I prezzi delle materie prime hanno chiuso la settimana in ribasso, in un contesto di indebolimento del dollaro. Per comprenderne il motivo sia sufficiente dare uno sguardo alle dichiarazioni e alle intenzioni del presidente Donald Trump, che ha annunciato nuove tariffe sull’importazione di acciaio (25%) e di alluminio (10%) al fine di proteggere la sicurezza nazionale.

Il Presidente dovrebbe avanzare la sua proposta nel corso della settimana che si è aperta oggi, ma al momento non sono disponibili dettagli tecnici sufficienti per poter comprendere quale sia l’effettiva portata di un annuncio che ha comunque destato preoccupazione negli analisti (ad esempio, non sono noti i Paesi e i prodotti interessati).

Ad ogni modo, probabilmente l’effetto diretto di queste misure sulla crescita economica sarà limitato a un innalzamento dei costi di produzione nell’industria statunitense, mentre dovrebbe incidere in maniera marginale sui ricavi delle compagnie legate all’acciaio, soprattutto in Canada, Europa e America Latino. Di contro, il danno potrebbe essere ben più importante sul commercio globale, poiché sarebbe in grado di pregiudicare delle relazioni storicamente portate avanti con alleati molto importanti, e che potrebbero rispondere con identiche misure di reazione.

Non è un caso che il presidente della Commissione Europea Jean – Claude Juncker abbia già affermato che l’Unione risponderà fermamente alle nuove tariffe. Anche Canada, Giappone e Australia hanno espresso il loro disappunto, mentre in Cina le associazioni industriali hanno espresso il proprio disappunto.

L’annuncio della prossima imposizione di tariffe sulle importazioni di alluminio e acciaio negli Stati Uniti ha inoltre determinato evidenti ripercussioni negative anche sull’azionario USA. Insomma, il beneficio atteso sul comparto metallurgico dovrebbe essere più che compensato dalle attese di incremento dei costi nel resto dell’industria e dal rischio di rappresaglie commerciali da parte di altri paesi. In questo contesto, i rendimenti dei titoli di Stato americani hanno imbracciato un sentiero calante, e nel Paese nordamericano è scesa maggiormente la ‘parte centrale’ della curva, mentre in Europa la flessione è stata più modesta e più uniforme. Per quanto riguarda i BTP, ancora insensibili al rischio politico, la flessione si è verificata soprattutto sulle scadenze 10-30 anni, dove si è osservata anche una compressione dei differenziali con la Germania.

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