Le compagnie aeree europee stanno facendo volare aerei passeggeri vuoti o quasi vuoti. Il motivo? È una mossa propedeutica al mantenimento degli slot aeroportuali durante un periodo di minore domanda di viaggi.

Ora, la condivisione di questo requisito di mantenimento degli stalli aeroportuali non può che essere un problema. In un momento di crescente preoccupazione internazionale sul cambiamento climatico e sulla valorizzazione delle emissioni di carbonio create dall’industria dell’aviazione, l’idea che ogni giorno i cieli europei siano attraversati da aerei sguarniti di passeggeri non è una immagine molto florida.

Peraltro, le stesse compagnie aeree hanno frequentemente espresso frustrazione per le regole di slot “use it or lose it” stabilite dalla Commissione europea, poi sospese a marzo 2020 quando l’industria dell’aviazione civile è stata travolta dalla pandemia Covid-19. Da allora la regola è però stata riportata in auge in modo incrementale, al fine di richiedere alle compagnie aeree di utilizzare almeno il 50% degli slot aeroportuali assegnati. Una percentuale che dovrebbe aumentare all’80% questa estate.

Le critiche di Lufthansa

Lufthansa è tra le compagnie aeree maggiormente interessate a questa cattiva abitudine. Nonostante abbia già tagliato 33.000 voli durante la stagione invernale a causa della riduzione della domanda, il vettore è comunque obbligato a fare almeno 18.000 voli per soddisfare il requisito di utilizzo degli slot. La sua divisione Brussels Airlines deve farne 3.000, quasi vuoti, entro la fine di marzo.

A causa della debolezza della domanda in gennaio, avremmo ridotto ancora più voli“, ha detto il CEO del gruppo Lufthansa, Carsten Spohr. “Ma dobbiamo fare 18.000 voli supplementari e non necessari in inverno solo per assicurarci i diritti di decollo e atterraggio (…) Sebbene in quasi tutte le altre parti del mondo siano state trovate esenzioni rispettose del clima durante il periodo della pandemia, l’Unione Europea non lo permette allo stesso modo. E questo danneggia il clima, essendo esattamente l’opposto di ciò che la Commissione UE vuole ottenere con il suo programma ‘Fit for 55′”.

Un paradosso difficile da spiegare

Eppure, per stessa ammissione della Commissione Europea, il settore dell’aviazione crea circa il 14% delle emissioni di carbonio del trasporto globale, rendendolo così la seconda fonte più grande di emissioni di gas a effetto serra dei trasporti dopo quello su strada. Secondo la commissione, se l’aviazione globale fosse un Paese, sarebbe tra i primi 10 emettitori al mondo.

La Commissione Europea aggiunge poi sul suo sito web che “l’aviazione è una delle fonti di emissioni di gas a effetto serra in più rapida crescita” e che “sta prendendo provvedimenti per ridurre le emissioni del trasporto aereo in Europa“.

Tuttavia, nonostante le critiche per le regole sopra esposte, un portavoce della Commissione ha già ribadito che l’attuale soglia del 50% è una riduzione sufficiente per riflettere la domanda dei consumatori e offrrire “la tanto necessaria connettività aerea continua ai cittadini”.

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