Gli anniversari possono essere non troppo felici per la Germania, sottolineava qualche ora fa Alan Crawford sulle pagine di Bloomberg – Business Week. E il fatto che quest’anno sia il centenario del trattato di Versailles, che ha imposto al Paese risarcimenti “punitivi” in seguito alla fine della prima guerra mondiale, che siano 75 anni dall’invasione del D-Day, che portò poi al rovesciamento dei nazisti, e che siano trascorsi 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, non sfugge ai più attenti.

Per Crawford, però, il segnale storico potrebbe essere un altro. Quest’anno infatti la Germania potrebbe prepararsi a fare i conti con le proprie carenze, tali da determinare la fine di un’epoca: quella della prosperità economica di un Paese che rimane ricco e politicamente stabile, ma che potrebbe presto cambiare tenore.

I segnali, per l’analista di Bloomberg, ci sono tutti, e sono principalmente rappresentati dal crepuscolo della lunga cancelleria di Angela Merkel, che ha guidato il Paese attraverso crisi globali come il crollo del 2008, le difficoltà della Grecia, il tema dei rifugiati, le varie minacce all’euro, e non solo. La Merkel è stata la paladina dell’austerità, ma nella sua gestione il motore economico tedesco ha mantenuto stabile tutto il Continente, “compensando” difficoltà nelle aree periferiche.

Al di là della politica, le cui evoluzioni sono inarrestabili, c’è almeno un altro elemento che fa pensare a Crawford che la Germania sia prossima a un punto di svolta: la rivoluzione tecnologica probabilmente significherà la fine del modello di business tradizionale su cui si è poggiata la grande crescita tedesca. Un ritardo strategico sul fronte delle innovazioni auto (elettrico & co.) e diversi flop (si pensi allo scandalo delle emissioni) fa dubitare di quanto a lungo la Germania possa mantenere la sua posizione dominante sul mercato globale delle quattro ruote di fronte alla concorrenza cinese, e non solo. Senza dimenticare, poi, il settore delle banche.

Traendo le conclusioni, Bloomberg ricorda dunque come tutto ciò non sia certo di buon auspicio per l’economia del Paese, sempre più rivolta verso l’esterno. Terzo esportatore mondiale, la Germania è infatti più esposta dei suoi concorrenti ai venti contrari di una guerra commerciale globale.

Certo, il bicchiere non è solo mezzo vuoto. La Germania continua pur sempre a crescere, la Borsa ha aumentato la propria capitalizzazione di circa il 13 per cento quest’anno, gli investitori si scrollano di dosso i segni di debolezza economica, le PMI locali sono mediamente specializzate in aree premium, la Germania è il terzo Paese più automatizzato del mondo. Ma basterà per far garantire alla nazione la consueta leadership?

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