Negli ultimi giorni Azad Zangana, Senior European Economist and Strategist per Schroders, ha formulato alcuni interessanti commenti sullo scenario evolutivo per gli investitori: il periodo è d’altronde particolarmente denso di preoccupazioni, e il futuro a breve, medio e lungo termine è quanto mai costellato da potenziali “mine”.

A livello macro, l’analista sottolinea innanzitutto come l’eurozona non sia riuscita a mettere a segno un rimbalzo della crescita economica nel secondo trimestre, trovandosi ora in una posizione complicata, che risulta essere ulteriormente aggravata dalla guerra commerciale in atto tra gli Stati Uniti e la Cina, che se da una parte potrebbe ricondursi a più miti consigli, dall’altra parte potrebbe essere destinata ad aggravarsi più del previsto. Non sfugge il fatto che l’economia europea sia orientata verso il commercio estero più di altre economie avanzate, il che significa che potrebbe trovarsi sotto pressione nel caso in cui il commercio globale dovesse indebolirsi ulteriormente.

“Sebbene il Pil di alcuni degli Stati membri più grandi sia salito, la crescita debole in Italia e Francia ha pesato sul dato complessivo e anche Austria e Spagna hanno registrato dei rallentamenti. In Germania la lettura è migliorata rispetto ai primi tre mesi dell’anno, ma i nuovi ordini industriali sono diminuiti, segnalando prospettive poco rosee per il contributo delle esportazioni nette alla crescita del Pil” – aggiunge Zangana.

Valutato quanto sopra, Schroders afferma di aver tagliato le stime di crescita del Pil dell’Eurozona per il 2018 al 2% dal 2,4% precedente: si tratta di un secondo downgrade consecutivo, che sembra essere figlio prevalente delle attese sul peggioramento delle guerre commerciali e del conseguente impatto sulla performance esterna dell’Eurozona. Anche per il 2019 non si attendono sorprese migliori: sebbene la domanda domestica dovrebbe tenere bene, le continue tensioni commerciali freneranno quella esterna, portando quindi a una revisione al ribasso delle previsioni dal 2,1% all’1,7%.

Per quanto concerne la policy monetaria della BCE, l’istituto di Mario Draghi è tornato in modalità attendista dall’ultimo aggiornamento della forward guidance di giugno, monitorando soprattutto il rischio che il peggioramento dello scenario esterno avrà sull’economia dell’Eurozona, e la situazione politica in Italia.

“Il Governo italiano formulerà una proposta di legge di bilancio nei prossimi mesi, che sembrerebbe orientata verso un ridotto pacchetto di stimoli fiscali. Tuttavia, esiste il rischio che il Governo populista intraprenda una battaglia contro la Commissione Europea. Questa seconda eventualità potrebbe innescare quello che abbiamo ipotizzato come lo “Scenario di una crisi del debito italiano”. Questo esercizio teorico prevede un drastico aumento dei rendimenti dei Titoli di Stato dell’Italia, con il conseguente allargamento dello spread e il deprezzamento dell’euro. Anche la crescita dell’Eurozona verrebbe danneggiata seriamente in questo scenario. Una situazione simile potrebbe essere risolta solo con il ripristino da parte della BCE del QE e l’insediamento di un Primo Ministro tecnico” – commenta in merito l’analista.

Chiarito quanto precede, Schroders ritiene che la BCE proseguirà lungo il percorso annunciato e termini il quantitative easing alla fine di quest’anno, mantenendo i tassi invariati fino all’estate 2019.

Infine, per quanto concerne le prospettive di crescita economica dell’Eurozona pesano anche i negoziati sulla Brexit, che stanno arrivando al culmine e stanno mettendo in luce tutti i rischi legati al possibile outcome, con o senza effettiva intesa.

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