Sembra difficile a credersi ma il prezzo del petrolio è vittima oggi di un nuovo crollo. Le quotazioni del greggio, infatti, non solo allungano il trend negativo delle ultime sedute ma registrano oggi una flessione molto significativa sia per quello che riguarda il WTI che per quanto concerne il Brent. Il petrolio WTI mentre scriviamo registra un calo dell’1% galleggiando appena poco sopra i 60 dollari al barile mentre il petrolio Brent è in flessione dello 0,65% a quota 63,4 dollari al barile. Le quotazioni del WTI, in particolare, sono scese fino a un minimo intraday a quota 60,16 dollari. Queste indicazioni che possono essere facilmente osservabili leggendo il grafico in tempo reale sulla quotazione del petrolio, dimostrano che i livelli di tensione sul greggio continuano ad essere molto alti.
Questa situazione rappresenta una buona occasione per quegli investitori che, dopo aver tratto profitto dall’aumento del prezzo del petrolio, possono ora passare sullo short e scommettere su un ribasso delle quotazioni del greggio. Gli strumenti attraverso i quali è possibile guadagnare con il calo del prezzo del petrolio sono i futures e i Contratti per Differenza. Fino a quando però è bene puntare su un ulteriore calo delle quotazioni del greggio? Per provare a dare una risposta a questa domanda (ma anche alla complementare “quando il prezzo del petrolio tornerà a salire” è necessario definire quelli che sono i motivi alla base della flessione.
Il crollo del petrolio oggi è causato dall’andamento della produzione di greggio in Usa. Si tratta di un fattore non nuovo che già da tempo ha puntualmente messo in crisi l’andamento delle quotazioni del greggio. Da mesi, infatti, l’effetto positivo generato dall’accordo tra i paesi Opec sulla produzione di petrolio, viene messo in pericolo dagli alti livelli produttivi dello shale americano. La settimana scorsa la produzione di shale oil in Usa ha raggiunto i massimi e ovviamente questo ha determinato molto nervosismo tra gli investitori. Durante la scorsa settimana, la produzione americata ha raggiuto quota 10,25 milioni di barili al giorno, un vero e proprio record. L’incremento dei livelli produttivi Usa rischia di determinare forti tensioni con gli altri paesi produttori che sono impegnati a contenere le loro prestazioni. Una situazione potenzialmente pericolosa che potrebbe diventarlo ancora di più se l’Iran dovesse dare seguito alla sua “minaccia” di aumentare l’output di greggio di 700000 barili al giorno nei prossimi anni. Insomma il comportamento americano e la variabile Iran potrebbero mettere a dura prova l’efficacia delle politiche di Opec e Russia.
Fermo restando che il quadro di riferimento è in evoluzione, le previsioni sul prezzo del petrolio per i prossimi mesi non possono non tenere conto di quello che avviene in questi giorni. L’EIA, Energy Information Administration, alla luce dell’aumento della produzione da parte degli Sttai Uniti, ha rivisto le sue stime sull’ntero 2018 e ha parlato di pressioni ribassiste sulle quotazioni del greggio. Le previsioni dell’EIA sono in contrasto con quelle che erano le indicazioni degli analisti fino a poche settimane fa. Non è un mistero che molti esperti hanno parlato di previsioni sulla quotazione petrolio fino a 80 dollari al barile nel corso del 2018. I dati degli ultimi giorni mettono a dura prova queste stime ottimistiche.
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