L’evoluzione dell’economia europea non seguirà quella giapponese degli anni ’90. Ad affermarlo è una recente nota curata da Paul Donovan, chief economist di UBS Global Wealth Management, secondo cui – nonostante per certi versi il paragone possa reggere – l’Europa non subirà le stesse sorti del Paese asiatico.

I punti in comune, tuttavia, sembrano ben essere presenti. Come la popolazione giapponese, anche la popolazione europea sta invecchiando. Come i tassi di interesse giapponesi, anche i tassi di interesse europei sono molto bassi. Come le società giapponesi hanno fatto ampio ricorso ai finanziamenti bancari, anche quelle europee sono particolarmente propense a seguire questo canale. Tuttavia, afferma la nota UBS, l’Europa non è il Giappone, e non lo è per alcuni aspetti particolarmente importanti che Donovan ha correttamente riepilogato.

Innanzitutto, a scatenare la crisi giapponese sono state in buona parte le aziende più piccole e fragili. Il cambiamento delle strutture economiche ha fatto perdere loro clienti, perché le piccole imprese non avevano capacità necessarie per poterne trovare di nuovi. Le banche hanno cercato di aiutare le imprese a mantenersi a galla, ma invano. Molti lavoratori si sono così trovati ad essere dipendenti di società senza futuro, i prestiti hanno smesso di crescere e poi sono crollati, come l’occupazione.

In Europa, però, le piccole imprese sono in buona salute, e il tasso di occupazione in questo comparto è aumentato, così come i prestiti bancari. Per Donovan, dunque, le condizioni di mercato del lavoro europeo non potrebbero essere così robuste se le piccole imprese si trovassero in difficoltà. Ed è proprio per questo che, conclude la nota dell’esperto UBS, l’Europa è per certi versi l’opposto del Giappone.

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