Monte dei Paschi è alle prese con la questione aumento di capitale. L’operazione, lo abbiamo messo in evidenza in più di una occasione sul nostro sito, è di fondamentale importanza per il futuro stesso della banca toscana. Del resto, proprio nell’ottica della ricapitalizzazione da 2,5 miliardi, MPS ha recentemente effettuato un raggruppamento azionario. Stando alle indiscrezioni di stampa, l’aumento di capitale di Monte dei Pasch potrebbe partire il prossimo 17 ottobre.
Calendario alla mano, all’avvio dell’operazione mancherebbero circa una decina di giorni. Il problema è che le condizioni di mercato dell’ultimo mese sono ulteriormente peggiorate. Settembre è stato un mese drammatico per le borse ma le vere preoccupazioni sono per quello che potrebbe accadere da qui a fine anno visto che la BCE ha detto chiaramente che il rialzo dei tassi di riferimento proseguirà fino a quando l’inflazione non arresterà la sua marcia. Non serve essere degli esperti di finanza per comprendere che quelle in atto non sono le condizioni ideali per l’esecuzione di un aumento di capitale, soprattutto se l’operazione riguarda una quotata, come il Monte dei Paschi, da anni in difficoltà.
E infatti sono le stesse indiscrezioni che indicano la data del 17 ottobre a riconoscere che non è affatto detto che tutto possa andare in porto.
Al di là del contesto di riferimento, quale è il problema principale che si frappone tra MPS e l’esecuzione della ricapitalizzazione?
Aumento capitale MPS: le ipotesi sul tavolo
L’attuale azionista di riferimento del Monte dei Paschi è il Tesoro. Lo stato italiano ha una partecipazione del 64 per cento del capitale sociale della banca toscana. Considerando che l’ammontare totale della ricapitalizzazione di MPS è pari a 2,5 miliardi di euro, la quota di competenza del Tesoro ammonta a 1,6 miliardi di euro. Restano fuori 900 milioni di inoptato. Chi metterà questi soldi? Il nodo su cui MPS si gioca il tutto per tutto è proprio questo.
Alcune settimane fa, il titolo MPS aveva registrato un forte apprezzamento in scia alle indiscrezioni sulle presunta volontà dei partner industriali Axa e Anima di partecipare alla ricapitalizzazione. Di ufficiale non c’è ancora nulla ma, pur assumendo che Anima Holding e Axa possano mettere sul piatto fino a 250-300 milioni di euro, resterebbe sempre un inoptato di 600 milioni di euro. Chi coprirebbe questa quota di ricapitalizzazione? Il management di MPS guidato dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio, starebbe sondando ogni strada possibile. Non è da escludere che 100 milioni di euro possano arrivare da investitori istituzionali e un’altra quota da alcuni fondi che sono piuttosto vicini allo stesso Lovaglio (un esempio citato dalla stampa è Denis Dumont).
La coperta sarebbe però ancora troppo lunga e il rischio di inoptato resta alto. Proprio per questo motivo lo stesso amministratore delegato della banca toscana è sceso più volta in campo provando a tranquillizzare tutti sulla sostenibilità dell’operazione. Lovaglio però non ha fornito numeri nè tantomeno ha fatto i nomi degli altri soggetti che potrebbero scendere in campo. Proprio perchè l’incertezza è massima, non è da escludere che, per evitare spiacevoli sorprese, la ricapitalizzazione di MPS possa essere ridotta rispetto ai 2,5 miliardi previsti. La terza ipotesi sul tavolo è quello più drastica di tutte: rinvio dell’aumento di capitale al 2023. Staremo a vedere cosa succederà.
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