L’incremento del prezzo del petrolio rispetto alle quotazioni di primavera è considerato un punto fisso del contesto economico mondiale. Pur considerando le normali prese di profitto, la quotazione del greggio si mantiene sempre su livelli molto alti. Il rialzo del WTI e del Brent, però, inizia ad impensierire molti analisti tanto che gli esperti di Bank of America sono arrivati a chiedersi se un eventuale e ulteriore rialzo del prezzo del petrolio non possa tramutarsi in un problema per l’intera economia mondiale. La domanda che BofA si è posta è così sintetizzabile: c’è un livello di prezzo oltre il quale un nuovo aumento della quotazione del petrolio farebbe più danno che utile? Si tratta di una delle prime domande di questo tipo la cui risposta dovrebbe interessare non solo a chi si occupa di economia in generale ma anche a chi è solito investire sulla quotazione del petrolio attraverso gli strumenti derivati come i futures e i Contratti per Differenza.

L’analisi di BofA arriva in un momento molto particolare. Come si evince dal grafico sull’andamento della quotazione petrolio, Brent e WTI restano sempre su livelli alti. Il greggio WTI oggi sale dello 0,6% a 63,95 dollari al barile mentre il Brent registra un +0,56% a 69,42 dollari al barile. A spingere le quotazioni del Brent sono le previsioni del fondo Bbl commodities secondo cui il prezzo del petrolio del Mare del Nord potrebbe arrivare anche a 80 dollari a causa dei tagli decisi dall’OPEC e del calo delle scorte negli Stati Uniti.

Proprio in considerazione di tale situazione in atto, l’analisi di BofA, titolata non a caso “Petrolio scivoloso” è molto importante. Secondo gli esperti la corsa delle quotazioni del petrolio potebbe essere un problema per la crescita economica globale se essa dovesse superare i 100 dollari. Questo livello è da intendersi come una sorta di quotazione-rottura anche se, come mette in evidenza la stessa BofA, la possibilità che il greggio arrivi così in alto è da ritenersi molto bassa.

Il report di BofA mette poi l’accento sul fatto che l’aumento del prezzo del petrolio è stato fino ad oggi sostenuto al forte aumento della domanda mondiale. Se essa dovesse continuare a crescere, la crescita economica non dovrebbe essere minacciata. Secondo Bank of America una crescita di 20 dollari del prezzo del greggio potrebbe determinare un calo della crescita del PIL di mezzo punto percentuale. Si tratterebbe di una flessione rilevante ma l’andamento attuale del cambio Euro/Dollaro (con il biglietto verde che resta molto debole) limerebbe la portata dell’effetto e quindi l’impatto sul PIL scenderebbe allo 0,3-0,4%.

Per BofA, quindi, bisogna riconoscere che fino ad oggi l’aumento del prezzo del petrolio non ha avuto una portata “tale da rallentare sostanzialmente il momentum positivo della crescita economica“. Tale situazione, prosegue BofA, potrebbe però cambiare se nel corso del 2018 “il prezzo del greggio salirà a 100 dollari al barile e se questa ulteriore crescita sarà dovuta a tagli alla produzione piuttosto che a un aumento della domanda“. Dal fatto che le possibilità che si verifichi uno scenario di questo tipo siano da ritenere molto basse, deriva quindi l’invito di Bank of America a concentrarsi su quelli che potrebbero essere i veri “rischi che minacciano la crescita economica“. L’andamento del prezzo del petrolio, almeno oggi, non è tra questi. 

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