Proprio mentre sembravano potersi aprire importanti spiragli di dialogo tra le due parti interessante, nell’ultima parte della scorsa settimana c’è stata una nuova escalation sulla guerra commerciale in atto fra gli Stati Uniti e la Cina. Una escalation che ha pesato in maniera evidente sui mercati azionari, che stanno iniziando a “scontare” gli effetti di potenziali provvedimenti ancora più ampi di quelli finora annunciati.

Ad ogni modo, forse si tratta di un apprezzamento eccessivo. Per il momento, infatti, risulta evidente come per il momento la guerra sia solo di parole, o che – in altri termini – sia per il momento solo un conflitto di dichiarazioni, piuttosto che di dazi: saranno i prossimi mesi quelli cruciali per capire effettivamente che cosa gli Stati Uniti vogliono davvero ottenere dalla Cina.

Per il momento, pertanto, riteniamo prematuro prendere concrete posizioni su quel che potrebbe avvenire, anche nella consapevolezza che le conseguenze dirette non sono ancora un problema, considerato che le misure non sono ancora effettive. Per quanto concerne invece le conseguenze indirette, le valutazioni sono ben più complesse: immediate potrebbero infatti essere gli effetti impliciti sull’agricoltura e sugli investimenti, considerato che bisognerà compiere scelte strategiche (si pensi a quelle sulle semine), sulla base di dati ancora non “certi”.

D’altra parte, è anche vero che l’offensiva americana sulle politiche commerciali non è il problema più grave che l’ordine economico mondiale deve fronteggiare, e che il rischio è quello di concentrarsi in una potenziale (per ora) situazione di tensione tra USA e Cina dimenticandosi che esistono dei pregiudizi ben più gravi sul modello di sviluppo dell’economia mondiale.

Pericoli ben più gravi sono infatti lo sviluppo di industrie con costi marginali pressoché nulli, l’elusione fiscale delle multinazionali, le implicazioni della globalizzazione sulla distribuzione del reddito e la maggiore difficoltà ad affrontare il problema delle risorse comuni. Di tutto questo, però, non si parla ancora in misura così radicale come auspicabile…

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