Dopo 15 anni di attività in Russia, Starbucks ha annunciato che uscirà dal mercato, unendosi così a una fila crescente di aziende che hanno assunto già la stessa decisione e che annovera – tra le altre – McDonald’s, Exxon Mobil e British American Tobacco.

Il gigante del caffè ha dunque precisato che non sarà più presente in Russia: ricordiamo che Starbucks ha 130 sedi nel Paese, rappresentanti poco meno dell’1% del fatturato annuale dell’azienda. Sono peraltro tutti locali in licenza, senza che l’azienda di Seattle possa gestirli direttamente.

Starbucks ha dichiarato che pagherà i suoi quasi 2.000 lavoratori russi per sei mesi e li aiuterà a trovare nuove opportunità al di fuori della catena di caffè. Nei suoi ultimi risultati trimestrali, pubblicati all’inizio di maggio, l’azienda non ha rivelato l’impatto finanziario della sospensione delle attività commerciali, con l’ex amministratore delegato Kevin Johnson che si era sostanzialmente impegnato a donare le royalties dell’attività russa a cause umanitarie.

In ogni caso, c’è da scommettere che la decisione di Starbucks sia un colpo finanziario minore rispetto a quello inferto a McDonald’s, presente in Russia da oltre 30 anni. Il gigante dei fast-food aveva infatti dichiarato che la sospensione delle sue importanti attività in Russia e Ucraina gli è costata 127 milioni di dollari nel solo primo trimestre e che i due mercati hanno rappresentato il 9% delle sue entrate nel 2021. L’azienda aveva circa 850 ristoranti in Russia, la maggior parte dei quali gestiti dall’azienda stessa anziché da licenziatari.

La scorsa settimana McDonald’s ha annunciato la vendita di questi locali per una somma non rivelata a un franchisee siberiano, che li gestirà con un nuovo marchio.

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