Anche se il tema non è più all’ordine del giorno come un tempo non troppo remoto, gli investitori farebbero bene a non sottovalutare gli effetti negativi che la Brexit non ha ancora finito (potenzialmente) di elargire e, anzi, farebbero altresì bene a prepararsi a uno scenario in cui le conseguenze del divorzio tra Londra e Bruxelles siano drammatiche.

Se infatti fino ad oggi è apparsa chiara l’intenzione della premier May di “prendere tempo”, rinviando il più possibile le scelte sulle questioni più divisive, oggi la possibilità di posticipare i temi caldi appare essere praticamente terminata. Dinanzi alla necessità di arrivare al consiglio europeo di giugno o al massimo di ottobre con un testo pienamente condiviso di accordo di recesso, infatti, la strategia attendista della May non sarà più valida e, ulteriormente, rischierà di essere addirittura pericolosa.

Non è sfuggito agli occhi dei più attenti il fatto che mercoledì scorso il comitato ministeriale su Brexit ha respinto il piano di custom partnership che il governo aveva originariamente proposto, e che è stato valutato come non praticabile. Per il momento May non è sembrata essere intenzionata a variare profondamente il modello e, dunque, probabilmente andrà a riproporlo con qualche modifica secondaria.

Nel caso in cui l’opposizione fosse ancora confermata, la premier potrebbe essere obbligata ad adottare un altro piano di “massima facilitazione”, ancora più controverso, perché poggia sull’implementazione di pratiche e sistemi tecnologici ancora da sviluppare e non è affatto deciso che un periodo transitorio di due anni sia sufficiente per la sua implementazione. Peraltro, la stessa UE si è già detta contraria.

Oltre a ciò, il governo UK deve fronteggiare non solo l’ostilità di Bruxelles, quanto anche (e soprattutto) quella interna. La Camera dei Lords ha già approvato una decina di mozioni contro il Governo, almeno una delle quali potrebbe dare il via a un estenuante rimando con la Camera dei Comuni. Inoltre, secondo quanto rivelato da The Spectator, una mozione a favore della permanenza nell’unione doganale UE proposta da alcuni deputati conservatori potrebbe avere voti sufficienti alla Camera dei Comuni: se la mozione dovesse passare, si creerebbe un contesto favorevole al superamento di quello che è attualmente il maggior ostacolo alla chiusura di un accordo sul trattato di recesso, ovvero la gestione del confine irlandese. Tuttavia, in cambio si potrebbe dare il via a una crisi di governo, perché il fronte pro-Brexit non potrebbe accettare un esito che snaturi l’operazione di sganciamento dall’UE.

Si prospetta insomma un periodo particolarmente difficile per la sterlina britannica, che già deve subire l’effetto sfavorevole del probabile rinvio del rialzo dei tassi di interesse di riferimento, che inizialmente era stato previsto per la riunione del prossimo 10 maggio della Bank of England. Questo effetto negativo rischia di passare in rapido secondo piano in relazione a ciò che accadrà a chi commercia con il Regno Unito, considerato che gli scenari che si stanno aprendo sul futuro della Brexit sono particolarmente vari, e non tutti sembrano essere propensi a una migrazione soft dei rapporti…

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