Il PIL del Regno Unito cresce, ma non tutti gli analisti sembrano essere concordi che possa trattarsi di un segnale in grado di far dimenticare alcune determinanti di preoccupazione. Così la pensa, almeno, Azad Zangana, Senior European Economist and Strategist, per Schroders, che negli ultimi giorni ha elaborato una serie di interessanti commenti in proposito.
In particolare, Zangana ricorda come “le ultime stime sul Pil britannico indicano che l’economia si è ripresa dal calo registrato all’inizio del 2018. Il dato è migliorato, passando dallo 0,2% t/t del primo trimestre allo 0,4% t/t nel secondo trimestre, confermando le aspettative del consensus. I miglioramenti sono avvenuti sia a livello di spesa delle famiglie che a livello di investimenti (compresi gli investimenti delle aziende), mentre la spesa pubblica è rimasta inalterata. Tuttavia, c’è stato un importante freno dello 0,8% da parte degli scambi commerciali netti, visto che il volume delle esportazioni è diminuito del 3,6%, rispetto a una contrazione molto più ridotta delle importazioni dello 0,8%” – elabora l’analista di Schroders.
Ma quali sono i dati che meriterebbero maggiore attenzione analitica? Iniziamo a rammentare come l’economia britannica abbia assistito a un aumento delle scorte, che hanno contribuito per lo 0,5% alla crescita del Pil, intendendo per scorte tutto ciò che è differenziale tra quel che viene prodotto dall’economia e ciò che viene consumato.
Da quanto sopra ne deriva che un incremento delle scorte mostra che la domanda è stata più debole dell’offerta nel trimestre. Focalizzandosi solamente sulle vendite finali (Pil al netto delle scorte), “allora la domanda si è contratta dello 0,1%. A peggiorare ulteriormente il quadro, questo è il secondo trimestre consecutivo in cui le vendite finali sono diminuite, il che significa che sono cadute in una recessione tecnica per la prima volta da metà 2008. Per il momento, la crescita graduale delle scorte resta sostanzialmente contenuta rispetto alle dimensioni dell’economia. Tuttavia, se la domanda non riuscirà a riprendersi e la crescita graduale delle scorte persisterà nei prossimi trimestri, allora le società saranno obbligate a tagliare i prezzi per smaltire tali scorte e ridimensionare la produzione. Ciò potrebbe portare a un aumento della disoccupazione e potenzialmente anche a una recessione” – aggiunge Zangana.
Altro elemento che merita un cenno di ulteriore commento è legato alle spese contenute per famiglie e imprese, con debolezza della domanda delle seconde che è ben visibile da tempo, e che risulta essere soprattutto legata all’incertezza provocata dalla Brexit. Si è indebolita ora anche la spesa delle famiglie, con un avvenimento tutto sommato comprensibile data la crescita dei salari molto contenuta in termini reali, e il tasso di risparmio quasi al minimo storico.
“Tuttavia, la causa principale del calo delle vendite finali nel secondo trimestre è da ricercare nelle esportazioni, e questo nonostante la sterlina sia ai livelli minimi rispetto al dollaro e all’euro negli ultimi 12 mesi” – afferma ancora Zangana.
A proposito di Brexit, il quadro del complicato accordo / no deal tra UK e UE si inserisce in un contesto globale molto difficile, in cui lo spostamento verso una retorica di protezionismo ha già chiaramente danneggiato la domanda di esportazioni non solo nel Regno Unito, ma in tutto il mondo. “L’alto
livello di integrazione delle supply chain implica che l’impatto degli scontri commerciali tra Stati Uniti e Cina, ad esempio, potrebbe avere ramificazioni molto estese anche in altri Paesi. Il Regno Unito non è un’eccezione rispetto a molti dei suoi vicini europei nel registrare un rallentamento nella crescita delle esportazioni. Tuttavia, vale la pena ricordare che è possibile che il recente aumento del rischio di una Brexit senza accordo stia scoraggiando commercio e investimenti” – aggiunge l’analista.
Insomma, complessivamente la lettura del PIL delineerà un quadro di ragionevole ripresa dell’economia. Ma attenzione, perché come ci rammenta Zangana sotto la superficie positiva, i dati raccontano una storia diversa, con una domanda interna debole e una scarsa performance esterna. Condizioni non sostenibili, che pongono l’economia d’oltre Manica a serio rischio di recessione.
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