Quali sono le previsioni sull’andamento dei mercati nei prossimi mesi? Una domanda di questo tipo è quasi obbligatoria e scontata dopo il rientro dalla pausa estiva. Già a partire dall’Ottava in corso, ma con una scontata recrudescenza non appena inizierà settembre, i traders hanno aperto la caccia ai migliori consigli di investimento. Per capire cosa fare sui mercati e e quali asset è meglio preferire, è necessario partire dall’analisi di quella che è la situazione in atto ovvero di quello che è il sentiment prevalente. 

Non tutti se ne saranno accorti ma durante l’estate è successo un fatto singolare e per certi versi destinato ad entrate nella storia (della finanza). Nel corso dei mesi estivi, infatti, si è allargata la divergenza di performance e posizionamento tra Stati Uniti (da una parte) ed Europa e Mercati Emergenti (dall’altra). Usa ed Europa non sono ma stati così lontani in ambito performance e, fatto curioso, la tendenza al distacco è speculare alle opposte politiche che sono seguite dalle rispettive premiership. Usa ed Europa, infatti, hanno oggi numerosi motivi di frizione tutti innescati dalla decisione di Trump di cambiare pagina e registro.

Secondo Renato Lucibello di Sales Executive di J.P. Morgan Asset Management, le ragioni alla base del distacco tra i due fronti sono sia di carattere fondamentale (economia statunitense più solida, buyback azionari a livelli record, riforma fiscale da una parte, rallentamento della Cina, problemi di carattere politico in Turchia, Argentina e Italia dall’altra) che tecnico (visto che il momentum dei prezzi risulta positivo negli Stati Uniti e negativo in Europa e Mercati Emergenti su tutte le scadenze temporali, i fondi sistematici e trend following hanno adottato un posizionemento lungo sull’area statunitense e corto sugli altri due aggregati).

L’analista inoltre ha posto l’accento sul fatto che ETF e fondi comuni rappresentativi delle scelte discrezionali dei gestori hanno venduto circa 70 mld $ di azioni non statunitensi da aprile ad oggi (~50 mld $ in Europa e 20 mld $ nei Mercati Emergenti).

In considerazione del carattere straordinario della situazione, non è da escludere che nei prossimi mesi si possa assistere ad un trend di riavvicinamento, con una riduzione del gap di performance e posizionamento venuto a crearsi tra Stati Uniti da un lato e Europa/mercati emergenti dall’altro. 

A tal riguardo due sono gli scenari distinti ipotizzati: 

Scenario 1 – Risk-on e USD debole: Le tensioni di carattere commerciale tra Stati Uniti e Cina si affievoliscono e si risolvono tramite un negoziato. Questo tende a indebolire il dollaro e ridare slancio a Europa e Mercati Emergenti in primis (finora i mercati più penalizzati), ma generando comunque un rally generalizzato a livello globale.

Scenario 2 – Risk-off e USD forte: Le tensioni di carattere commerciale si intensificano, vengono introdotti nuovi dazi, le borse stornano e il dollaro si apprezza. In questo caso il mercato più penalizzato potrebbe risultare quello statunitense secondo il seguente ragionamento: è vero che le nuove tariffe su beni di importazione cinesi riguarderebbero il 20% dello scambio commerciale americano (generando ipoteticamente introiti notevoli per il Tesoro USA), ma un dollaro più forte andrebbe a penalizzare a livello globale e generalizzato l’economia americana, poichè i beni statunitensi diventerebbero meno convenienti nei confronti di tutto il resto del mondo e Cina ed Europa diventerebbero invece più competitive (l’impatto negativo potrebbe essere pertanto fino a 5 volte maggiore dei benefici provenienti dall’introduzione di dazi).

Alla luce di questi scenari, l’analista ha messo in evidenza quelle che potrebbero essere le strategie da adottare:

Con i comparti azionari JPMorgan Funds – Europe Dynamic Technologies Fund e JPMorgan Funds – Pacific Equity Fund, ci si espone a uno scenario di allentamento delle tensioni geopolitiche (risk-on). Con il JPMorgan Investment Funds – Global Macro Opportunities Fund, che negli ultimi mesi ha assunto un posizionamento difensivo (forniamo un breve approfondimento a seguire), è possibile ricercare una potenziale fonte di rendimenti positivi anche in scenari di mercato volatili (risk-off).

Highlights

  • Gradualmente, con i mesi estivi, il team di gestione ha ridotto i livelli di rischio del portafoglio, portando l’esposizione azionaria all’attuale 5% (a inizio anno il delta azionario era superiore al 60%). Tale cambiamento riflette una visione del team di maggior incertezza sul percorso di crescita globale rispetto alla prima parte dell’anno.
  • L’esposizione azionaria è su livelli relativamente piatti con posizioni lunghe sugli Stati Uniti e corte prevalentemente in Europa e Regno Unito. A livello settoriale vengono mantenute le convizioni espresse anche nella prima parte dell’anno sui settori più ciclici con un’enfasi su tecnologici ed energetici. Nel settore tecnologia i principali nomi sono rappresentati da società che operano nel settore dei semiconduttori, per continuare a sfruttare un trend strutturale, e da titoli value per approfittare di un potenziale recupero delle società appartenenti a questo segmento. Per quanto riguarda l’esposizione al settore energetico, la ratio è quella di un settore che storicamente ha ben performato nelle fasi avanzate del ciclo e può inoltre offrire una copertura in caso di scenario di ripresa dei mercati al di fuori degli Stati Uniti.
  • All’interno della componente obbligazionaria, dopo circa 2 anni in cui era stata azzerata la duration del portafoglio, da fine aprile il team di gestione ha iniziato ad accumulare posizioni sul Treasury US a 10 anni. Ci si aspetta che questa posizione possa essere incrementata in fasi in cui i rendimenti supereranno il 3%. Tale allocazione è mantenuta per fini di diversificazione, come fonte di rendimento e come protezione nei confronti di scenari di intensificazione della volatilità. A tale scopo è stata inoltre ampliata in portafoglio la componente di copertura tramite futures sul VIX.
  • Sul fronte valutario, il team si aspetta nel breve un proseguimento della politica di rialzi della Fed e una conseguente forza del dollaro rispetto alle altre valute. La divergenza di politiche monetarie può pesare in particolare in alcune aree dei mercati emergenti: won coreano, rand sudafricano e peso messicano sono le principali posizioni corte in portafoglio.

Le tensioni commerciali possono minacciare ulteriormente la stabilità del contesto soprattutto nel corso delle prossime settimane. Il team di gestione di JP Morgan mantiene in sintesi un posizionamento difensivo senza escludere la possibilità di diventare più ottimista qualora i rischi si attenuassero.

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