Si torna a parlare di Eurobond a distanza di tanti anni dalla crisi del debito sovrano del 2012. Se allora erano soprattutto i paesi periferici dell’area Euro a chiedere l’emissione di meccanismi di debito unici, oggi non esiste più un confine geografico preciso tra chi chiede gli Eurobond e i paesi che invece sono contrari.
E’ questo un effetto dell’emergenza coronavirus che, progressivamente, sta interessando tutti i paesi dell’area Euro. Come hanno commentato alcuni analisti, era necessaria una pandemia per riportare in vita l’idea Eurobond. L’eccezionalità della situazione in atto è dimostrata dal fatto che quelli che nel 2012 erano chiamati Eurobond adesso sono detti Coronabond a dimostrazione dello stretto legame tra emergenza in atto e necessità di adottare meccanismi unitari di sostegno alla ricostruzione.
Visto il ritorno sulla scena degli Eurobond, vale la pena spendere alcune parole per chiarire quello di cui si sta parlando. Cosa sono e come funzionano gli Eurobond? A questa domanda proveremo a dare una risposta nei parafrafi successivi. Prima però riportiamo le ultime novità sul dibattito sull’introduzione degli Eurobond.
Eurobond news: ci saranno?
Dopo l’iniziativa del premier Conte, che ha praticamente chiesto all’Europa di introdurre i Covid Bond, in Italia il fronte dei favorevoli agli Eurobond si è allargato. Ad esempio il professore della Bocconi Guido Tabellini, ha dichiarato in un commento video che una profonda recessione è oramai inevitabile aggiunendo però che l’amplificazione della crisi si può evitare adottando una politica fiscale adeguata. Per riuscire a centrale questo obiettivo, ha poi aggiunto il professore della Bocconi, “tra le sfide da affrontare c’è quella del finanziamento dello sforzo fiscale con un coordinamento europeo”.
Poichè la BCE ha già fatto la sua parte – ha proseguito nel suo video commento Tabellini – ora sarebbe il caso che i governi europei prendessero in considerazione la possibilità di introdurre Eurobond ossia titoli capaci di ridurre il rischio insolvenza poichè sostenuti da meccanismi comuni di garanzia.
Favorevole agli Eurobond anche Alessandro Tentori, responsabile investimenti di Axa Im Italia, secondo il quale oggi il mercato dei bond sovrani europei è profondamente frammentato e infatti ogni stato procede con l’emissione dei suoi titoli in linea con quelli che sono i piani di finanziamento stabiliti a inizio anno.
In questa situazione, l’emissione di Eurobond potrebbe essere molto utile per riuscire ad incrementare la liquidità del mercato secondario. Secondo Tentori “l’emissione e la gestione di questo debito dovrebbe essere affidata a un ente super-partes, una specie di dipartimento del tesoro europeo“. L’operazione ad esempio potrebbe essere seguita dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) oppure dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes o Esm).
Se dal lato italiano si metterebbe la firma per avere gli Eurobond, dalla Germania sono arrivate nuove critiche al meccanismo dei bond comuni. Ad esempio lo scorso 24 marzo il ministro dell’Economia tedesco, Peter Altmaier, ha ribadito che la solidarietà tra i paesi europei è molto importante ed essa non va solo “dimostrata ma anche implementata, dato che le economie dei vari paesi sono molto intrecciate tra loro”. Peter Altmaier ha poi aggiunto che “fortunatamente le proposte su Eurobond o similari non hanno trovato grande riscontro. Posso solo raccomandare che non si conducano dibattiti fantasma“.
Conclusione: gli Eurobond ci saranno? Ad oggi questa opzione è da escludere.
Eurobond senza Germania e Olanda sono possibili?
Poichè governi come quello tedesco e quello olandese sono ferocemente contrari agli Eurobond, anche in una fase di emergenza come quella dovuta al Covid-19, ecco che è spuntata un’ipotesi alternativa: Eurobond senza Germania e Olanda.
L’ipotesi è stata studiata, tra gli altri, da Erik F. Nielsen, Group Chief Economist di Unicredit. Secondo l’analista i nove membri della zona Euro che sono a favore degli Eurobond (tra cui Italia, Spagna e Francia) potrebbero fare pressione minacciando di emettere debito comune tra loro e dando ai paesi contrari un ultimatum entro il quale aderire al progetto o essere esclusi “da questa unione solidale“. Secondo Nielsen, un’emissione di Eurobond solo da parte dei paesi favorevoli “volerebbe finanziariamente e avrebbe un prezzo interessante, anche con il sostegno della Bce in campo”.
Strategicamente una mossa di questo tipo metterebbe la Germania in un angolo e sarebbe una svolta per il futuro assetto dell’Unione Europea poichè il tradizionale asse Parigi Berlino verrebbe meno.
Tirando quindi le somme: gli Eurobond senza Germania e Olanda sono possibili dal punto di vista finanziario e darebbero una svolta all’Eurozona.
Dai Coronabond agli Eurobond
Se Eurobond è una parola da tempo presente nel lessico della finanza, coronabond o corona bond, è un termine frutto esclusivo dell’emergenza in atto. Entrambe le parole definisco comunque lo stesso concetto: bond comuni e quindi debito comune (nei confronti dei sottoscrittori).
A rilanciare per primo l’idea degli Eurobond è stato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, in piena emergenza coronavirus, ha proposto l’emissione di bond comuni per rastrellare risorse per la gestione della crisi sanitaria in atto in tutta Europa.
In pratica attraverso i corona bond sarebbe possibile finanziare tutte le spese straordinarie connesse all’emergenza sanitaria in atto. Le somme raccolte grazie all’emissione di questi titoli verrebbero usate per comprare dispositivi medici e mascherine ma anche per sostenere un’economia che si sta dissanguando. Poichè il coronavirus non è un problema italiano ma di tutta Europa, Conte ha auspicato l’individuazione di comuni risposte economiche e da qui, appunto, l’idea dei coronabond.
Eurobond cosa sono
Fino ad oggi di Eurobond si è sempre e solo parlato ma di concreto non è mai stato fatto nulla. Per semplificare al massimo sono sempre stati i paesi più rigorosi in materia fiscale a mettere i bastoni tra le ruote agli eurobond. Il motivo dell’opposizione di paesi come la Germania o l’Olanda all’idea dei bond unici è facilmente intuibile: le nazioni più rigorose non vogliono affincare il loro destino a quello dei paesi più indebitati come ad esempio l’Italia.
Fino ad oggi è prevalso questo ragionamento ma ora, a causa dell’emergenza coronavirus, tutto potrebbe cambiare.
Per statuto, la Banca Centrale Europea non può procedere con l’acquisto di titoli di stato di nuova emissione ma può solo operare, grazie allo scudo salva-Spread, sul mercato secondario. E’ questo quanto avvenuto nei giorni scorsi quando la BCE è intervenuta comprando BTP in modo massiccio e lo spread è crollato.
Altra arma in dotazione alla BCE è il Quantitative Easing che di fatto è sempre più imponente. Il QE viene utilizzato dalla BCE per cercare di calmierare i tassi d’interesse di interesse dell’Eurozona con l’obiettivo di tenere sotto controllo lo spread.
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Scudo anti spread, quantitative easing, variazioni dei tassi (ma questa arma è sempre più scarica per la verità), sono gli strumenti che la BCE ha a disposizione per contenere la tensione.
La BCE non può emettere Eurobond e quindi non potrà emettere Corona bond.
Il problema è anche politico. Emettere bond comuni, infatti, implica una coesione delle politiche fiscali che ad oggi in Europa non c’è. Non è un mistero che l’UE politica non esiste e che la speculazione trova il suo terreno fertile in questa situazione. L’Italia è uno degli anelli deboli dell’Eurozona e infatti, anche in passato, la speculazione si è spesso accanita contro il nostro paese.
E’ all’interno di questo contesto che gli Eurobond, per anni nel dimenticatoio, tornano improvvisamente di attualità.
Ad emettere i corona bond per affontare l’emergenza sanitaria potrebbe essere la Banca Europea per gli Investimenti. La BEI dovrebbe patrocinare tutte le spese necessarie per affontare l’emergenza. Tali spese non dovrebbero essere incluse nel deficit. I Corona Bond emessi dalla BEI potrebbero finalmente aprire la porta agli Eurobond e tutto questo potrebbe essere il primo mattone in vista dell’unione fiscale e quindi dell’unione politica dell’Europa.
Eurobond vantaggi
Tirando le somme, ecco in sintesi quali sono i principali vantaggi degli Eurobond e perchè è quindi giusto che questo strumento di debito condiviso venga varato.
- Gli Eurobond si configurano come strumento liquido di dimensioni globali e presenterebbero un livello di sicurezza che è assimilabile ai titoli di stato americani
- Grazie gli Eurobond sarebbero limitati di molto gli sbalzi di spread tra i vari bond statali dell’UE e la fuga dai bond dei paesi più deboli e a quelli dei paesi più forti
- Con gli Eurobond volatilità e rischio sarebbero più contenuti
- Gli Eurobond si sostituirebbero al tedesco Bund
- Le banche UE investirebbero in Eurobond evitando in questo modo di concentrare i rischi nei bond sovrani dei singoli paesi
Eurobond perchè non vengono emessi?
La domanda è quasi di obbligo: ma se gli Eurobond presentano così tanti vantaggi perchè non vengono emessi? Secondo una visione abbastanza semplicistica, gli Eurobond non vengono emessi perchè paesi come la Germania e l’Olanda avrebbero troppo da perderci. I moviti per cui gli Eurobond non sono emessi sono però più complessi e a sintetizzarli ci ha pensato Axa Investment Mananagers.
Secondo gli analisti gli Eurobond non sono emessi per questi tre motivi:
- Manca una unione europea a livello fiscale. Ad oggi sia la raccolta delle tasse che le destinazioni delle risorse sono decise a livello di singolo stato membro.
- Alcuni paesi dell’Eurozona potrebbero avere bisogno di un volume di investimenti immenso che vorrebbe accolkto bene da quei paesi che invece sono più forti
- C’è scarsa chiarezza sulla risk-sharing vale a dire sulla distribuzione dei costi nel caso in cui ci dovesse essere una ristrutturazione del debito o addirittura un default. Anche su questo punto vale quanto detto in precedenza: perchè un paese dovrebbe tassare i suoi cittadini per salvare un altro paese.
Insomma, come si può vedere da questo elenco, i vantaggi degli Eurobond sono innegabili ma è pure innegabile che ci siano motivi oggettivi per cui alcuni paesi Ue sono contrari al debito comune.
Eurobond storia
Nonostante ad oggi gli Eurobond non esistano…essi hanno comunque una lunga storia alle spalle (ovviamente di sole parole).
Correva l’anno 2011, passato poi alla storia come il momento più caldo della crisi del debito, quando si iniziò a parlare con insistenza di Eurobond. In quella circostanza fu il presidente della Commissione UE, il portoghese Barroso, a formulare la prima proposta sull’introduzione degli Eurobond. In realtà di debito comune si era già parlato di precedenza con non pochi analisti che avevano messo in evidenza che, prima o poi, l’Europa sarebbe stata chiamata a pagare i danni del suo mancato compimento sotto l’aspetto fiscale.
In effetti da sempre l’UE si è caratterizzata come una sorta di grande incompiuta ossia una (non completa) unione con moneta unica, banca centrale unica, politica monetaria unica ma molteplici politiche fiscali, molteplici ministeri del Tesoro e molteplici bilanci nazionali (uno per ogni paese).
Già nel 2011 gli eventi dimostrarono l’oggettiva difficoltà di riuscire a mettere in comune i debiti. Fondamentalmente non è colpa di nessuno se non ci sono gli Eurobond. Poichè se è vero che da un lato gli Eurobond significano risparmio sui costi necessari a sostenere il fabbisogno dei paesi più deboli, è altrettanto vero che con il debito comune si si richiede un innegabile sacrificio a quelle nazioni che sono considetare, agli occhi di tutti, creditori compresi, più solide.
Dal 2011 ad oggi, quindi, la storia degli Eurobond è stata una lunga sequela di dichiazioni, promesse, smentite e così via.
E’ dai tempi della proposta di Barroso che si parla di uno strumento comune di finanziamento e si cerca ostinatamente un compromesso che ad oggi si è sempre rivelato impossibile.
Dieci anni di tentativi andati a vuoto e di muro contro muro, dieci anni di scontri tra formiche e cicale al termine dei quali l’unica novità è stato il passaggio nominale dagli Eurobond ai Coronabond voluto per identificare titoli di debito che dovrebbero essere emessi per combattare l’emergenza Covid-19 e favorire la ricostruzione post-pandemia.
Alternativa agli Eurobond: gli European Reconstruction Proportional Bond
A parlare di European Reconstruction Proportional Bond sono stati Antonio Mansueto a Paolo Sassetti in un articolo su come uscire dalla pandemia di coronavirus attraverso strumenti alternativi ai Covid Bond.
Gli ERPB sono bond che i vari paesi europei potrebbero emettere, oguno pro quota nell’ambito di un plafond complessivo UE che sarebbe diviso tra i vari paesi sulla base del rapporto tra PIL del Paese e PIL UE.
Gli European Reconstruction Proportional Bond avrebbero una lunga durata e quindi verrebbero emessi dai singoli paesi alle medesime condizioni di tasso fisso agevolato. I bond sarebbero finalizzati a sostenere le diverse fasi della pandemia. Tecnicamente gli ERPB non sarebbero collocati sul mercato, ma verrebbero sottoscritti al 100% dalla BCE. Inoltre non sarebbero quotati nè tantomeno andrebbero a pesare sul debito pubblico ai fini del patto di stabilità.
La ripartizione avverrebbe in questo modo: ad ogni paese dell’UE sarebbe destinata una parte dello stanziamento che sarebbe proporzionale alla sua quota del PIL dell’area UE.
Ogni paese membro avrebbe un plafond che può essere usato per tutte le fasi dell’emergenza (dal contenimento sanitario al rilancio economico) sempre in proporzione a quello che è il paese del PIL del paese nell’UE.
I vantaggi di questa modalità di ripartizione degli European Reconstruction Proportional Bond sono immediati: agendo nel modo indicato non verrebbe usato il principio della mutualizzazione del debito tra paesi dell’area Euro ne si verificherebbe un trasferimento di risorse economiche tra un Paese e l’altro. In pratica ogni singolo paese può emettere dei Bond circostanziati e finalizzati alle varie fasi dell’emergenza che non finirebbero sui mercati ma sarebbero sottoscritti interamente dalla BCE.
Grazie a queste caratteristiche, gli ERPB potrebbero superare il no che alcuni paesi hanno più volte ribadito all’ipotesi Eurobond.
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