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La normativa sulla tassazione dividendi in Italia - Borsainside

Dopo il nostro articolo dedicato ai migliori dividendi attesi per il 2024, restiamo sul tema occupandoci di un aspetto che, apparentemente, potrebbe sembrare noioso ma che in realtà è determinate anche in ottica guadagno: la tassazione dividendi. Conoscere quali sono le tasse che si pagano sui dividendi è fondamentale non solo per essere in regola con il Fisco ma anche e soprattutto per meglio programmare il proprio investimento azionario in ottica rendita da dividendo.

Cosa si potrà trovare in questo articolo?

Tanto per iniziare un rifermento alla lege vigente in materia quindi un’analisi dettagliata ma al tempo stesso comprensibile della normativa sulla tassazione dei dividendi. Successivamente spiegheremo come vengono tassate le cedole e quindi faremo un riferimento alla guida redatta dall’Agenzia delle Entrate in materia di tasse sui dividendi. E’ questo un documento imprendibile per restare sempre aggiornati sul tema.

Tassazione dividendi: quale è la normativa di riferimento in Italia

Quando si opta per un investimento in azioni, lo si fa principalmente per due ragioni: per speculare sul rialzo di valore di un titolo (e per raggiungere questo obiettivo si compra quando i prezzi sono bassi) e per crearsi una reddito permanente grazie appunto ai dividendi. La buona notizia è che oggi, a differenza di quello che avveniva in passato, comprare azioni da dividendo è più semplice e accessibile grazie a broker, come ad esempio eToro (qui il sito ufficiale) che consentono di acquistare azioni reali e al tempo stesso fare CFD Trading sui titoli azionari).

La “brutta notizia” è che sui dividendi vengono applicate delle tasse. La normativa di riferimento in materia ha subito una serie di profonde trasformazioni e quindi spesso può capitare di non essere aggiornati su quello che prevede la legge in materia. Per questo motivo l’investitore che ha in portafoglio delle azioni da dividendo dovrebbe sempre rivolgersi ad un commercialista che sia ferrato in materia (anche per evitare problemi successivi con il Fisco).

Premesso questo, attualmente la normativa sulla tassazione dividendi in vigore in Italia fa riferimento alla Legge di Bilancio 2018. Dopo quella revisione della legge non ci sono state più delle novità e quindi la strutturazione della norma è inalterata.

La Legge di Bilancio 2028 ha introdotto in materia di tassa sui dividendi una ritenuta a titolo di imposta del 26 per cento per tutte le cedole che sono state percepire a partire dal primo gennaio 2018. La legge ha modificato profondamente l’ambito della tassazione sopprimendo l’originaria distinzione tra le partecipazioni qualificate e quelle non qualificate. Prima della riforma introdotta dalla Legge di Bilancio 2018, le partecipazioni qualificate contribuivano alla determinazione del reddito Irpef secondo percentuali che variavano a seconda dell’anno di distribuzione degli utili societari.

La Legge di Bilancio 2028, comunque, ha solo introdotto delle novità sulla tassazione dividendi mentre le coordinate generali sono sempre rimaste le stesse con gli art 44 e successivi del TUIR per quello che riguarda la definizione stessa e la distribuzione dei dividendi e il DPR 600/73 per quello che riguarda le ritenute d’acconto che sono applicate alle persone fisiche. A ciò si aggiunge quanto specificato con il DM 2/4/2008 per quello che riguarda la indicazioni sulle percentuali del reddito imponibile.

Dopo aver chiarito cosa prevede la tassazione dei dividendi siamo ora pronti a passare allo step successivo (che poi è l’argomento che più interessa gli stessi investitori): quali sono le tassa che vengono pagate sui dividendi?

Come vengono tassati i dividendi spiegato in modo semplice

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Sui dividendi si applica ora l’aliquota del 26% – Borsainside

Veniamo subito al dunque: quali sono le tasse che si pagano sui dividendi? In pratica la riforma ha slegato la tassazione dei dividendi dalla tipologia della partecipazione. Adesso la ritenuta del 26 per cento viene applicata su tutte le cedole a prescindere dalla loro natura. Ad essere esclusi dall’applicazione di questa aliquota sono solo quei dividendi che derivano da imprese di black list che sono tassate al 100 per cento. Ma questo è un ambito che a chi investe su azioni quotate a Piazza Affari non interessa.

Escludendo quindi questa causa di eccezione, la sola fattispecie che non rientra nella tassazione del 26% sui dividendi riguarda le cedole imputate al socio per trasparenza secondo le disposizioni CFC (articolo 167 Tuir). Anche in questo caso, comunque, abbiamo a che fare con un caso particolare che, per quanto non estremo come quello relativo alla black list cui facevano riferimento prima, non è comunque consuetudinario.

Tirando quindi le somme, sui dividendi in Italia viene applicata un’aliquota del 26 per cento (uguale a quella di tutti gli altri strumenti finanziari ad eccezione dei titoli di stato dove invece viene applicata la tassazione agevolata del 12,5 per cento).

La ritenuta alla fonte del 26 per cento scatta a prescindere dalla tipologia di partecipazione detenuta. Per completezza, però, è sempre bene ricordare che fino al 31 dicembre 2022 vigeva una disciplina transitoria basata sulla distinzione tra dividendi frutto di partecipazioni qualificate e quelli legati a partecipazioni non qualificate. Le prime facevano riferimento a una percentuale di diritti di voto superiore al 20 per cento (che scende al 2 per cento per le società quotate) o una partecipazione al capitale superiore al 25 per cento (5 per cento per società quotate) mentre le partecipazioni non qualificate facevano riferimento a soglie più basse.

Tassazione dividendi: c’è la Guida dell’Agenzia delle Entrate

La tassazione dei dividendi sembra un argomento complesso? In realtà non dovrebbe esserlo visto che, lato investitore almeno, che poi è quello che a noi interessa in questa sede, è tutto semplificato al 26 per cento. In realtà, però, ci sono delle deroghe particolari ed è per questo che chi dovesse avere necessità di chiarimenti specifici dovrebbe fare riferimento alla guida aggiornata dell’Agenzia delle Entrate per non sbagliare nulla ma anche per dissipare ogni dubbio.

Nella guida è specificato un passaggio importante: nonostante la disciplina transitoria sia scaduta a fine 2022, come abbiamo detto nel precedente paragrafo, il principio di diritto n. 3/2022 ha stabilito che sui dividendi incassati nel 2023 ma relativi a distribuzioni deliberate entro il 2022, si applica sempre la disciplina transitoria ma solo se la data rilevante è quella della delibera e non quella dell’incasso della cedola.

La stessa Agenzia delle Entrate ha anche specificato che i dividendi soggetti alla disciplina transitoria (calendario alla mano gli ultimi visto che stiamo a fine 2023) dovranno essere dichiarati nel Modello Redditi Persone Fisiche o nel Modello 730 fornendo tutta una serie di informazioni precise a partire dal periodo di formazione dell’utile fino all’ammontare della cedola in base alle percentuali precedentemente stabilite.

Tassazione strumenti finanziari con Fineco

Fineco logo piccolo

La questione della tassazione dividendi rientra nel più ampio discorso della tassazione degli strumenti finanziari. Quando parliamo di questo tema emerge, in tutta la sua evidenza, la convenienza dell’utilizzo di un broker sostituto di imposta rispetto ad un broker che opera solo in regime dichiarativo.

Purtroppo la stragrande maggioranza dei broker che abbiamo recensito su questo sito non sono tali per il semplice fatto che non hanno la sede in Italia. Questo però non è un problema perchè, in realtà, la banca italiana con migliore piattaforma trading, Fineco, è sostituto di imposta per i clienti con residenza italiana. Con Fineco, quindi, si può operare in regime fiscale amministrato annullando ogni tipo di incombenza.

Questo è solo uno dei vantaggi di Fineco che, in realtà, ne presenta molti altri a partire dalla possibilità di fare trading su tantissimi mercati (ci sono anche i titoli di stato e i bond) fino alla scelta tra due tipologie di conto: quello standard con i servizi banking (un prevede un canone mensile) e quello di solo trading (senza banking e costi fissi).

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