Il secondo ha invece confermato che al momento è ragionevole prevedere graduali rialzi (tre o quattro), a meno di una forte ripresa dell’inflazione. Dudley ha poi aggiunto di ritenere che il tasso neutrale possa essere intorno al 3%, e che le condizioni finanziarie siano ancora molto accomodanti.
Insomma, dai discorsi così formulati, è chiaro che il dollaro dipenderà dalle scelte della Fed, e che queste ultime dipenderanno dall’evoluzione dell’inflazione…
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