Tra le quotate che oggi in borsa registrano variazioni di prezzo negative c’è Eni. Il titolo del Cane a Sei Zampe segna un ribasso di circa un punto percentuale muovendosi in controtendenza rispetto ad un Ftse Mib che è imbottito di segni verdi. La colpa del calo di Eni non è del prezzo del petrolio ma di Saipem.
Quest’ultima, fin dall’apertura degli scambi, è al centro di vendite molto intense che si sono tradotte in un ribasso di oltre il 25 per cento. Il panic selling in atto su Saipem (a sua volta frutto del profit warning lanciato dalla società nel pre-market) è alla base della flessione di Eni. Ma che relazione c’è tra i due ribassi (sia pure di entità così diversa)?
Il minimo comun denominatore non è la correlazione con la quotazione petrolio ma il legame societario tra le due quotate. Eni è infatti azionista di Saipem e in quanto tale si trova ad essere trascinata nella situazione di profonda incertezza e crisi che è stata aperta dal profit warning lanciato da Saipem.
Nel comunicato diffuso dal gruppo engineering, infatti, si fa riferimento all’avvio di contatti preliminari con gli azionisti Eni e Cassa Depositi e Prestiti Industria al fine di verificare la disponibilità di questi ultimi a fornire supporto per un’adeguata manovra a sostegno di Saipem.
In poche parole la quotata del settore engineering ha chiesto aiuto al Cane a Sei Zampe e questa richiesta non è ovviamente gradita dal mercato. Il calo di Eni ha quindi origine proprio in questo contesto. Attenzione, però, perchè il ribasso in atto oggi su Eni potrebbe essere in realtà un’occasione per comprare a prezzi più vantaggiosi. Le prospettive per il Cane a Sei Zampe sono infatti positive grazie ad un catalizzatore dirompente in arrivo da Est ossia i venti di nuova guerra fredda tra Usa e Russia.
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Azioni Eni saranno favorite dalle guerra fredda Usa/Russia?
L’attuale andamento rialzista del prezzo del petrolio risente delle crescenti tensioni tra Usa e Russia connesse al rischio di una invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.
Stando a quelle che sono le previsioni, una eventuale guerra avrebbe come effetto il rally del prezzo del petrolio a oltre 100 dollari al barile con conseguente rialzo dei prezzi del gas.
Proprio perchè tutti avrebbe da perdere da un conflitto armato (l’Europa sicuramente ma anche la Russia stessa), è da ritenersi altamente improbabiile che possa esserci un’evoluzione bellica. Molto più plausibile è che la tensione possa sfociare in una sorta di riedizione della Guerra Fredda tra Occidente e Russia.
In questo contesto Eni ha chiuso il terzo trimestre 2021 con un utile netto adjusted pari a 1,4 miliardi di euro in rialzo rispetto ai dati negativi dell’anno precedente e soprattutto in aumento di ben il 55 per cento sull’esercizio 2021. Sempre nel terzo trimestre, l’Ebit adjusted di gruppo è stato pari a 2,49 miliardi di euro evidenziando un incremento di 4,4 miliardi di euro sui nove mesi 2020. Scendendo nel conto economico, il flusso di cassa è stato di circa 3 miliardi di euro con capex netti a 1,1 miliardi di euro. Considerando tutti i primi nove mesi 2021, il flusso di cassa di Eni è ammontato a 8,1 miliardi di euro.
Lato dividendo, la cedola di Eni è pari a 0,86 euro, praticamente il doppio rispetto al dividendo 2020. Il rialzo è il segnale tangibile che, per quanto riguarda la remunerazione degli azionisti, il Cane a Sei Zampe sta provando a tornare all’era pre-covid.
In questo contesto gli analisti di HSBC hanno portato il target price sul titolo italiano da 13,9 euro a 14,4 euro. Un prezzo obiettivo che può essere considerato anche basso visto che Equita (rating buy) vanta target price a 15 euro mentre per Goldman Sachs il prezzo obiettivo su Eni è pari a 17 euro e per JP Morgan a 19 euro. Insomma come si può intuire da questi numeri, il portenziale di upside di Eni, rispetto alle quotazioni attuali, è molto ampio. La guerra fredda tra Usa e Russia potrebbe consentire al titolo di esprimerlo.
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