Le azioni del Credit Suisse hanno perso ulteriore terreno nella giornata di ieri, mentre i credit default swap hanno toccato un livello record: a preoccupare i mercati finanziari sono i dubbi crescenti sul futuro della banca svizzera.
Ma bisogna davvero avere paura di Credit Suisse? O i timori sono eccessivi?
Partendo dai dati certi, è noto che l’istituto di credito ha avviato una importante fase di revisione strategica sotto la guida di un nuovo CEO dopo una serie di scandali e delusioni nella gestione del rischio. Il prossimo 27 ottobre il management fornirà sia un aggiornamento sui progressi compiuti, sia gli utili trimestrali.
Naturalmente, è impossibile per l’azienda non intervenire dinanzi a questa crescente preoccupazione di mercato, con i CFDS (una sorta di contratto di assicurazione contro l’insolvenza di una società) che ieri sono saliti a oltre 300 punti base, ben sopra il resto del settore.
Così, il CEO Ulrich Koerner ha cercato di rassicurare il personale sulla “solida base di capitale e sulla posizione di liquidità” della banca svizzera. In una nota interna inviata al personale, Koerner ha promesso aggiornamenti regolari durante questo “periodo difficile” e ha affermato che Credit Suisse è “a buon punto” con la sua revisione strategica.
I giudizi degli analisti
Ottimismo a parte, è anche vero che buona parte degli analisti sta attribuendo giudizi non certo positivi sulla società. La società statunitense di ricerca sugli investimenti CFRA ha ad esempio abbassato il suo target price a 3,50 franchi svizzeri per azione, dai precedenti 4,50 franchi, riflettendo un rapporto prezzo/valore contabile di 0,2x rispetto alla media delle banche d’investimento europee di 0,44x. CFRA ha inoltre abbassato le previsioni sull’utile per azione a -0,30 franchi da -0,20 franchi per il 2022 e a 0,60 franchi da 0,65 franchi per il 2023.
Ad ogni modo, nonostante la negatività generale del mercato nei confronti del suo titolo, il Credit Suisse è solo l’ottava banca europea più shortata, con il 2,42% delle sue azioni flottate utilizzate per scommettere contro l’istituto.
Ancora, tutte le principali agenzie di rating del credito – Moody’s, S&P e Fitch – hanno adottato un outlook negativo su Credit Suisse e Johann Scholtz, analista azionario di DBRS Morningstar, ha dichiarato che questo ha probabilmente determinato l’ampliamento degli spread dei CDS, osservando che il Credit Suisse è una “banca molto ben capitalizzata” e che la capitalizzazione è “nel peggiore dei casi in linea con i suoi pari“, ma il pericolo principale sarebbe una situazione simile a quella vissuta dalle banche ben capitalizzate durante la crisi finanziaria del 2008, in cui i clienti erano riluttanti a trattare con gli istituti finanziari per paura di un effetto domino e del rischio di controparte.
Cosa accadrà a Credit Suisse
Fatte salve questse premesse, Scholtz invita alla cautela. “Le banche, essendo entità ad alta leva finanziaria, sono molto più esposte al sentiment dei clienti e soprattutto dei fornitori di finanziamenti, e questa è la sfida per il Credit Suisse, che deve trovare il giusto equilibrio tra gli interessi dei fornitori, soprattutto di finanziamenti all’ingrosso, e gli interessi degli investitori azionari“, ha detto Scholtz.
“Penso che molti investitori si chiederanno perché la banca debba aumentare il capitale se la solvibilità non è una preoccupazione. Ma in realtà si tratta di affrontare il sentimento negativo e il problema… in termini di percezione delle controparti”. Scholtz ha dunque respinto l’idea che un “momento Lehman” possa essere all’orizzonte per il Credit Suisse, sottolineando il fatto che i mercati sapevano che c’erano “seri problemi” con il bilancio di Lehman Brothers nel periodo precedente la crisi del 2008, e che erano necessarie “serie svalutazioni“.
Naturalmente, è ben possibile che anche Credit Suisse possa annunciare nuove svalutazioni alla fine del mese, quando presenterà i risultati. Tuttavia, al momento non c’è nulla di pubblicamente disponibile che indichi che tali svalutazioni saranno sufficienti a causare effettivamente problemi di solvibilità per il Credit Suisse – conclude Scholtz, che sottolinea poi come i livelli di capitale proprio sono molto più alti e le prospettive di solvibilità delle banche siano molto diverse da quelle della crisi del 2008.
“La sua attività di gestione patrimoniale è ancora un’attività decente e se si guarda al tipo di multipli a cui vengono scambiati i suoi omologhi, in particolare quelli di gestione patrimoniale indipendente, si può fare un’ipotesi molto forte di un valore profondo in questo nome“, ha aggiunto, respingendo poi l’idea di un consolidamento con la rivale UBS: un’idea lontana che, comunque, difficilmente vedrebbe il via libera dell’autorità di regolamentazione svizzera.
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