Il prezzo del petrolio ha centrato nella seduta di ieri livellio che mancavano da oltre tre anni. L’improvvisa fiammata delle quotazione del greggio ha di fatto reso molto più alla portata degli eventi il raggiungimento di quel target a 80 dollari al barile che era stato fissato nelle scorse settimane dall’Arabia Saudita. Il rally del greggio è avvenuto in concomitanza con la pubblicazione di un tweet del presidente americano Trump in cui vengono minacciate Siria e Russia. Non appena la notizia del tweet ha fatto capolinea tra gli investitori, si è verificata una vera e propria corsa a puntare su un rialzo del prezzo del greggio. Futures e CFD sono stati gli strumenti finanziari attraverso i quali gli investitori hanno provato a trarre profitto dalle bellicose dichiarazioni di Trump. Più in generale il forte rialzo delle quotazioni del petrolio è il risultato del progressivo aumento della tensione in tutto in Medio Oriente, Israele e Turchia compresi.
Le accuse lanciate dagli Stati Uniti al governo siriano sull’utlizzo di armi chimiche per piegare la resistenza del sobborgo di Duma, hanno accesso la miccia in tutta l’area. In un contesto caratterizzato da rapporti geopolitici molto complessi, la Russia ha fatto sapere che non avrebbe tollerato operazioni su vasta scala contro il governo di Damasco. Trump, fino a pochi giorni fa intenzionato a mettere la parola fine alla presenza americana in Siria, ha aperto la creazione di un fronte capace di dare una risposta dura a Damasco a Francia e Gran Bretagna con Macron e la May che hanno annunciato il loro via libera ad operazioni su vasta scala in Siria. La particolarità della situazione in atto in quello scacchiere è rappresentata dal fatto che, fino ad oggi, la guerra è unicamente una guerra di dichiarazioni a tratti anche molto forti. Di certo c’è che il possibile effetto sorpresa che eventuali strike immediati avrebbero garantito, è completamente venuto meno anche perchè la Siria ha provveduto a spostare i suoi mezzi migliori nei pressi delle aree presidiate dai russi. Insomma in questo grovoglio internazionale, in cui il sospetto che sulle armi chimiche non si saprà è alto, il prezzo del petrolio è schizzato in alto.
La tensione geopolitica in un’area da sempre inquieta è il grande catalizzatore che muove le quotazioni del greggio. Quello che avviene in casi come questo è oramai storia e ha fatto da tempo scuola: più forti sono la tensione e il rischio guerra, maggiore sarà il rialzo che il greggio registrerà. Viceversa un allentamento della tensione porterebbe le quotazioni del petrolio a calare e tornare su livelli più normali. In un caso e nell’altro, è ovvio che dall’area mediorientale possono arrivare importanti occasioni di trading per chi opera con in futures sul greggio o con i Contratti per Differenza. Va comunque tenuto in considerazione il fatto che una guerra vera in quella zona potrebbe esporre il mondo intero ad esiti improponibili. Per ora però uno scenario simile è da ritenersi quasi improponibile. Sono i tweet di Trump a determinare il trend delle quotazioni del greggio. Dal punto di vista grafico nella seduta di ieri il petrolio WTI è salito a 63 dollari al barile mentre il petrolio Brent ha segnato una progressione fino a 72 dollari al barile. Il prezzo del petrolio oggi, invece, si muove in area 67,06 dollari al barile (il WTI) e 72,18 dollari al barile (il Brent).
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